Le elezioni politiche ci consegnano un quadro abbastanza prevedibile nelle sue linee generali ma problematico perchè se guardato nei particolari è pieno di sfaccettature. Napoli e la sua area metropolitana si tingono nuovamente di giallo (Cinque Stelle) ma nel resto della regione prevale il centro-destra (con rarissime, locali, eccezioni). Se guardiamo il risultato ancora più da vicino ci accorgiamo che se il partito guidato da Conte trionfa con percentuali analoghe a quelle di cinque anni fa a Napoli Est e comunque vince tutti i collegi napoletani,

L’Italia sul serio-Calenda coglie un significativo 17% nel salotto buono della città e Partito Democratico e de Magistris reggono un minimo almeno nelle zone collinari, con rispettivamente il 26% e il 5%. I Cinque Stelle superano ampiamente il 40% a Napoli e il PD, che include però anche socialisti, Art. 1 e altro ancora, arriva al 15%: un dato che, opportunamente ripulito, è inferiore al risultato delle comunali. La destra in città tuttavia è debole, supera a stento un 20% e pesa in particolare il crollo verticale di Forza Italia, dal 16% al 6%, per quanto compensato dalla crescita del partito guidato da Giorgia Meloni.

Lasciando Napoli troviamo i Cinque stelle in Campania al 34,6%, su risultati non troppo dissimili da quelli del 2018. La nostra regione registra la percentuale più alta di voto al partito di Conte staccando di ben cinque punti la seconda, la Calabria. Della trasformazione di fatto dei Cinque Stelle in una Lega sud si è ormai già ampiamente parlato. Il processo va avanti da tempo e oggi viene rinforzato da un notevole recupero (al Sud) del voto del 2018. Il ruolo degli amministratori locali del Partito Democratico, dai sindaci fino al Presidente della Regione è stato nullo, anche se De Luca può sbandierare dati sopra-media a Salerno e nell’avellinese. Fuori dall’area metropolitana la destra prevale in tutte le province e si aggiudica tutti i collegi. Il reddito di cittadinanza ha una sua roccaforte in Campania, e non solo a Napoli.

Pertanto, andrebbe spiegata, e non è semplice, questa ripartizione della Campania in due nette subculture politiche: a Napoli i grillini, altrove la destra. In via di prima approssimazione forse la causa di questa differenza sta non tanto nella maggiore concentrazione del reddito di cittadinanza o, per esteso, del disagio sociale nella metropoli quanto in una sua enorme crisi di identità. È un’ipotesi che andrebbe consegnata ad approfondimenti. È evidente invece che il Sud nel suo complesso ha preferito la protezione sociale nella versione a Cinque Stelle a quella della destra più o meno sociale: si è fatta sentire, in particolare l’ambiguità di Giorgia Meloni a proposito della riforma del reddito di cittadinanza.

Come è altrettanto evidente che Napoli non ha dato un briciolo di credito a Luigi de Magistris, che l’ha amministrata incontrastato per dieci anni, fino a pochi mesi fa. La Campania è peraltro una regione dove il settore edilizio conta molto e i bonus sono risultati attrattivi, e anche questa pista posta alla cristallizzazione di una subcultura “cinque stelle” in questa parte d’Italia ben più resistente di un contingente successo della destra. Il partito di Conte lucrerà all’opposizione come ha fatto finora Fratelli d’Italia. Se l’analisi è corretta c’è un messaggio per il Partito democratico, che si ritrova all’anno zero nella terza città e regione d’Italia.

La saldatura con Conte, auspicata anche dal sindaco Manfredi, richiede condizioni nazionali non scontate. Si prepara già sullo sfondo la partita per le prossime regionali che rischia di essere una partita tra destra e Cinque Stelle. Però la destra deve fare serie politiche di sviluppo per il Sud, considerata anche l’astensione “monstre”. I democratici campani faticheranno a uscire da una fase di tribolazioni e rese dei conti.