Benjamin Netanyahu questa volta si è rivolto direttamente agli iraniani. Mentre a Beirut veniva recuperato il corpo di Hassan Nasrallah segretario generale di Hezbollah ucciso nel devastante raid di venerdì, il primo ministro israeliano ha parlato in un videomessaggio. “La stragrande maggioranza degli iraniani sa che al regime non importa nulla di loro. Se gli importasse qualcosa, smetterebbe di sprecare miliardi di dollari in guerre inutili in Medio Oriente e inizierebbe a migliorare le vostre vite” ha detto Netanyahu, “immaginate se tutti i soldi che il regime ha sprecato in armi nucleari e guerre all’estero fossero state investiti nell’istruzione dei vostri figli, nel miglioramento della vostra assistenza sanitaria, nella costruzione delle infrastrutture della vostra nazione”. Una scelta di parole che è servita al premier per inviare due messaggi. Il primo, quello diretto a una popolazione che ha mostrato più volte il malcontento verso la Repubblica islamica, e che può essere declinato anche in altri contesti, come appunto il Libano, dove Israele può spingere affinché parte della popolazione spezzi i rapporti con il Partito di Dio per non rimanere intrappolata in una guerra non voluta da Beirut né da altre fazioni.

L’obiettivo di Israele

Ma un secondo messaggio è quello rivolto alla Guida Suprema Ali Khamenei e ai suoi Pasdaran: Israele vuole indebolire la Repubblica islamica e portarla al collasso. Interno ed esterno. L’obiettivo regionale di Netanyahu è chiaro. Spezzare la galassia di milizie che negli anni ha circondato lo Stato ebraico. E dopo la Striscia di Gaza, dove i raid continuano anche in questi giorni (oltre 41mila morti secondo le autorità vicine ad Hamas dall’inizio della guerra), ora l’obiettivo ì è il Libano. Secondo molti esperti, Israele ha compiuto le operazioni di queste settimane (prima i cercapersone, poi gli omicidi mirati di tutta la dirigenza di Hezbollah e infine la morte di Nasrallah) per evitare un’invasione di terra. Ma per altri esperti, queste operazioni sarebbero preparatorie per un ingresso delle truppe al di là della Blue Line. I funzionari statunitensi sentiti dalla Cnn hanno detto che l’amministrazione Biden sta preparando tutti i possibili piani: sia per difendere Israele da un eventuale attacco iraniano e delle milizie per vendicare l’uccisione di Nasrallah, sia per gestire le operazioni delle Israele defense forces. Operazioni che sarebbero già iniziate, anche se in maniera molto limitata. Secondo il New York Times, negli ultimi giorni i commando israeliani avrebbero effettuato dei blitz per “arare il terreno”, come dicono gli esperti, in modo da rendere più facile il possibile ingresso delle truppe nel sud del Libano: roccaforte di Hezbollah a ridosso del territorio dello Stato di Israele. In larga parte si è trattato di operazioni di intelligence, chirurgiche, per raccogliere informazioni, capire dove possono essere i suoi arsenali ma anche i nascondigli e i tunnel. Una notizia confermata anche da fonti del Wall Street Journal, secondo le quali l’operazione via terra potrebbe addirittura partire a giorni.

Le forze armate libanesi avrebbero anche denunciato la presenza di unità israeliane vicino Alma el Chaab. E ora si pensa che l’Idf, visto Hezbollah nel caos, potrebbe colpire prima che si chiuda questa “finestra d’opportunità”.
“In caso di un’incursione terrestre israeliana siamo pronti. Il nemico non raggiungerà i suoi obiettivi”, ha assicurato il vicesegretario di Hezbollah, Naim Qassem. E mentre la milizia cerca il successore di Nasrallah (forse lo stesso Qassem, ma più probabilmente Hashem Safieddine), molti si chiedono se alla fine l’Iran interverrà o meno al fianco del Partito di Dio o se quest’ultimo dovrà fare da solo per resistere all’invasione e vendicare l’uccisione del suo leader. Il precedente del 2006 è a favore della milizia libanese, ma questa volta Israele sembra essere molto più preparato, mentre Hezbollah è molto più debole. E come ha scritto il Jerusalem Post, i comandi israeliani sono rimasti sorpresi dall’assenza di una reazione al raid di Beirut. Una realtà che potrebbe far pensare che il proxy iraniano sia impossibilitato a colpire oppure abbia deciso di evitare lo scontro diretto. La speranza degli Stati Uniti è che si arrivi presto a una de-escalation, perché un conflitto in Libano, ora, rischierebbe di mescolare di nuovo le carte nei fragilissimi equilibri mediorientali. Ma per Netanyahu e Yoav Gallant questa potrebbe l’ora decisiva per dare il colpo di grazia al nemico.