Roberto Morassut, deputato dem, un passato da amministratore del Comune di Roma, assessore all’Urbanistica e a Roma capitale nella giunta Veltroni, la Capitale e le sue tortuose dinamiche politiche le conosce molto bene. Il Riformista l’ha intervistato.

Quando sembrava ormai certa la candidatura di Nicola Zingaretti a sindaco di Roma, il Movimento cinque stelle ha, di fatto, messo uno stop. È a rischio, a questo punto, l’alleanza futura tra Pd e 5Stelle?
Personalmente non ho mai creduto troppo alla possibilità che il Movimento Cinque Stelle ritirasse la candidatura di Virginia Raggi. Chi conosce la realtà di Roma sa benissimo che ella, pur con tanti dissensi interni, è l’unica figura che può consentire a quel partito di avere a Roma un risultato percentuale dignitoso. Perché avrebbero dovuto rinunciarvi? Conseguentemente mi è parso sempre improbabile, pur nella evidenza della forza dei sondaggi, l’ipotesi di un impegno di Zingaretti in una competizione contro la Raggi, proprio nel momento della complessa costruzione di una coalizione regionale tra Pd e Cinque Stelle. A Roma è impossibile superare le profonde distanze tra noi e Virginia Raggi circa il giudizio su questi anni di amministrazione, sulle scelte di governo e su tanto altro. Ciò non toglie che vi possa essere, invece, un dialogo con quelle forze interne al Movimento che si sono distinte clamorosamente da questa amministrazione e che vogliono aprire una fase diversa ma le forme in cui potrà svilupparsi questo dialogo vanno viste e misurate sul campo e sui temi reali.

Conte ha detto che il M5s sosterrà compatto la Raggi che ha lavorato bene e che il primo turno sarà una sorta di primaria di coalizione e che chi non va al ballottaggio sosterrà l’uno o l’altra.
Noi diamo un giudizio radicalmente diverso sull’operato della Giunta Raggi e che ci differenzia da quello che ne danno Conte o Di Maio. Su questo non vi potranno essere equivoci in campagna elettorale e mi aspetto un confronto netto e senza ipocrisie pur nella civiltà dei toni che, comunque è un presupposto in sé. Al ballottaggio non andrà la Raggi. E se il candidato del centrosinistra e del Pd sarà Gualtieri, il ruolo di Giuseppe Conte sarà decisivo per avvicinare le distanze. Al primo turno il Pd dovrà, a mio modo di vedere, condurre una campagna basata su un messaggio chiaro e coerente di contenuti e di proposta politica su un doppio fronte: contro la destra, che di fatto è la stessa dei tempi di Alemanno nelle figure e nei riferimenti in città, e di netta critica verso l’operato di questa Giunta. Senza inutile aggressività, perché i toni in politica contano e restano ma anche senza false diplomazie, perché le incertezze nei giudizi sono altrettanto dannose. Con grande forza bisogna anche fare delle autocritiche e dire che vogliamo aprire una stagione nuova per Roma cambiando anche come Pd e dando un forte carattere civico al nostro schieramento. Quindi liste civiche della coalizione e liste aperte del Pd, una lista dei “Democratici” che faccia entrare forze nuove, fresche e radicate al fianco delle forze più organiche e di partito. Ricordiamoci che c’è una ferita da sanare con una parte non trascurabile dell’elettorato democratico e di sinistra a Roma: il modo in cui si concluse l’esperienza Ignazio Marino. Dobbiamo dimostrare che quel Pd lì davvero non c’è più ma c’è un partito aperto, non chiuso.

Gualtieri ha atteso le decisioni su Zingaretti che non avrebbe fatto le primarie e poi si è candidato alle primarie. Non esce indebolito da questo passaggio e dal fatto di dover fare le primarie?
Il tentativo sulla possibile candidatura di Zingaretti andava fatto. Questo sbocco nulla toglie però alla credibilità e autorevolezza della candidatura di Gualtieri. Posso sbagliare ma sono convinto che, a questo punto, per come si sono messe le cose, le primarie potremmo evitarle. Con ciò non voglio togliere nulla agli altri potenziali candidati, tutte persone di valore, ma cerco di ragionare politicamente e in modo libero. Il candidato del Pd è Gualtieri ed è largamente sostenuto dal resto della coalizione. Questa di Roma è una battaglia politica e la forza, la nettezza di una scelta conta. Soprattutto in questo momento in cui si vorrebbe far passare il Pd per un partito incerto. Ma ripeto, è un’opinione personale libera e disinteressata. E comunque il segretario Enrico Letta ha detto con nettezza che il Pd nelle primarie avrà un solo candidato. Monica Cirinnà ha, con nobiltà, deciso di sostenere Gualtieri. Credo che la gente ora si aspetti questo: unità e determinazione. E lo dico da convinto sostenitore di una idea di partito aperto. Starà al candidato sindaco e alla sua squadra costruire poi uno schieramento di grande respiro e apertura.

Una proposta politica che si differenzi dalla destra e dalla Raggi su cosa deve basarsi?
Penso che i romani sentano in primo luogo il bisogno di un’amministrazione seria, onesta e affidabile. Un’esigenza basica, tuttavia smarrita da oltre dieci anni. È un’esigenza che sentono anche i dipendenti capitolini che oramai lavorano avendo dietro una politica fragile, inadeguata, talora opaca che non dà sicurezza e non incoraggia l’assunzione di responsabilità, favorendo molto spesso una “paura della firma” che va ben oltre le tradizionali lentezze della burocrazia. Tutto questo deve finire e occorre che si faccia avanti una classe dirigente vera. Questa è la nostra carta, giocarla non sarà facile ma è fondamentale. Tutto questo è il presupposto per affrontare anche a Roma la via della transizione eco-digitale per la quale le condizioni di base di cui Roma dispone sono enormi: immenso capitale naturale, grandi riserve idriche, paesaggio e storia impareggiabili, bacini di ricerca e conoscenza di livello internazionale. Si tratta di organizzare queste risorse in un “sistema” più sostenibile e più giusto socialmente, che crei sviluppo e lavoro. Per farlo bisogna affrontare alcuni nodi critici che rappresentano degli ostacoli: il ciclo dei rifiuti, la criminalità che signoreggia in troppi quartieri, trasporti e servizi sociali di prossimità di basso livello. Personalmente ritengo che un salto di efficienza potrà determinarsi in modo definitivo riformando l’ordinamento della Capitale nella direzione di tutte le capitali europee che hanno poteri di legislazione autonoma. Il prossimo sindaco, mentre amministra giorno per giorno, dovrà guidare questo processo costituente e farsene interprete. In Parlamento ne stiamo discutendo anche grazie a una proposta di legge del Pd a mia prima firma che presto arriverà in aula.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.