Netanyahu si è precipitato a Washington da Trump sperando di raccogliere frutti su diversi dossier geopolitici scottanti, quali quello dei dazi, di Gaza, quello siriano e sulla questione della presenza turca in Siria che Gerusalemme vede come una minaccia, ma è tornato in patria con un cesto vuoto. I due storici alleati stanno cercando di concordare una strategia sulla Cisgiordania. Secondo diversi osservatori, Gerusalemme avrebbe intenzione di annettere parti della Cisgiordania occupata che i palestinesi rivendicano come cuore di un loro futuro stato indipendente.

Sembra chiaro che Trump voglia utilizzare la leva dei dazi per costringere Netanyahu a fare delle concessioni non propriamente economiche. Trump fa infatti pressione su Netanyahu affinché si muova verso la fine della guerra a Gaza, come minimo attraverso una tregua provvisoria con Hamas che metterebbe in pausa i combattimenti e libererebbe altri ostaggi. Una delle questioni spinose affrontate nell’incontro di Washington è il rapporto con Ankara. Israele è molto preoccupato per le intenzioni della Turchia che avrebbe in programma di schierare sue forze nella base aerea T4 e nell’aeroporto militare di Palmira nella provincia siriana di Homs. Venerdì, il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan aveva precisato che Ankara non cercava alcun confronto con Israele in Siria, ma nonostante ciò il ministro degli Esteri israeliano ha accusato Ankara di voler creare un protettorato turco in Siria ai confini con Israele e di fornire sostegno alle milizie sunnite che potrebbero rappresentare una minaccia per lo Stato ebraico.

Trump e il buon feeling con Erdoğan

Il presidente Trump ha tranquillizzato il primo ministro israeliano sostenendo  di avere sviluppato un buon feeling con Erdoğan che considera un prezioso alleato e un “buon leader”. A differenza di quel che sostiene Gerusalemme, Trump ritiene che la Turchia sia un partner prezioso anche in Medio Oriente. Gli Stati Uniti infatti hanno bisogno della cooperazione turca per tenere a bada il nuovo inquilino di Damasco, al-Sharaa, per stabilizzare la Siria e per tenere lontano l’Iran dall’area. Il presidente Usa è stato categorico con Netanyahu dicendo che Erdoğan sta svolgendo un ruolo prezioso in Siria. Il primo ministro israeliano ha sollevato la questione Turchia con Trump dopo aver fatto pressioni sul segretario di Stato americano Marco Rubio affinché fosse bloccata la vendita di aerei da guerra F-35 alla Turchia, manifestando preoccupazione per la crescente influenza di Ankara in Medio Oriente. Netanyahu cerca di mantenere la superiorità militare qualitativa di Israele sull’aeronautica turca e non vede di buon occhio il rientro di Ankara nel consorzio di produzione e acquisizione dei caccia avanzati dal quale era stata esclusa per aver acquistato gli S-400 da Mosca.

Il controllo delle basi siriane da parte della Turchia

La scorsa settimana, Israele ha bombardato tre basi militari in Siria, tra cui la base aerea siriana di Tiyas, nota anche come T4. Gli attacchi sono avvenuti quando Israele ha visto aprirsi una finestra di opportunità limitata per attaccare quella base prima che la Turchia vi trasferisse i suoi asset militari. L’esercito turco infatti sta dispiegando un sistema di difesa aerea di tipo Hisar presso la base T4. Il controllo delle basi siriane da parte della Turchia fa parte di un patto di difesa che Ankara e Damasco stanno negoziando da dicembre. L’accordo prevede che la Turchia fornisca copertura aerea e protezione militare al nuovo governo siriano perché attualmente Damasco non ha un esercito funzionante. Trump ha risposto alle richieste di aiuto di Netanyahu dicendogli che potrà risolvere qualsiasi problema con la Turchia, a patto che vi sia ragionevolezza sulla Siria.

Trump infatti ritiene prezioso il ruolo della Turchia nella regione e ha sottolineato di avere ottimi rapporti con il presidente Recep Tayyip Erdoğan che ha definito “una persona molto forte e intelligente che ha fatto qualcosa che nessun altro avrebbe potuto fare in Siria”, cioè cacciare Assad. “Dobbiamo dargli merito”, ha aggiunto. La risposta di Trump ha prodotto in Netanyahu un atteggiamento più disteso nei confronti della Turchia. Il primo ministro israeliano ha subito detto di “non cercare alcun conflitto con Ankara”. “Non vogliamo trovarci faccia a faccia con la Turchia in Siria”, ha precisato.