La vittoria di Stefania Proietti in Umbria è una testimonianza concreta: un profilo civico e unitario fa la differenza nelle urne. Specialmente se si spazzano via i veti e ci si concentra sui temi sensibili agli elettori. Insomma, solo da qui può nascere l’alternativa al centrodestra. Francesco Nicodemo, che con Lievito consulting ha curato la comunicazione della campagna elettorale della neogovernatrice, indica la ricetta vincente: «Candidata radicata e super competitiva, partiti locali concentrati a mettere da parte i singoli interessi». E lancia l’«Alleanza per l’Italia».
Cosa ci dice l’esito delle elezioni regionali?
«Ogni elezione è una storia a sé. E sarebbe meglio non nazionalizzare il risultato di elezioni locali, ma senza dubbio un dato è certo: il centrosinistra e in particolare Elly Schlein ne escono rafforzati. Dopodiché se parliamo dell’Umbria, Stefania Proietti vince perché aveva tassi di fiducia molto alti. La sua figura ha unito partiti politici e civismo. Le polemiche nazionali sono rimaste fuori e soprattutto Proietti ha saputo interpretare il cambiamento che la stragrande maggioranza degli umbri chiedeva. Non è particolarmente sorprendente. A Perugia, 3 mesi fa, è successa la stessa cosa con Vittoria Ferdinandi. Anche in questo caso, una candidata senza tessere di partito, in grado di unire e riportare a sinistra una città in cui il centrodestra governava da 10 anni».
Quanto hanno inciso i temi nazionali? L’autonomia, il braccio di ferro sui migranti in Albania, la sanità…
«La sanità è stato il tema centrale. Ma non lo definirei un tema nazionale. Quando ti chiudono i presidi vicino casa, quando non c’è il personale sanitario e le liste di attesa si allungano, quando ci vogliono mesi per visite routinarie, è chiaro che il tema diventa drammaticamente vicino e concreto. Quando Stefania Proietti ha strappato il programma del centrodestra sulla privatizzazione della sanità umbra, è stata la svolta della campagna. E non solo sui social, dove i numeri nell’ultimo mese sono stati incredibili. Quel gesto diceva a tutti chiaramente qual era il suo programma: cambiare verso alle politiche del centrodestra sulla sanità».
In Umbria la partita si è decisa al centro?
«Le elezioni si vincono quando sei più convincente del tuo avversario. Stefania è certamente un’amministratrice, ambientalista e orgogliosamente cattolica. Ma non ha fatto una campagna “moderata”. Come Ferdinandi prima, Proietti ha battuto palmo a palmo la Regione e i 92 Comuni. Ha fatto decine di sit-in di fronte agli ospedali, molti con un megafono. Una campagna quasi old style, integrata con l’utilizzo sapiente dei nuovi e vecchi media. Dopodiché non c’è dubbio che un voto più moderato e centrista abbia scelto Stefania Proietti. Ma già come avvenuto a Perugia, questo elettorato sceglie chi pensa possa essere il migliore amministratore».
Però la lista riformisti e civici ha incassato solo il 2,3%…
«Difficile fare questi calcoli. Oltre la lista citata, sia la lista della presidente che parte della lista dei Civici umbri avevano questo tipo di profilo. Dal mio punto di vista tutte sono state fondamentali per questo successo clamoroso».
Quanto ha pesato la figura centrista di Proietti?
«Proietti ha preso 21mila voti più delle liste. Non c’è dubbio che la sua figura abbia più che funzionato. Se devo usare una definizione, civica è la più appropriata. Mi pare che abbia funzionato tutto come doveva. Candidata radicata e super competitiva, partiti locali concentrati a mettere da parte singoli interessi, leader nazionali (tutte e tutti) generosamente per un mese e mezzo in campagna elettorale».
Se la coalizione avesse scelto un candidato più schiacciato a sinistra avrebbe rischiato di perdere?
«La candidatura di Proietti non è nata in un giorno. La coalizione del Patto Avanti (cioè Tommaso Bori Pd, Betta Piccolotti Avs, Thomas De Luca M5S a cui si è aggiunto Giacomo Leonelli Azione) hanno lavorato nell’ultimo anno per costruire le condizioni perché si vincesse prima a Perugia e poi in Umbria. Nel primo caso hanno scelto una candidata molto orientata a sinistra, nel secondo un’amministratrice civica ambientalista e cattolica. Mi pare che entrambe fossero le candidate perfette, per il contesto, per il momento e il modo in cui hanno condotto le campagne».
Insomma, il campo largo è competitivo solo se è davvero largo. Ma continuano a piovere veti incrociati su Calenda e Renzi…
«Ma se lo chiamassimo Alleanza per l’Italia? A parte la battuta, quello che voglio dire è che per battere Meloni e la destra serve una proposta di governo per il paese, in cui un elettorato largamente maggioritario in Italia si possa riconoscere. Le vittorie aiutano secondo me questo percorso. E l’ottimo stato di salute del Pd e della leadership di Schlein è il miglior viatico».
Invece Tesei non è riuscita a convincere molti moderati. Colpa dell’ombra di Bandecchi?
«Di solito si dice “chi vince festeggia e chi perde spiega”. Detto ciò, non sono molto convinto che aver fatto un’alleanza last minute con Bandecchi abbia aiutato. Anzi, direi il contrario, a guardare proprio i dati di Terni».
Eppure Forza Italia passa dal 5,5% al 9,7%…
«Forza Italia è un partito in salute e in Umbria il suo leader è Andrea Romizi, ex sindaco di Perugia molto amato. Secondo me se fosse stato lui il candidato, la partita sarebbe stata molto più difficile».