Si temono centinaia di morti (c’è chi azzarda anche 500) dopo l’ultimo naufragio avvenuto nelle prime ore del 14 giugno al largo di Pylos, nel sud del Peloponneso, in Grecia. Una strage che ha già fatto registrare oltre 80 vittime. Raccapriccianti le testimonianze dei 104 superstiti, salvati in mare dalla guardia costiera dopo ore di richieste cadute nel vuoto. Molti di loro non sanno più nulla di amici e familiari che si trovavano sull’imbarcazione di trenta metri salpata nei giorni scorsi da Tobruk, in Libia orientale, e diretta verso le coste italiane.

Migranti che provenivano da Siria, Pakistan, Egitto. I superstiti, trasferiti in un centro a Kalamata, hanno raccontato a sanitari e volontari l’orrore vissuto a bordo del barcone. Un medico racconta che alcuni di loro gli hanno chiesto il numero di telefono per contattare le loro famiglie. “Mi hanno detto che a bordo c’erano 750 persone“, ha spiegato, aggiungendo che in tanti hanno confermato la presenza di donne, e soprattutto, bambini nelle stive. “Alcuni hanno detto 100, altri 20, altri 30. Ovviamente non avevano idea di cosa stesse succedendo nelle stive”. Per le autorità greche, che hanno proclamato tre giorni di lutto nazionale, non è chiaro quante persone fossero a bordo. Per l’Onu c’erano circa 400 persone. Fonti governative greche hanno inoltre dichiarato che le possibilità di recuperare la nave affondata sono remote a causa della profondità delle acque.

I sopravvissuti: “Già persone morte di sete a bordo”

Secondo quanto riscostruisce Repubblica, già martedì mattina (13 giugno) la situazione sarebbe degenerata con la fine dell’acqua da bere a bordo. Una situazione drammatica che dopo poche ore avrebbe portato al decesso di sei persone in stiva, tra cui due bambini. E’ scaturita una protesta da parte dei migranti con il capitano che, dopo aver girato la prua verso le coste greche, avrebbe abbandonato la nave calando una scialuppa. A dimostrarlo sarebbero i tracciati, il peschereccio da quel momento i avrebbe cominciato a zigzagare.

Le operazioni di ricerca e soccorso sono andate avanti per tutta la notte ma non sono stati trovati altri sopravvissuti, né altri corpi oltre ai cadaveri già recuperati. Il rischio, sempre più concreto con il passare delle ore, è che tutte le persone che si trovavano nella stiva siano andate a fondo con la nave, senza possibilità di salvarsi. L’Unicef si è detta oggi “profondamente addolorata e scossa” dalle molteplici segnalazioni secondo cui fino a cento bambini sarebbero rimasti intrappolati nella stiva di un’imbarcazione che si è rovesciata e affondata al largo della costa della Grecia ieri, in una delle più grandi tragedie in mare nel Mediterraneo degli ultimi anni.

“Possiamo supporre che molti di questi bambini abbiano perso la vita, al momento le notizie sui sopravvissuti sono limitate. Le nostre più sentite condoglianze vanno alle famiglie dei bambini e a tutti coloro che sono stati colpiti da questo orribile evento”, dice ancora il comunicato dell’agenzia dell’Onu. “Si tratta di bambini migranti e richiedenti asilo che sono fuggiti da conflitti, violenze e povertà. Sono minorenni che probabilmente hanno subito sfruttamento e abusi in ogni fase del loro viaggio. La maggior parte di loro avrà cercato di attraversare il mare in condizioni pericolose, affidandosi a trafficanti”, continua il comunicato.  “Un bambino è un bambino, e i Paesi dovrebbero lavorare insieme per garantire che la vita di tutte le bambine e i bambini sia protetta, indipendentemente dal loro status migratorio” si legge ancora.

Secondo i rapporti, il peschereccio che si chiamava Adriana, partito dal porto libico di Tobruk, si è rovesciato e affondato mercoledì mattina, intorno alle 2.30, in acque profonde a circa 80 km dalla città costiera meridionale di Pylos. Per le autorità greche, anche prima che la nave cominciasse ad affondare nella tarda serata di martedì, le persone che si trovavano sull’affollato ponte esterno hanno ripetutamente rifiutato i tentativi di assistenza da parte di un’imbarcazione della Guardia Costiera greca che la stava sorvegliando, dicendo di voler raggiungere l’Italia.

“Quando ci si trova di fronte a una situazione del genere… bisogna essere molto cauti nelle proprie azioni”, ha dichiarato il portavoce della Guardia Costiera Nikos Alexiou all’emittente statale ERT. “Non si può effettuare un dirottamento violento su un’imbarcazione del genere con così tante persone a bordo… senza alcun tipo di cooperazione”.

“Il naufragio al largo di Pylos segna una delle più grandi tragedie marine del Mediterraneo a memoria d’uomo”, ha dichiarato a Reuters Maria Clara, rappresentante dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in Grecia, aggiungendo che l’UNHCR ha esortato gli Stati del Mediterraneo a stabilire un regime di ricerca e salvataggio rapido e prevedibile e ad aumentare le rotte sicure.

“Affondata perché si muovevano”

Secondo la versione della guardia costiera greca il naufragio sarebbe stato causato dai movimenti delle persone a bordo. “La parte esterna – ha detto a ertnews.gr il portavoce della Guardia Costiera greca Nikolaos Alexiou – era piena di persone, e presumiamo lo stesso per l’interno. Ciò che i miei colleghi hanno visto quando sono andati sul posto, è che la nave era sovraccarica. A causa di uno spostamento delle persone che erano all’interno della nave, questa è affondata”.

Naufragio Grecia, Alarm Phone: “Abbattere confini Europa”

Alarm phone spiega che “ieri siamo stati allertati da una barca in difficoltà nella zona Sar greca. A bordo ci hanno detto che erano in 750, partiti dalla Libia. Il contatto è stato perso poco dopo la mezzanotte. Ora sentiamo notizie di un naufragio e temiamo che siano vere”. Poi aggiunge: “Smettetela di incolpare le persone in movimento per aver cercato di sfuggire alla vostra violenza. Smettetela di incolpare le persone in movimento per la propria morte! Stop ai respingimenti, porre fine alla morte in mare, abbattere i confini dell’Europa”.

Redazione

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