Le casse del Governo non godono di buona salute e proprio sulla salute, questa invece dei cittadini, il Governo sceglie di “risparmiare”. Lo psichiatra Paolo Crepet descrive i danni di simili tagli, non riuscendo proprio a capirne la ragionevolezza.

Professore, il Governo di Giorgia Meloni nell’ambito della nuova Legge di Bilancio ha cancellato il fondo da 25 milioni di euro, istituito nel 2021, per la lotta ai disturbi alimentari (DCA). Questo di fronte a numeri drammatici: in Italia tre milioni di persone soffrono di DCA, il 10% sono giovani donne. Non è tutto: nel nostro Paese ogni giorno muoiono, a causa dei disturbi alimentari, nove persone. Come legge questa sforbiciata?
«I disturbi alimentari sono un’emergenza all’interno della salute mentale da lustri. Avere dati certi è un problema, l’Istituto Superiore della Sanità che dovrebbe essere quell’istituzione che ci dà informazioni aggiornate e credibili non svolge proprio bene il suo lavoro. In realtà non sappiamo bene neanche cosa faccia il Ministero della Salute: dell’influenza non se ne parla, del Covid nemmeno. Mi sembra che, volendo cucire insieme le cose, l’atteggiamento di questo Governo sia quello della totale omissione. Cioè la politica come omissione. Siccome i disturbi alimentari sono emblematicamente (e metaforicamente) un disturbo del nutrimento delle nuove generazioni capisco bene che chi governa non voglia assumersi questa responsabilità e quindi la prima cosa che si fa è tagliare. Al di là del fatto che sono questioni da ragioniere burocrate che pensa: devo tagliare, impugna la forbice e non sa nemmeno cosa sta tagliando. Questo è un taglio particolarmente odioso perché io avrei capito che il Ministero ci dicesse: così non va, la programmazione economica che finanzia i servizi per l’alimentazione così com’è non va e quindi facciamo così. Invece, a fronte del nulla, con quale cattiveria si può non dare a una risposta a migliaia di famiglie? Io capisco che i cuori teneri non sono oggi di moda perché c’è una sorta di virilizzazione della politica e quindi capisco che non siano cose che interessino però se io traduco questo problema in un altro modo e cioè nel modo che loro capiscono di più: quello economico».

Parliamo, quindi, dei danni sanitari secondari?
«Esattamente. Consiglierei alla Premier di capire cosa vuol dire l’espressione danni sanitari secondari. Il danno sanitario secondario è ciò che la malattia produce al di là del malato. Se una madre ha una figlia che smette di mangiare, lei non lavora più o chiederà permessi, ferie, o passerà da un lavoro a tempo pieno a uno part-time e magari così sarà costretto a fare pure il padre. Questo comporta un aggravio economico che solo un inetto può non considerare. Perché se ci sono mille casi di anoressia ogni anno, vuol dire che ci sono mille famiglie che stanno vivendo un dramma: parliamo di alcune migliaia di persone che devono dedicarsi al familiare in difficoltà. C’è una costellazione di danni collaterali. Queste cose sono state studiate e dimostrate ma siccome i nostri politici non studiano, non le sanno. E io non mi preoccupo solo dei disturbi alimentari».

Cosa intende dire?
«Io in generale mi chiedo: cosa fa il Governo per gli adolescenti più fragili? I disturbi alimentari sono collegati a una serie di altri disagi, relazionali, affettivi, sessuali. Sono legati, secondariamente, ad altri comportamenti a rischio. È dimostrato, per esempio, che la bulimia è strettamente collegata all’abuso di alcol e droghe. Il non occuparsi di queste cose qui è come dire che i nostri governanti, perché di questo si parla, dicono: chi se ne frega (e utilizzo un termine volutamente fascista) dei ragazzi. Siamo passati da Don Milani e il suo I Care al chi se ne frega di questo governo che ogni tanto spara l’ora di educazione sentimentale: ma ci rendiamo conto che per una ragazzina che pesa 36 chili, l’ora sentimentale forse è complicata? Il pensiero sarebbe: non badi a me. Ma forse per questo oggi ci sono quei bei programmi televisivi… Senza considerare la pericolosità del mondo nel quale viviamo: social e tv propinano la perfezione fisica e se non sei come loro, semplicemente non sei. È una perfezione che fa male».

Prima del taglio del fondo per i DCA, il Governo ha impugnato la forbice per tagliare il contributo al centro di ricerca voluto da Rita Levi Montalcini e nelle stesse ore ha destinato due milioni di euro in più per i collaboratori del Ministro dell’Agricoltura Lollobrigida. Queste sforbiciate sono indicative delle priorità del Governo Meloni?
«Sì, innanzitutto sono indicative dell’ignoranza di questo governo. Conosco bene il centro di Rita Levi Montalcini ed è un’eccellenza. Con le ricerche dei medici del Centro si è arrivati a creare un collirio in grado di rigenerare la cornea. E lo produce un’azienda italiana. Il Governo non sa neanche questo. Il famoso made in Italy, visto che c’è l’altro signore che se ne occupa, sarebbe bene che lo sapessero. Il made in Italy non è rappresentato solo dai pomodori del Vesuvio che sono importantissimi ma è anche il biotech: aziende che producono brevetti che si vendono nel mondo. I ministri lo sanno o non lo sanno? Mi pare di no. Ma poi, hanno tolto i fondi al centro perché Rita Levi Montalcini era di sinistra? Non voglio credere che ci sia una questione ideologica. Anche perché in quel centro (e uso un altro termine gradito) ci lavorano tutti italiani, tutti patrioti. E poi per mangiare i pomodori di Lollobrigida bisogna investire in salute altrimenti chi li mangia? Per il bene di Lollobrigida, dico: aiutiamo i ragazzi a stare bene».

Cosa direbbe a Giorgia Meloni?
«Che prendersela con la parte più fragile di una società fragile è da ignoranti e da cinici. Il Governo dimostra di non fare politica: questa è roba da politicanti. Piccoli politicanti che non sanno nemmeno di cosa stanno parlando. Perché mi rifiuto di pensare che questi tagli siano figli di un’ideologia, devono essere figli dell’ignoranza o pensano che un centro di salute mentale sia un covo di comunisti? Di sicuro alla base di questi tagli, e penso ai tagli per i consultori, c’è un’idea, ma non hanno il coraggio di dirlo: cioè l’idea che non si debba abortire e che la missione della donna sia fare figli».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.