La sentenza
Giustizia
Niente multe ai No Vax, le ragioni della destra e la scomoda posizione di chi ha già pagato
La possibilità di rivedere le scelte, sia pur contraddicendole, è una fra le maggiori prerogative dei pubblici poteri, se ragionevolmente utilizzata
La (parziale) cancellazione – nel c.d. “milleproroghe” 2025 – delle sanzioni a coloro che avevano eluso l’obbligo di assumere il vaccino anti Covid-19 si presta, a prima lettura, a plurime interpretazioni. Secondo una linea di realpolitik, la scelta evidenzia il primo, tangibile allineamento alla nuova amministrazione americana, stante la nomina di Kennedy jr., noto per le sue posizioni no-vax. La seconda, pessimista, si collega al pensiero di un noto giurista del secolo scorso che predicava la pazienza dinanzi a norme contraddittorie, in quanto – a suo dire – il legislatore è anche all’occasione un “dissociato mentale”. C’è però una ulteriore variabile investigativa della vicenda che qui si passa ad illustrare. Non sembra suscettibile di dubbio che i vaccini siano una rilevante ed indiscutibile conquista scientifica. Proprio perché rappresentano una vetta della evoluzione medica, caratterizzante società evolute, i vaccini pongono parimenti il problema della generalizzazione dei trattamenti sanitari obbligatori, stante le possibili conseguenze negative che dalla loro somministrazione possono arrecarsi ai vaccinati. V’è quindi un difficile punto di equilibrio da raggiungere fra tutela della salute collettiva, pubblica e rispetto della volontà del singolo.
Il diritto alla salute
Come ha osservato la Corte Costituzionale, “l’imposizione dell’obbligo vaccinale non può ritenersi irragionevole. Deve considerarsi che la scelta costituisce una delle possibili modalità di contemperamento tra la dimensione individuale e quella collettiva del diritto alla salute. Essa, infatti, rappresentava una risposta alla emergenza pandemica portatrice di una serie di vantaggi, in considerazione della situazione sanitaria in atto, per affrontare la quale era indispensabile assicurare una tempestiva e uniforme attuazione dell’obbligo vaccinale”, (Corte Costituzionale sentenza del 5 ott 2023 n. 185).
Può allora concludersi che eccezionalmente – ripetesi, eccezionalmente – la scelta del legislatore di rivedere il meccanismo sanzionatorio sia legittimata dalla superiore finalità di chiudere, anche sul piano afflittivo, una pagina epidemica, fra le più dolorose della storia planetaria. È noto che il potere di rivedere le proprie scelte, sia pur contraddicendole, è una fra le maggiori prerogative dei pubblici Poteri, se ragionevolmente utilizzata: il divario rispetto al singolo è, infatti, di rilevante spessore, posto che per il cittadino vige generalmente il divieto di venire contra factum proprium.
La macchina punitiva bloccata
Orbene, è stata giusta la determinazione del Parlamento di sanzionare, in quel momento topico, coloro che rifiutavano la vaccinazione, attesa la drammaticità e soprattutto la scarsa conoscenza del fenomeno in atto, giustificabile la successiva determinazione – quasi una pax vaccinale – di bloccare la macchina punitiva, ora (e solo ora) che l’emergenza – si spera – sembra passata e lontana.
Se questo contesto esplicativo fosse valido, ne risulterebbe anche la razionalità del mancato rimborso a chi ha già pagato. È il fattore tempo che assume, infatti, rilevanza decisiva: è esclusivamente la valutazione all’oggi (hin et nunc) che offre la possibilità di rivedere la scelta comminatrice, valida – giova ancora ribadirlo – nel momento in cui le sanzioni erano da considerarsi indispensabili.
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