Elly Schlein lo aveva detto subito, la notte della sua elezione alle primarie del Partito Democratico. “Ancora una volta non ci hanno visto arrivare”. Non era mai successo che una donna arrivasse al vertice del Partito di centrosinistra. E Giorgia Meloni ieri, in occasione del nuovo allestimento della Sala delle Donne alla Camera, ha ribadito: “Il fatto di essere sottovalutate è un grande vantaggio, perché spesso non ti vedono arrivare”. Ed era stata erroneamente definita come una citazione della segretaria dem, quella della prima donna Presidente del Consiglio nella storia della Repubblica italiana. Sia l’una sia l’altra, la leader del governo e quella del secondo partito più numeroso in Parlamento, hanno citato lo stesso punto di riferimento femminista: They didn’t see us coming – La storia nascosta del femminismo negli anni 90.

L’autrice è Lisa Levenstein, direttrice del programma di studi sulle donne, il genere e la sessualità e professore associato di storia all’UNC Greensboro in Carolina del Nord. Levenstein in quel saggio tracciava il percorso di donne e attiviste, omosessuali, nere, dai margini della società al centro, di come il loro movimento abbia gettato le basi per l’attivismo femminista degli ultimi anni. La studiosa ha ammesso di osservare con curiosità e interesse quello che sta succedendo in Italia ma senza retorica. “Il solo fatto di avere una donna al potere non è necessariamente una vittoria per le donne. Se le donne conservatrici sostengono politiche che danneggeranno attivamente altre donne e i loro figli (cosa che fa la maggior parte dei politici di destra), allora non è una vittoria per il femminismo averle in carica”, ha commentato all’Ansa.

Certo non era mai successo in Italia che ci fossero contemporaneamente due donne, ai vertici dei più importanti partiti, a capo del governo e dell’opposizione. Due donne che non potevano essere più diverse: per ideologia, estrazione sociale, posizioni, modello culturale e sociale. “Sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana”, aveva detto la leader di Fratelli d’Italia in un discorso a Piazza San Giovanni a Roma nel 2019 diventato emblematico di una scalata inarrestabile costruita passo dopo passo. “Sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna”, aveva replicato nel comizio finale della campagna elettorale per le ultime politiche dello scorso settembre in Piazza del Popolo a Roma Schlein a pochi mesi dalla rimonta inedita e fulminante alle primarie del partito. Accomunate solo dal loro essere in qualche modo “underdog”, sfavorite alla partenza, non le hanno viste arrivare appunto.

Levenstein dice però che Meloni l’ha fraintesa. “Potremmo chiederci come mai Giorgia Meloni pensi che sia un vantaggio manovrare dietro le quinte, fuori dagli occhi del pubblico, senza essere visti. Non è certo quello che le femministe degli anni ’90 e di oggi si sforzavano di ottenere. E non è quello a cui si riferiva Elly Schlein citando il titolo del mio libro”. La vittoria di Elly Schlein è invece “una pietra miliare da cui le femministe statunitensi possono trarre insegnamento nel tentativo di dare a un maggior numero di donne la possibilità di assumere posizioni di leadership nel nostro paese e nel mondo. Schlein è in linea con l’orientamento internazionale del movimento femminista”. Per la studiosa le battaglie più importanti per il femminismo oggi sono quelle per la giustizia riproduttiva, l’accesso all’aborto, la giustizia economica, le discriminazioni razziali, i diritti dei disabili, la violenza domestica, i diritti LGBTQ.

Levenstein, figlia di una madre femminista, ha aderito per la prima volta a un movimento quando era studentessa universitaria, negli anni ’90. Si è specializzata nella storia delle donne e delle politiche femministe. Il suo saggio così tanto citato ma spesso frainteso si riferiva al nuovo femminismo che nasceva e si diffondeva negli anni ’90, quando Time si chiedeva “is feminism dead?” mentre era solo cambiato rispetto a quelli degli anni precedenti. “In quegli anni, la maggior parte delle persone non riconobbe il respiro e la profondità dell’organizzazione femminista perché tutti si aspettavano un femminismo sul modello di quello diffuso sui media negli anni Sessanta o Settanta”. E invece secondo lei stava cambiando tutto, stava nascendo qualcos’altro.

Qualcos’altro che vive oggi in Italia una stagione particolare, per combinazione o forse no, proprio a ridosso dell’8 marzo. Il dibattito sul femminismo, sulle leadership femminili in Italia, passerà inevitabilmente da Meloni e Schlein.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.