Dieci anni dopo
Napoli, tra fedeli e pentiti tornano i bassoliniani

De Luca alla Regione Campania. E a Napoli? Molti, col cuore a sinistra, accarezzano un sogno. Altri, invece, già lavorano per farlo diventare una realtà. Subito dopo le regionali, si voterà per il Comune, e ancora una volta si fa il nome di Antonio Bassolino. Leader politico carismatico, tra i principali protagonisti della primavera dei sindaci, ministro per un anno, governatore per un decennio, e ormai fuori dalle ombre che piombarono su di lui con la crisi dei rifiuti, Bassolino torna a essere evocato sia da chi con nostalgia lo ricorda come l’artefice del Rinascimento napoletano, sia da chi, più esplicitamente, lo proietta nel futuro indicandolo come possibile soluzione alla crisi della città. È una prospettiva realistica?
Già quattro anni fa, Bassolino provò a ricandidarsi, ma le tensioni interne al suo partito – il Partito Democratico – produssero un susseguirsi tale di tradimenti, agguati e conflitti più o meno dichiarati che il risultato fu catastrofico: lui fuori dalle primarie, battuto per poco più di 400 voti da Valeria Valente, un tempo nella sua giunta comunale; Valente fuori dal ballottaggio, ed era la seconda volta per il Pd; e l’intero centrosinistra condannato all’irrilevanza di fronte a un Luigi de Magistris riconfermato a Palazzo San Giacomo. Ora ci risiamo. A differenza di quattro anni fa non c’è ancora una candidatura ufficiale di Bassolino. Ma come allora l’ex sindaco comincia a farsi notare: prima con le foto panoramiche di Napoli postate con trasporto sui social; poi con l’impegno pubblico, cioè l’assidua partecipazione a convegni, mostre e dibattiti; e infine con il progetto, ed ecco le interviste che comincia a rilasciare. Insomma, si capisce benissimo che ha riacceso i motori. Il Mattino gli ha chiesto se è pronto a tornare in campo. E questa è stata la risposta: «Ora la priorità è la questione sociale, saper stare dentro la città. Nei prossimi mesi ci sarà un forte bisogno di idee per la città facendo leva sulle forze migliori, quelle che stanno nel popolo, nel mondo della cultura e delle professioni, nella cittadinanza attiva. Non è vero che non si può fare. Ci si può mobilitare».
Cosa colpisce in queste parole? Il cambio di passo e di visione. Bassolino non sembra rivolgersi più, in via prioritaria, al Pd (al quale non è più iscritto dal 2017). Guarda semmai oltre, al “popolo”, alla “cittadinanza attiva”. Il Pd diventa dunque una parte, non è più la fonte esclusiva di ogni legittimazione. Questa è sicuramente una novità. L’altra novità sono invece i bassoliniani. Negli anni, in molti hanno voltato le spalle al loro leader. Ora, invece, tutti sembrano voler sanare quella frattura. Così, da un lato ci sono quelli che lo aspettano a braccia aperte nel Pd (Valente) o ne sottolineano il ruolo indiscutibile “a prescindere”(Nicola Oddati, della segreteria nazionale) e dall’altro chi si spinge oltre, ammettendo di aver commesso errori nei suoi confronti (l’eurodeputato Andrea Cozzolino) o indicandolo “come il più adatto a riparare i disastri provocati da de Magistris” (Michele Caiazzo, ex sindaco di Pomigliano). Senza contare il fedelissimo Vito Nocera, figura autorevole della sinistra napoletana, che su Bassolino non ha avuto mai dubbi e mai ne avrà. Sogno o realtà? Difficile dirlo, ma una cosa è certa: con un De Luca “stracandidato” anche ai napoletani col cuore a sinistra serve un forte bilanciamento nel segno dell’autonomia della città. Con o senza Bassolino, infatti, il rischio è altrimenti quello di una città eterodiretta.
© Riproduzione riservata