Residenti in bolletta e sommersi dai debiti
Non esiste solo il deficit: cancellare le disparità è la sfida ma per i candidati
Se Atene piange e Sparta non ride, Napoli singhiozza. Il Corriere del Mezzogiorno ci informa che il reddito medio nei quartieri “in” di Milano supera i 100mila euro, a Napoli – zona Chiaia – si assestano sui 47.300, i posillipini scendono addirittura a a 45.500 (fonte: Ministero del Tesoro, dichiarazioni dei redditi 2020 per il 2019). I “pariolini” romani rispettano la geografia e si pongono più o meno a metà strada tra la capitale economica e quella del Sud, con 68.264 euro. I dati sono inquietanti e confermano che l’Italia è spaccata in due economicamente, anzi peggio: anche dal punto di vista reddituale. Si tratta di una fotografia fondata sull’ottimismo. La “statistica” è sempre bugiarda, come conferma la celebre storiella secondo la quale, se io mangio un pollo e tu digiuni, abbiamo mangiato, in media, mezzo pollo a testa. A gettare nello sconforto più totale sono i redditi medi dei napoletani di Quartieri Spagnoli, Sanità, Tribunali: 13.400 euro. A Ponticelli e a Scampia un cittadino su tre nemmeno presenta la dichiarazione dei redditi.
Proviamo a incrociare l’analisi del Cormezz con quella del Sole24 Ore? Quest’ultimo, il 27 maggio, ha reso noto che la città partenopea è in cima alla classifica per l’extradeficit: 947 milioni di euro. In realtà non è del tutto chiaro il significato di “extradeficit”, soprattutto se si confronta l’importo con l’indebitamento di fine mandato, cioè del conto che il sindaco uscente Luigi de Magistris presenterà ai suoi concittadini prima di trasferirsi in Calabria: i revisori dei conti, per il 2019, scrivono di due milardi e 600 milioni che arriveranno senz’altro a tre miliardi (qualcuno dice addirittura quattro) prima che a Palazzo San Giacomo arrivi il nuovo primo cittadino. Una cifra da panico. I napoletani, quindi, non solo guadagnano molto meno di milanesi, romani, torinesi e fiorentini, ma si ritrovano sommersi dai debiti. Basta, troppi e spaventosi numeri. Limitiamoci ad altri piccoli particolari: un fornitore del Comune di Napoli, per essere pagato, rispettando il famigerato “cronologico”, deve attendere un tempo infinitamente superiore rispetto ai “colleghi” del Nord.
I dirigenti di Palazzo San Giacomo non hanno voluto firmare una delibera per annullare una le multe di una ztl alla quale era stata data poca pubblicità. Paura di danno erariale, terrore della Corte dei Conti. Eppure la cancellazione dei verbali era stata pubblicamente promessa dal primo cittadino. Insomma, redditi bassi e debito “da paura”: i napoletani, se non interviene lo Stato, dovranno rinunziare ai servizi indispensabili e a quelli essenziali (termini noti agli addetti al settore). L’articolo 3 della Costituzione parla di uguaglianza formale e sostanziale. Chiedere che la qualità della vita dei campani sia uguale a quello di chi abita ad Aosta o a Lampedusa è troppo?
I candidati a sindaco, qui a Napoli, al momento, pare siano Gaetano Manfredi, Catello Maresca, Antonio Bassolino, Alessandra Clemente e Sergio D’angelo. Il primo ha chiesto a Parlamento e Governo un “paracadute” finanziario foderato di banconote: sine pecunia non cantantur missae, ma il prete potrebbe essere chiunque. A prescindere dal nome di chi sarà eletto alla guida di Palazzo San Giacomo, dunque, da umile cittadino auspico che quel “paracadute” non sia riservato al candidato del centrosinistra: tutti i cittadini di Napoli hanno il diritto di non schiantarsi al suolo.
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