Le carte delle indagini passate ad Amara
Nella Guardia di Finanza c’è una talpa: lo dicono le fiamme gialle che indagano pure…
Il Gico della guardia di finanza da circa sei anni sta facendo indagini, al momento senza grande successo, per individuare chi passasse a Piero Amara – l’ex avvocato esterno dell’Eni e gola profonda degli uffici giudiziari di mezza Italia – notizie coperte dal segreto relative ai procedimenti penali di suo interesse. Ad iniziare da quelli aperti nei suoi confronti presso le Procure di Roma e Messina.
Repubblica, quotidiano particolarmente addentro alla materia avendo beneficiato molte volte di fughe di notizie provenienti dalle Procure del Paese, come quella di Perugia a proposito delle indagini che hanno riguardato Luca Palamara (da ultimo pochi giorni fa dove la richiesta di archiviazione per la Loggia Ungheria, circa 200 pagine, ha soffermato l’attenzione dei giornalisti di Largo Fochetti solo sulle poche riguardanti Palamara, ndr), è tornato ieri con grande enfasi sull’argomento.
In un lungo articolo dal titolo “Il carabiniere che sapeva troppi segreti, rubava notizie per darle ad Amara’”, l’attenzione si focalizza su un appuntato della Benemerita, Francesco Loreto Sarcina, già in servizio presso l’Aisi, il servizio segreto ‘interno’.
Sarcina, nativo di Trinitapoli in provincia di Foggia, 59 anni, dietro il compenso di 30 mila euro aveva consegnato su delle chiavette usb il materiale che interessava ad Amara. Sul punto vale la pena ricordare che tale consegna di atti è stata attestata da una sentenza emessa dal Tribunale di Perugia il 12 aprile 2022 nei confronti proprio di Sarcina. Tra questi atti risulta consegnata ad Amara l’informativa del Gico di Roma del 15 settembre 2017 di circa 800 pagine, prima che la stessa venisse depositata alla Procura della Capitale e sulla cui base sono state chieste le misure cautelari nei confronti di Amara e dei suoi sodali Giuseppe Calafiore e Fabrizio Centofanti.
A tal proposito, durante l’udienza del 9 giugno 2022 che si è svolta a Perugia nei confronti dell’ex presidente dell’Anm e dell’ex pm di Roma Stefano Fava, accusati di rivelazione del segreto per screditare l’allora procuratore Giuseppe Pignatone, il maggiore del Gico Fabio Di Bella aveva ammesso che qualche militare suo dipendente – o più di uno o tutti – aveva consegnato ad Amara nel 2017, per il tramite di Sarcina, le informative fatte dallo stesso Gico prima ancora che queste venissero depositate in Procura.
A richiesta dei difensori di Palamara e Fava di riferire l’identità della “talpa” del Gico che aveva consegnato le informative, Di Bella aveva risposto laconicamente “per ora le realtà processuali sono quelle di Sarcina”. Sicché i difensori avevano ribadito “solo Sarcina”, a conferma della risposta data dall’ufficiale. Pur nutrendo, come sempre, la massima fiducia nelle Istituzioni e che quindi si possa individuare, seppur dopo sei anni, colui o coloro che hanno consegnato ad Amara le informative, risulta molto difficile comprendere come su Amara e sulla “talpa” possa continuare ad indagare il Gico e se non fosse, invece, opportuno o doveroso delegare altra polizia giudiziaria come, ad esempio, venne fatto dalla Procura di Roma nel procedimento Consip allorquando è stato estromesso il Noe dei carabinieri. Il Gico sta già facendo accertamenti sulla ormai celebre cena romana non registrata del 9 maggio 2019 tra Pignatone, Palamara e altri magistrati dove, molto probabilmente, si discusse di chi doveva essere il nuovo procuratore della Capitale.
Gli ascolti vennero fatti dal Gico che si trova ora ad “indagare” su se stesso. Per questa ultima circostanza, il mese scorso è stata presentata alla Camera una interrogazione da parte di Edmondo Cirielli (Fd’I) Il deputato meloniano, riflettendo sul fatto che taluni operatori del Gico potrebbero aver “disatteso le direttive impartite per le programmazioni del trojan” ovvero, circostanza ancor più grave, che “il file fosse stato occultato”, ha chiesto alla ministra della Giustizia un approfondimento urgente.
Per Cirielli, in caso contrario, si “delineerebbe una grave situazione che inficerebbe gravemente non solo l’operato degli organi inquirenti e del corpo della guardia di finanza, in funzione di polizia giudiziaria, ma altresì porrebbe ulteriori interrogativi sull’operato e sull’indipendenza del Csm che sulla questione, in sede di audizioni, non avrebbe approfondito le divergenze emerse tra le varie informazioni assunte”.
Non resta che attendere.
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