Il ricordo dell'ex leader socialista
Noi figli della rivoluzione di Craxi
C’è una Italia che cambierà per sempre e una politica che morirà definitivamente. C’è un intero Paese che sarà vittima e nello stesso tempo complice. Il mondo non è stato affatto cambiato. Ma i politici di una volta, quelli insultati sotto una pioggia di monetine, non ci sono più. Sono stati sconfitti dalla mancanza di coraggio di tutti gli altri uomini politici: dai loro silenzi (che erano assenso), dalla loro complicità. Che, nel salvarsi, hanno determinato la debacle, aprendo una crepa dalla quale poi è entrato di tutto e non è uscito nulla. Se non quello che si doveva mettere via.
Bettino Craxi ebbe il coraggio di dire di sè, e degli altri, in quello storico discorso del 3 luglio 1992 che “se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale”. Basterebbero queste poche parole a far capire, a chiunque, anche a un bambino, come trent’anni fa nella sacralità dell’Aula di Montecitorio un politico – leader di una delle principali forze di governo del Paese – si autodenunciava e denunciava il sistema: “Non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro”.
Ventitre anni fa moriva un gigante della politica italiana. Moriva lontano dalla sua terra. Io avevo 22 anni e stavo terminando i miei studi in giurisprudenza. Seguivo quelle vicende con la passione politica ereditata dalla mia famiglia, ma anche con la sete che può avere uno studente di legge alla fine del suo percorso di laurea. Un anno dopo la morte di Bettino vengo eletto segretario provinciale dei Giovani Socialisti della mia città. Quando Craxi pronunciò quel discorso alla Camera io avevo 14 anni. Sono un giovane socialista cresciuto sotto l’ala protettiva del grande pantheon del mio partito, ma sono uno di quei tantissimi giovani che allora come oggi crede fortemente nell’autonomia socialista, nel riformismo e nella possibilità di rappresentare anche i ceti sociali più innovativi. Anche io, e come me tanti, con Bettino Craxi abbiamo vissuto a pieno quella stagione di ammodernamento della politica, quella che arrivò molti anni prima delle politiche socialdemocratiche tedesche e dei laburisti inglesi.
In Italia, da quel momento in poi, non ci sarà mai più una spinta così moderna, innovativa. Un Paese orgoglioso della sua storia, della sua bellezza, della sua genia, e tutto ciò con uno sguardo sempre attento agli ultimi. Mantenendo uno stato sociale forte, pronto a intervenire e accompagnare la crescita in maniera orizzontale. Siamo tutti figli di quella grande rivoluzione, che non tutta la sinistra seppe fare e capire. Peccato. Grazie Bettino.
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