In onore della libertà d'informazione
Nobel per la pace a Muratov e Ressa, reporter senza paura

In memoria, e in onore, delle tante e dei tanti che hanno perso la vita per raccontare verità scomode, per aver documentato crimini, abusi, guerre dimenticate, corruzione, in ogni angolo del pianeta. Per aver mantenuto la schiena dritta di fronte ad autocrati, “sultani”, “zar”, generali, emiri, in nome di un bene prezioso e in molte parti del mondo, sempre più introvabile: la libertà d’informazione. I giornalisti Maria Ressa e Dmitry Muratov sono i vincitori del Nobel per la Pace 2021. Il Comitato norvegese per il Nobel ha deciso di assegnare il riconoscimento ai due professionisti dell’informazione «per i loro sforzi per salvaguardare la libertà di espressione, che è precondizione per la democrazia e per una pace duratura».
Ricevono il premio per la Pace, si legge nel comunicato che accompagna l’annuncio, «per la loro coraggiosa lotta» per garantire la libertà di espressione rispettivamente «nelle Filippine e in Russia» e allo stesso tempo, scrive il comitato norvegese, «sono rappresentanti di tutti i giornalisti che difendono questo ideale in un mondo in cui la democrazia e la libertà di stampa affrontano situazioni sempre più avverse». Co-fondatrice e tuttora a capo di Rappler, una società di media digitali che si occupano di giornalismo investigativo, Maria Ressa, scrivono ancora tra le motivazioni «usa la libertà di espressione per denunciare abusi di potere, uso della violenza e crescente autoritarismo nel suo paese natale», le Filippine appunto. In particolare Rappler si è occupato della controversa campagna antidroga del regime di Rodrigo Duterte. Una campagna che, sottolineano da Oslo, ha portato a «un numero di morti così alto» da «assomigliare a una guerra contro la stessa popolazione». La giornalista ha anche documentato come i social media «vengano utilizzati per diffondere fake-news» e per «manipolare l’opinione pubblica».
“Persona dell’anno 2018” per il Time, insieme ad altri giornalisti che combattono fake-news, nel 2019 è stata arrestata per diffamazione online per delle informazioni pubblicate da Rappler riguardanti l’uomo d’affari Wilfredo Keng. Nel 2020, il tribunale di Manila l’ha dichiarata colpevole e molti, vista la sua aperta contrapposizione al governo Duterte, hanno considerato l’atto come politicamente motivato dal governo filippino. Dmitry Andreyevich Muratov è il fondatore del giornale Novaja Gazeta nel 1993, ed è anche uno storico direttore della testata, la stessa in cui scriveva Anna Politkovskaja, autrice di inchieste sulla guerra in Cecenia e assassinata il 7 ottobre 2006 a Mosca in circostanze non ancora chiarite. Oggi, scrivono da Oslo, «è il giornale più indipendente in Russia, con un atteggiamento fondamentalmente critico nei confronti del potere» e il suo giornalismo «basato sui fatti» e l’«integrità professionale» della testata, lo hanno reso «un’importante fonte di informazioni su aspetti censurabili della società russa raramente menzionati da altri media».
La testata ha pubblicato fin dall’inizio «articoli critici su argomenti che vanno dalla corruzione, alla violenza della polizia, agli arresti illegali, alle frodi elettorali, all’uso delle forze militari russe sia all’interno che all’esterno della Russia». Articoli ai quali, sottolinea il comitato che assegna il premio, «gli oppositori hanno risposto con vessazioni, minacce, violenze e omicidi», tra cui, appunto anche quello di Politkovskaja. Uccisioni e minacce non hanno però fermato Muratov che si «è rifiutato di abbandonare la politica indipendente del giornale», difendendo costantemente «il diritto dei giornalisti di scrivere tutto ciò che vogliono e su ciò che vogliono purché rispettino gli standard professionali ed etici del giornalismo». Dmitry e Maria: il giornalismo che dà speranza.
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