Appello alla Ministra della
Giustizia Marta Cartabia

La notizia dell’istituzione di una Commissione d’indagine da parte del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, su Suo impulso, non può che essere accolta favorevolmente.
Occorre far luce su una delle pagine più buie del nostro Paese dall’introduzione della Legge 26 luglio 1975 n. 354: un bilancio di tredici morti è una ragione più che sufficiente per sollecitare l’accertamento di eventuali responsabilità relative alla gestione dell’ordine e della sicurezza all’interno dei 27 istituti coinvolti nelle rivolte dei giorni 7, 8, 9 marzo 2020.

Lo richiede a gran voce quell’ampia fetta di società civile a cui è stato precluso l’ingresso in carcere durante l’emergenza Covid-19, ma che ha continuato a prestare ascolto alle istanze di tutela provenienti da chi, a causa della paura e della penuria di informazioni provenienti dall’esterno, in quel periodo ha subito un ulteriore isolamento oltre a quello ordinariamente inflitto dalla pena. È così che associazioni del Terzo Settore e Garanti territoriali hanno contribuito a rendere meno ermetiche le mura dell’Istituzione totale, continuando quell’opera di partecipazione agli aspetti della vita penitenziaria da parte della collettività sociale richiamata in vario modo da fonti nazionali ed internazionali (si veda ad esempio l’articolo 7 delle Regole Penitenziarie Europee). Queste realtà sociali, sovente autorganizzate, hanno aiutato a concretizzare il principio costituzionale di emenda e risocializzazione delle persone che subiscono la pena.

Lo richiedono pure i familiari dei tredici morti e tutti coloro che hanno denunciato a vario titolo episodi di violenze e trattamenti inumani e degradanti avvenuti in quel periodo, da subito denunciati formalmente e pubblicamente da familiari, associazioni e garanti, e non solo relativamente alla “mattanza” di Santa Maria Capua Vetere.

E non può prevalere la logica de “i panni sporchi si lavano in famiglia”. Il tentativo di ricostruire una narrazione falsata dei fatti messo in atto dal personale della polizia penitenziaria coinvolto per coprire il proprio comportamento è un campanello d’allarme che non possiamo non ascoltare.

Chiediamo, pertanto, che la rappresentanza dei membri della Commissione venga integrata anche dalle realtà associative, dai garanti territoriali e da quella parte di società civile attenta alla dignità e ai diritti delle persone recluse, credendo fermamente che soltanto una visione d’insieme possa garantire imparzialità e contribuire a gettare piena luce sulla vicenda.

Associazione Yairaiha Onlus, Legal Team Italia, Associazione Bianca Guidetti Serra, Osservatorio Repressione, Associazione Il Viandante, Associazione Memoria Condivisa, Associazione Papillon-Rebibbia, Bologna, Comitato verità e giustizia per le morti in carcere, Lasciatecientrare, Comitato verità e giustizia per la strage del S.Anna, Associazione Nazionale Giuristi Democratici, Associazione Voci di dentro OdV, Acad – Associazione contro gli abusi in divisa, Associazione Ex Don – Napoli, Associazione Carcere Vi.Vo., M.G.A. – Sindacato nazionale forense, Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea, Potere al Popolo, Sinistra Universitaria, Casa dei diritti sociali, Cosenza Associazione Luna Lecce, SoS Rosarno, Associazione Ricreativa e culturale GABBIA/NO – Roma, Special Servizi Coop Soc. – Roma, Associazione culturale Il Brigante – Serra San Bruno (VV).

Tra le adesioni individuali, quelle dei garanti territoriali campani Samuele Ciambriello (Regione Campania), Emanuela Belcuore (provincia di Caserta), Carlo Mele (provincia di Avellino), Pietro Ioia (città di Napoli) e di Laura Longo ex presidente del tribunale di sorveglianza de L’Aquila.