Nella nostra Parigi ora risuonano le campane dell’odio antisemita

L a nostra Parigi è sotto attacco. Adesso è tra due fuochi, la rabbia araba e il rigurgito di antisemitismo. Una trappola infernale che rischia di strozzare la politica democratica anch’essa in balia degli estremismi di destra e di sinistra. Nel XIV arrondissement di Parigi, nella parte sud della città, zona né bella né brutta ma sufficientemente tranquilla, uno di quei grandi quartieri dove alloggiano tanti piccoli borghesi, impiegati, mescolati con giovani universitari e quella varia umanità sempre dolente tipica di Parigi, sono apparse le Stelle di David. Qui abita un ebreo, un juif. La comunità ebraica della capitale francese è la terza nel mondo, dopo Israele e Stati Uniti e l’unica che coltivi l’eredità sefardita e quella ashkenazita come si può vedere nel Musée di judaisme, al Marais. “Gli ebrei hanno paura”, dice Le Nouvel Observateur.

“Questi atti ricordano il processo degli anni Trenta che portò allo sterminio d milioni di ebrei”, ha dichiarato la sindaca del XIV arrondissement Carine Petit. Nel quartiere ebraico, il Marais, c’è molto nervosismo. La memoria è custodita qui, ai Blancs Manteaux, a rue des Rosiers, a rue di Temple. È una storia lunga: gli ebrei a Parigi hanno vissuto tempi terribili almeno da 150 anni. Da quando, ben prima della pubblicazione dei Protocolli dei Savi di Sion, apparve nel 1886 un monumentale libro scritto da un giornalista, Édouard Drumont, che si intitolava “La France juive”, un lavoro di milleduecento pagine, che sorprendentemente ebbe un vastissimo successo. Aveva la forma di “chronique scandaleuse” (cronaca scandalosa) col suo indice di più di tremila nomi di personalità ebree o aventi coltivato delle relazioni con degli ebrei. Una curiosità morbosa e perversa spingeva tanti lettori a cercare in quell’opera nomi e cognomi di bare o amici di ebrei. Era anche la prima sintesi letteraria antisemita, la prima unificazione “in una prospettiva storica – a sua volta sociale, religiosa, politica — di tre fonti principali di sentimenti antisemiti: l’antiebraismo cristiano, l’anticapitalismo popolare e il razzismo moderno”, ha scritto Il grande studioso Michel Winock. Dopo Drumont, ritornò sulla scena Maurice Barrés e poi arrivarono Charles Maurras e tanti altri, un fenomeno intellettuale che dava forma all’antigiudaismo della Francia profonda che veniva modellato da politici reazionaria in azione politica.

Il cattolicesimo oscurantista, la reazione antilluminista e protomarxisti che associavano gli ebrei allo sviluppo del capitalismo, che soffiavano suo fuoco di un’antichissima credulità popolare, e furono tutti ingredienti che portarono alla deflagrazione dell’Affaire Dreyfus accesa da Émile Zola facendo sgorgare dalle vene della società più retriva i germi del primo nazionalsocialismo francese. Violenza e letteratura, si pensi all’antisemitismo furioso di Céline. Questi fantasmi concreti che ritroviamo nelle pagine di Iréne Nemirovsky e di Patrick Modiano (“Dora Bruder”) hanno avviluppato il Novecento di Francia, infine solo apparentemente liberatasi: ma il fuoco è sempre covato sotto la cenere. L’altra faccia della Francia, quella alleata dei nazisti, degli eccidi di migliaia di ebrei a Drancy. In questi giorni del pogrom di Hamas e della durissima risposta di Israele risorge a nuova vita il démone antisemita, oggettivamente accompagnandosi alla rage, la rabbia, degli emarginati banlieusards di origine araba, sempre in cerca di una vita più dignitosa di quel che lo stato sociale liberale francese sa offrirgli. E infatti le Stelle di David appaiono anche in quei quartieri a nord di Parigi abitati dagli arabi-francesi, ad Aubervilliers, a Saint Ouen, a Saint Denis, perenni focolai di violenza. In questi giorni l’odio per Israele si salda con la haine, l’odio, descritto nell’omonimo famoso film ormai di quasi trent’anni fa di Mathieu Kassovitz, una miscela potenzialmente esplosiva che va allargandosi ad altre zone del Paese sperando che non vada ad incendiare la Marsiglia del quartiere arabo del Panier. Di certo Parigi, la nostra Parigi, non suona più gli organetti gentili dei parchi autunnali ma sente i sinistri rimbombi delle campane dell’odio.