Ha partorito alle 10.30 di mercoledì 12 aprile in un capannone abbandonato a Quarto Oggiaro, quartiere periferico di Milano, poi ha telefonato al 118 ed ha portato la figlioletta appena nata all’ospedale dei bambini “Vittorio Buzzi” dove ha deciso di affidarla ai sanitari. Dopo il caso di Enea, il piccolo lasciato nella culla per la vita la domenica di Pasqua, un altro caso scuote l’opinione pubblica.

Protagonista una donna senza fissa dimora, di nazionalità italiana, che ha deciso insieme al compagno di dire addio alla piccola. La donna, secondo quanto ricostruito dai carabinieri intervenuti in ospedale per l’identificazione, ha dato alla luce la piccola in un capannone dismesso, un tempo sede di uffici. Poco dopo le 10, subito dopo il parto, ha chiamato il 118 ed è andata al pronto soccorso a bordo di una ambulanza. La bimba, è stato riferito, è in buone condizioni: pesa 2,6 chili e, anche se sta bene, è stata messa in una termoculla per stabilizzare la temperatura corporea.

Ora, attesi i 10 giorni per dar tempo alla madre naturale di poter cambiare idea e tenere la figlia, partirà la procedura di adozione. La donna, stando a quanto appreso, dopo aver fornito le proprie generalità esprimendo ha manifestato la volontà di restare anonima e di non riconoscere la maternità della neonata, alla quale non ha voluto dare un nome (nome che daranno probabilmente i sanitari dell’ospedale Buzzi). “La piccola è sana ed è nata a termine” spiega Gian Vincenzo Zuccotti, primario di Pediatria al Buzzi.

Nei giorni scorsi aveva suscito clamore la vicenda del piccolo Enea, il neonato affidato dalla madre alla culla per la vita della clinica Mangiagalli di Milano. Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico, aveva infatti invitato la madre a tornare sui suoi passi. Nella culla insieme al neonato era stata trovata una lettera piana di affetto scritta dalla mamma: “Ciao mi chiamo Enea. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile. La mamma mi ama ma non può occuparsi di me”.

Il piccolo è ora accudito dagli specialisti della Neonatologia alla clinica Mangiagalli del Policlinico, dove sta seguendo i controlli di routine, come spiegato da Repubblica. “E’ una cosa che pochi sanno – commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano – ma in ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino. Inoltre esistono le Culle per la vita: la nostra si trova all’ingresso della Clinica Mangiagalli e permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. E’ una decisione drammatica, ma la Culla consente di affidare il piccolo ad una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l’assoluto anonimato per i genitori”.

La Culla per la Vita del Policlinico di Milano è attiva da 16 anni e questo è il terzo caso registrato. I primi due sono stati nel 2012 e nel 2016: due bimbi maschi che sono stati chiamati rispettivamente Mario e Giovanni. Il neonato sta bene, spiega Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico di Milano: “Vivo questo evento anche come una sconfitta a livello sociale, perché in qualche modo non siamo stati in grado di intercettare una madre in grande difficoltà. Madre che, qualora ci ripensasse, siamo pronti ad accogliere e ad assistere”.

Redazione

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