Il menu di fine anno è ricco e impegnativo. Preoccupa più il decreto rave che deve essere convertito alla Camera della legge di bilancio che arriva stamani al Senato. Ma in realtà il governo è già oltre. Considera entrambi i provvedimenti approvati e sta lavorando pancia a terra per chiudere entro il 31 dicembre i 55 obiettivi del semestre nell’ambito del Pnrr. La maggioranza insiste anche per un decreto ad hoc per lo scudo penale saltato nella legge di bilancio per l’alzata di scudi delle opposizioni.

Più facilmente scivolerà all’inizio del prossimo anno. “Farlo adesso, subito, suonerebbe come una provocazione” dice una fonte parlamentare di maggioranza. Ma proprio questo provvedimento e il tormentato iter di approvazione della legge di bilancio illuminano dinamiche complesse all’interno della maggioranza, nello specifico tra Fratelli d’Italia e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti (che gode del secondo maggior gradimento dopo Meloni) e, per suo tramite, con il direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera e lo stesso legislativo del ministero.

Un menu ricco, si diceva, che va visto voce per voce. Sapendo che in agenda ballano già due consigli dei ministri: uno stamani, presto, soprattutto per dare il via libera ai funerali di Stato per le esequie del presidente del Consiglio di Stato Franco Frattini. Il secondo potrebbe essere mercoledì pomeriggio dedicato soprattutto al Pnrr. Giorgia Meloni punta a fare la conferenza stampa di fine anno giovedì 29 con la manovra in tasca. E il Pnrr pure. Significherebbe affrontare le domande dei giornalisti con la certezza dell’approvazione. Anche per evitare facili contestazioni: a Giuseppe Conte e Mario Draghi è stato rinfacciato di aver celebrato quel rito mai facile senza il via libera alla legge di bilancio e mentre il Parlamento era impegnato in aula.

Rispettare il timing richiesto dalla premier significa che la manovra passerà dal Senato giusto il tempo di un visto si stampi, un passaggio parlamentare di appena 48 ore tra Commissione e aula tanto finto quanto vuoto. Alla faccia del bicameralismo e della centralità del Parlamento che, si può dire, mai come in questa occasione sono stati sacrificati. E proprio da chi, Fratelli d’Italia, aveva fatto di questo argomento una delle critiche più feroci ai governi in carica. Lo sapremo stamani quando la capigruppo di palazzo Madama darà la scaletta dei lavori. Tutti cambiano quando hanno la responsabilità di governo. Nessuno escluso. Neppure Meloni e Fratelli d’Italia. Le opposizioni hanno tirato il freno a mano nella lunga notte tra il 23 e il 24 per il via libera alla Camera. Nessuna forza politica punta all’esercizio provvisorio (approvazione del Bilancio dopo il 31 dicembre) perché sarebbe un guaio per tutti. Lo stesso atteggiamento responsabile è garantito nelle prossime 48 ore al Senato. Non è stata una responsabilità pro bono. Il cambio merce è stato chiaro: nessuno ostruzionismo da parte delle opposizioni; in cambio la maggioranza ha congelato lo scudo penale per i reati tributari.

Congelare non significa cancellare. E infatti lo scudo penale per reati come omessa dichiarazione, omesso versamento e dichiarazione infedele sarà riproposto “quanto prima”. Fonti di Forza Italia hanno indicato “un provvedimento ad hoc nel primo consiglio dei ministri disponibile”. Nella diatriba se la paternità del provvedimento fosse di Forza Italia (“ecco, il solito Berlusconi è stato il primo commento), si è poi scoperto che il primo tifoso della norma si chiama Maurizio Leo ed è il viceministro che Giorgia Meloni ha messo al Mef per fare da guardiano a Giorgetti. Il quale, capita l’antifona, lavora soprattutto con i propri collaboratori coinvolgendo il vice e i sottosegretari solo per lo stretto necessario. In un’intervista a Repubblica, il viceministro Leo fa scivolare su Giustizia (nello specifico sul viceministro Francesco Paolo Sisto) l’iniziativa su questo dossier.

Ma non può prenderne le distanze visto che fu lui a farla filtrare sui giornali mentre Meloni e Giorgetti erano impegnati nel lontano Oriente per il summit del G20. Oggi Leo difende il governo dal sospetto di essere “amico” degli evasori, “undici condoni” sono in realtà forme evolute di “compliance fiscale spontanea”, sorta di emersione e autodenuncia con pagamenti dilazionati nel tempo e qualche sconto. E giustifica la necessità di norme “non punitive nel caso in cui il contribuente sani la propria posizione con il fisco”. Tutto indizi per cui molti in maggioranza sono convinti che “lo scudo penale sarà ripresentato presto”. Giorgetti non ne vuole sapere. Meloni non è chiara. Di sicuro si è aperto un fronte tra Giorgetti e Fratelli d’Italia: è stato il fedelissimo di Meloni Federico Mollicone ad attaccare “la struttura del Mef, i tecnici che ci hanno abbandonato nelle notti in Commissione” per cui poi sono venuti fuori i pasticci e le 44 raccomandazioni.

Lo scontro al Mef è da tenere sotto controllo nelle prossime settimane. Si apre una stagione di nomine con il rinnovo dei cda di 67 società partecipate di primo e secondo livello, Eni, Enel, Ferrovie, Leonardo, Poste. Si parla di centinaia di posti. Si tratta del vero potere del Stato. Si potrà qui misurare a che punto è il sovranismo di Meloni e il draghismo di Giorgetti. Che difende a spada tratta la sua struttura tecnica. Alla fine, se uno va in cerca di un po’ di suspence immediata, conviene puntare gli occhi sulla Camera, sul decreto rave che deve essere convertito entro il 30 dicembre. Altrimenti decade. Cosa che non dispiacerebbe a molti. Anche nella maggioranza. Vedi Forza Italia. Il decreto rave è stato il primo del governo ed è diventato in fretta il contenitore di un mix di misure poco omogenee, i rave ma anche i medici no vax, l’ergastolo ostativo ma anche l’abolizione delle multe per gli stessi medici no vax. L’ostruzionismo delle opposizioni stavolta potrebbe scendere in campo.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.