Andrebbe riesumata non questa evocata dal titolo ma un’altra indimenticabile espressione, molto più volgare, dell’immobiliarista Ricucci, per definire la strategia di Elly Schlein sulle nomine Rai, tema che appassiona la politica italiana più di Medio Oriente, Ucraina e debito pubblico messi insieme.

In sostanza la segretaria del PD esce dalle designazioni di ieri portando a casa tre risultati senza pagare dazio. Il primo, simbolicamente significativo, è che per la prima volta nella sua storia (almeno a nostra memoria) il PD si chiama formalmente fuori dalla giostra dei nomi, non partecipando al voto in Parlamento: una novità che la stessa Schlein ha voluto sottolineare come “coerente” con una strategia (aventiniana?) evidentemente più generale. Salvo che – veniamo al secondo risultato – uno degli eletti che i partitini minori del centrosinistra si sono intestati nella circostanza, Roberto Natale, è un vecchio lupo di mare collegato a triplo filo alla storia dell’Usigrai e della sinistra postcomunista in Rai: un piddino di complemento, in sostanza.

Il terzo risultato della Schlein lo ha già messo nel conto il buon Giuseppe Conte, che al momento porta a casa un consigliere, ma teme quello che accadrà quando la partita si concluderà con le nomine vere, che riguardano le direzioni di testate, canali e vari assetti di governance.

La mossa demagogica

Lì il PD potrà far valere intrecci e accordi trasversali (che in Rai sono come l’aria che respiriamo), ai quali pare stia lavorando alacremente quella new entry nel centrosinistra che non sembra avere tanti voti ma quanto a manovre sotterranee possiede una riconosciuta maestria. Dunque tutto bene per Elly? Vedremo gli sviluppi della storia. Per ora la segretaria del PD fa leva su una mossa demagogica e lascia impregiudicata la possibilità di dire la sua quando ci sarà da spartire la ciccia. Anche se nel frattempo, con le nomine di ieri, il cosiddetto campo largo può considerarsi morto e sepolto. Con le furbate non si va lontano.