Nel tennis è finita l’età dell’oro, le quattro lezioni degli Internazionali di Roma

C’è tanta democrazia nelle sconfitte, capitano a tutti, chi più e chi meno, ma arrivano sempre. Ciascuno perde a modo suo. Ciascuna non è mai inutile se apre una sfida. Vale nello sport e nella vita. Vale soprattutto nel tennis, il più solitario e il più mentale degli sport. La 80esima edizione degli Internazionali Bnl d’Italia, la prima nel formato XL con 128 giocatori e giocatrici in tabellone, ha messo in evidenza in questi giorni un campionario importante di sconfitte inattese. Ciascuna racconta storia e destino di chi l’ha subita.

E come poi riuscirà ad usarla. Lunedì è sceso in campo la testa di serie numero uno al mondo Carlitos Alcaraz: il ventenne spagnolo era la star più attesa al Foro Italico, non ha mai giocato a Roma e il pubblico lo ha in fretta “sostituto” con Nadal. Carlitos è uscito al terzo turno, il secondo per lui, battuto in due set da un Carneade ungherese – Fabian Moroszan, 23 anni, numero 135 del mondo – che lo ha ubriacato di smorzate e traccianti. “Io stavo bene ma lui non mi ha fatto giocare” ha detto nel post match il numero 1. Lezione numero 1: nel tennis non ci sono mai certezze. Ci piace anche per questo. Lo spagnolo ha sorriso. Brucia ma ne farà tesoro.

Negli stessi giorni hanno perso e sono usciti dal torneo il canadese Auger Aliassime, n.10 al mondo e l’americano Taylor Fritz (n.9): problemi fisici e mentali, stanchezze e vuoti. Lezione numero 2: ci sta, non sono robot. È che i fan sono stati viziati in quell’età dell’oro che è stato l’ultimo ventennio: Roger, Rafa, Nole, uno di loro c’era sempre e alla fine erano diventati quasi intercambiabili per cui alla fine non si perdeva mai.

L’età dell’oro è finita e le sconfitte ci lasciano orfani, muti, spaesati, “disperati”. Ieri ha perso Djokovic, numero 2 al mondo (era 1 fino alla scorsa settimana) e ha perso male contro il nuovo ‘bad boy’ del circuito: il terribile ragazzino danese Holger Rune, il diciannovenne numero 7 del mondo pieno di tic, che in campo prende tutto e tira tutto sotto lo sguardo attento di mamma Anneke. Nole si è lamentato durante il match, la pioggia, il campo, le righe scivolose, il bad boy dall’altra parte molto polemico con arbitro e pubblico. Ha urlato alla sua panchina: “Sono qui da solo e nessuno mi dice cosa devo fare”.

Uno che ha vinto 22 titoli slam non dovrebbe aver bisogno di sentirsi dire cosa fare se la palla e soprattutto il braccio quel giorno non vanno come dovrebbero. 6-2, 4-6, 6-2 in poco più di dure ore. Nole ha lasciato il Centrale in fretta e ha chiesto subito la conferenza stampa. Dove è arrivato tranquillo, nessuna polemica. “È stato un torneo con condizioni difficili, pioggia, interruzioni, ritardi però non cerco scuse. È andata così, c’è questa nuova generazione, sì, è arrivata. Ma io ci sono ancora, ci vediamo a Parigi”. Ha 37 anni il serbo ed è il Goat (greatest of all time) del tennis professionistico. Un ragazzino l’ha preso a pallate ma non molla. Lezione numero 3: mai lamentarsi per una sconfitta, metterla il prima possibile dietro le spalle, guardare avanti, testa dritta e mento in alto.

Poi hanno perso gli italiani, i nostri fab 3, Sinner, Sonego, Musetti. Tutti nello stesso giorno. Tre sconfitte diverse una dall’altra. La più brutta è quella di Sinner, 6-7, 6-2, 6-2 contro Cerundolo. Sulla terra, questa terra un po’ più lenta per via della pioggia e dell’umidità, l’argentino vale molto più del numero 30 al mondo. E lo ha fatto vedere. Sinner invece non ha fatto vedere quasi nulla, o molto poco, del suo repertorio. “È stata una giornata tosta (pioggia e rinvii, ndr) ed io non mi sono sentito come desideravo. Eppure sono molto allenato. Mi spiace che sia successo a Roma. Tengo molto a questo torneo”. Body language: testa bassa, mano sugli occhi, quasi disperato. Consiglio non richiesto: non spariamo su Jannick. La pressione che può dare ad un italiano, specie se favorito, questo torneo non è raccontabile. E anche un finto freddo come Jannick paga pegno nel clima vorticoso del torneo. Lezione numero 4: servono tante sconfitte prima di saper gestire i pronostici favorevoli. Jannick ha giocato male, vuoto nelle gambe e nella testa e in conferenza stampa non ha fatto nulla per nasconderlo. Le sconfitte di Sonego (in due set) e Musetti (in tre set), entrambi castigati da Tsitsipas numero 5 del mondo, sono state invece promesse. Il greco è un talento raro. Ma anche i talenti, a volte, hanno le giornate no. Basta accorgersi quando arrivano.