Niente più università per le ragazze e le donne in Afghanistan. Il nuovo divieto è stato emesso dalle autorità talebane: interruzione a tempo indeterminato dell’istruzione universitaria per le donne. Ad annunciarlo il ministero dell’Istruzione superiore in una lettera inviata a tutte le università governative e private del Paese. La lettera è stata confermata e diffusa dall’emittente locale Tolo News.
“Vi informiamo di attuare il citato ordine di sospendere l’istruzione femminile fino a nuovo avviso”, si legge nella missiva firmata dal ministro dell’Istruzione superiore, Neda Mohammad Nadeem. Soltanto meno di tre mesi fa migliaia di ragazze e di donne hanno sostenuto gli esami di ammissione per le università in tutto il Paese. Alle ragazze era già stato negato l’accesso alle scuole secondarie del Paese.
È l’ulteriore prova del tradimento di quella promessa di maggiore flessibilità che i talebani avevano garantito dopo il ritorno al potere nell’estate del 2021, con la rovinosa ritirata degli statunitensi e le immagini della gente in fuga che hanno fatto il giro del mondo. Kabul è tornata all’interpretazione ultra rigorosa dell’Islam proprio com’era successo nel loro primo periodo al potere, tra il 1996 e il 2001.
Le misure liberticide hanno colpito in particolare le donne, con questo ultimo step ulteriormente escluse dalla vita pubblica del Paese e da percorsi di formazione e istruzione. Il 23 marzo scorso, poche ore dopo la riapertura, i talebani avevano già vietato alle studentesse di frequentare la scuola oltre il sesto grado, l’equivalente della prima media. Le donne sono state infatti escluse dalla maggior parte dei lavori, è stato negato loro accesso a parchi e palestre, è stato ordinato loro di indossare abiti che coprissero dalla testa ai piedi in pubblico.
“I talebani non possono aspettarsi di essere un membro legittimo del comunità internazionale fino al rispetto dei diritti di tutti afghani, in particolare i diritti umani e la libertà fondamentale di donne e ragazze”, ha detto il vice ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Robert Wood. Condanna del gesto anche da parte del portavoce del dipartimento di Stato americano Ned Price.