Il solito copione
Napoli poligono a cielo aperto: il clan che mira solo alle gambe, la donna sopravvissuta e le telecamere che non arrivano mai
82 proiettili esplosi in pochi minuti intorno alle 19 di mercoledì 17 gennaio in corso Arnaldo Lucci, angolo via Toscano. 82 proiettili per dimostrare che adesso comandano loro, soprattutto dopo l’agguato, avvenuto pochi istanti prima, al 18enne Giuseppe Nicola Moffa, la cui famiglia è coinvolta secondo gli inquirenti nello spaccio di droga. 82 proiettili partiti da almeno due pistole in una zona, tra piazza Mercato e le Case Nuove, dove, strano a dirlo, non ci sono telecamere pubbliche, nonostante i ripetuti annunci degli ultimi anni e dei ministri dell’Interno di turno. E dove non ci sono nemmeno telecamere private perché la camorra ‘consiglia’ ai commercianti di non affidarsi alla videosorveglianza. 82 proiettili esplosi in pochi minuti nella terza città d’Italia, Napoli, dove si può morire per nulla (da Annalisa Durante a Francesco Pio Maiomone e Giovanbattista Cutolo sono passati 20 anni… di chiacchiere). Uno di questi 82 proiettili ha raggiunto una innocente, una donna che si trovava (non per sua sfortuna e non al posto sbagliato nel momento sbagliato) in strada quando i pistoleri riconducibili, sempre secondo gli investigatori, alla famiglia Marigliano, hanno deciso di fare l’azione eclatante, la stesa infinita sotto casa Moffa.
Donna sopravvissuta al clan che spara solo alle gambe
Una donna di 68 anni. Si chiama Adele Verde ed è una sopravvissuta. Trasportata d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale del Mare è stata sottoposta a un delicato intervento all’addome durante il quale le è stato rimosso una parte dell’intestino. Ma non è finita qui: la signora ha riportato danni anche alla vescica ‘grazie’ all’azione del commando di fuoco che poco prima aveva ferito alla gambe, a scopo intimidatorio, il 18enne che può giù vantare cicatrici analoghe dopo la prima ‘gambizzazione’ ricevuta nell’aprile del 2021 nel Rione Sanità. Una stesa che, è bene ricordarlo, arrivava dopo una delle specialità del gruppo Marigliano che tende quasi esclusivamente a punire i rivali sparando agli arti inferiori. Un’azione dal duplice obiettivo: il primo è quello di rendere non operativa la vittima, il secondo è quello di evitare di uccidere per non andare incontro a condanne come l’ergastolo (considerato che, dopo gli arresti, qualche pentito, “infame”, esce sempre fuori). Qualche volta però può capitare che qualcosa va storto e la vittima da punire muore dissanguata perché colpita alla femorale. A Napoli negli ultimi anni ci sono stati diversi episodi analoghi, uno si è verificato proprio nella zona delle Case Nuove giusto un anno fa.
Criminalità a Napoli, il solito copione: più telecamere, più poliziotti ma…
Un’azione eclatante, l’ennesima verrebbe da dire in una città che da decenni accoglie le passerelle della politica (ora in prima linea, almeno a parole, nel Parco Verde di Caivano dove, nonostante repressione e qualche sporadico tentativo di prevenzione e riqualificazione, si continua a spacciare e a sparare). A Napoli il copione resta sempre lo stesso tra appelli dei comitati e ritornelli da Roma sull’invio di più poliziotti e militari dell’Esercito, che non arrivano mai tutti insieme ma a scaglioni, senza però considerare che spesso vanno a sostituire chi va in pensione o per un periodo non è operativo. E’ sempre un evergreen anche l’allarme sull’eccessiva presenza di armi in città (da quanti anni lo ascoltiamo?). Così come è diventata una supercazzola anche la promessa di telecamere sia in periferia che in quelle zone del centro città ancora sprovviste. Assenza che complica il lavoro delle forze dell’ordine, in questo caso della Squadra Mobile della Questura di Napoli, diretta dal dirigente Alfredo Fabbrocini. Squadra Mobile che poche ore dopo l’agguato ha fatto irruzione in un appartamento di Poggioreale dove erano presenti esponenti del gruppo Marigliano, sospettati di essere gli autori del raid. Nell’appartamento sono state trovate due pistole dello stesso calibro dei bossoli trovati in strada: da qui il fermo di cinque persone poi convalidato nel weekend dal Gip.
Camorra, lo scontro nel clan Contini dopo l’arresto di Rullo
Una guerra di camorra che vede esposti in prima linea giovanissimi ma che ha una regia più matura. Nell’ultimo scontro in questione, quello tra i gruppi Marigliano e Moffa, la ricostruzione degli inquirenti porta ad un cambiamento degli equilibri criminali nella zona del centro città. Protagonista, come sempre, l’Alleanza di Secondigliano e, nello specifico, il clan Contini a cui apparterrebbero le due famiglie. A far saltare il banco sarebbe stato il recente arresto di Nicola Rullo, esponente apicale dell’organizzazione criminale, stanato in Spagna a pochi mesi dall’ennesima latitanza avviata. Con Rullo libero certe azioni intimidatorie tra gruppi alleati non avvenivano o, almeno, andava prima chiesta l’autorizzazione. Il gruppo Marigliano, secondo le informative della Squadra Mobile, già da tempo si era reso protagonista di fibrillazioni in una zona, come quella della Case Nuove, storicamente contesa tra i Contini e i Mazzarella, con quest’ultimo clan adesso fortemente indebolito dopo la decapitazione del triumvierato al vertice avvenuta poco più di un anno fa.
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