Facendosi “interventista”, votando l’aumento delle spese militari, “sposando” l’economia di guerra, la sinistra ha negato, cancellato, se stessa. L’articolo su Il Riformista di Donatella Di Cesare ha creato dibattito, suscitato polemiche, fatto schierare. Un confronto che prosegue con Emanuele Fiano, parlamentare dem tra i più impegnati nel campo della politica estera e di sicurezza, già membro della segreteria nazionale del Partito democratico.

Con il voto sul “decreto Ucraina” e quello sull’aumento delle spese militari, si è consumata una rottura insanabile tra il Pd e il mondo pacifista? La sinistra ha negato se stessa, come sostenuto su questo giornale da Donatella Di Cesare?
Io non penso proprio. Sarebbe un po’ singolare che chi si professa per la Libertà e la Democrazia, chi come credo la stragrande maggioranza degli italiani, e certamente tutta la sinistra, manifesta il proprio pensiero contro la guerra, l’oppressione dei popoli, la violenza contro le nazioni e “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” poi questa stessa modalità conflittuale, anche se per fortuna senza armi, la rivoltasse contro chi esprime, dentro la sinistra, e dentro la storia della sinistra, un pensiero diverso dal suo. Chi difende la Democrazia, e dentro questa l’eguaglianza, come essenza stessa della radice culturale della sinistra, deve difendere il pluralismo della sinistra e non dovrebbe scagliare anatemi o scomuniche. Peraltro non saprei bene con quale autorità si dicono certe cose. Bisogna sempre avere l’umiltà come compagna dell’autorevolezza. Quest’attitudine di costruire recinti ed escludere gli altri, non è quella di una sinistra moderna, aperta, inclusiva. E se comunque, per ipotesi, come ha giustamente detto Cuperlo, non si fossero inviate armi, e come teorizzano i critici, il conflitto si fosse risolto prima, a quale prezzo questo sarebbe successo? Ma veniamo pure anche nel merito alle questioni sollevate da chi come la professoressa Di Cesare sostiene che il PD non sia più di sinistra…

Come ribatte?
Noi abbiamo mandato armi come Italia, con quel decreto, a chi quelle armi userà e ha usato per difendere la propria patria. La sinistra italiana storica è sempre stata per l’autodeterminazione dei popoli o sbaglio? La sinistra italiana è sempre stata per la resistenza dei popoli contro gli aggressori o sbaglio? E la sinistra italiana non ha sempre pensato che la libertà si difenda anche con le armi o sbaglio? E non fu proprio Enrico Berlinguer a dire che si sentiva più sicuro sotto l’ombrello della Nato o mi sbaglio? E non era forse quella già un’alleanza difensiva armata? Ed è naturale che i massacri e gli orrori in corso siano legati alle armi e che dunque anche solo simbolicamente vi sia una naturale sollevazione proprio per la difficile convivenza tra la parola pace e la parola arma. È un conflitto in termini che comprendo bene, e che non mi dà per niente serenità. E guardo tutti i dubbi e le opposizioni con rispetto. Ma possiamo stare a guardare i popoli che difendono la loro integrità o libertà, o indipendenza, non con atti di terrorismo (di cui peraltro la professoressa Di Cesare ha scritto in un testo per me molto profondo; Terrore e Modernità ) , ma con una resistenza all’invasore fatta da un esercito nazionale regolare oltre a civili volontari, comodamente seduti nei nostri salotti, aspettando che passi la nottata? Non mi pare questa l’etica della responsabilità su cui si fonda una parte significativa della nostra cultura di sinistra, oltre la fondamentale lezione weberiana. Tutti vogliamo la pace, ci mancherebbe, tutti vogliamo che tacciano le armi e parlino i diplomatici, ma una pace giusta, come ha detto Orfini su queste colonne, non la pace dopo la distruzione di una nazione. E sarà un caso se intellettuali della sinistra ma con culture politiche o radici culturali diverse come Del Rio o Cuperlo, Veltroni o Manconi, Flores d’Arcais e De Luca si sono trovati d’accordo sull’invio di armi?

Il sostegno, anche in armamenti, all’Ucraina comportava in automatico l’aumento delle spese militari?
Il dibattito sull’aumento delle spese militari non è legato in alcun modo al conflitto. Il ministro Guerini parlò di questo impegno preso non da lui con la Nato al tempo del suo insediamento nel 2019, ben prima della guerra, e chiarì che ci sarebbero voluti diversi anni, oltre il 2022. Dunque questa discussione viene da lontano ed attiene alle regole con le quali si sta in un’alleanza. Qualcuno propone di uscire dalla Nato? Non mi risulta. Qualcuno pensa che noi si possa stare in quella alleanza ma con un grado di coinvolgimento che non contempla l’adeguamento della nostra struttura militare alle esigenze di ammodernamento e manutenzione? Io non penso. Quello che invece l’Italia deve continuare a pretendere è l’avanzamento rapido verso un esercito europeo, primo perché questo conferirebbe all’Europa finalmente anche maggiore autorevolezza e autonomia in politica estera, e poi perché questo permetterebbe una razionalizzazione delle spese. L’aumento delle spese militari, peraltro limitato, non è una questione secondaria, né le critiche vanno ignorate o ridicolizzate, ma neanche la spiegazione e la razionalità che ci sta dietro può essere trattata come ideologia da militaristi assassini.

Diversi analisti sostengono che il prolungamento della guerra può portare ad un conflitto tra gli interessi Usa e quelli dell’Europa.
Noi e la Ue, abbiamo da subito detto, solo armi difensive, e così sarà per l’Italia. Gli Stati Uniti sono passati ad una sorte di fase 2 del loro appoggio all’Ucraina, noi stiamo cercando di costruire quella difesa comune europea che serve per la costruzione dell’Europa come soggetto politico forte. C’è un atteggiamento diverso, anche se non è facile per nessuno di noi di fronte a certe immagini, pensare che non stiamo facendo tutto il possibile per fermare quei massacri. I leader europei, da Macron a Draghi, hanno fatto sentire la propria voce rispetto ad alcune parole ed atteggiamenti di Biden, e hanno fatto molto bene, non dobbiamo però confondere il dito con la luna, correggere gli eccessi va bene, ma l’obiettivo deve rimanere comune.

Democrazie versus autocrazie. Siamo ad una declinazione aggiornata della sciagurata “Guerra di civiltà” d’irachena memoria?
A me non pare che questo conflitto sia paragonabile a quello dei decenni scorsi gestiti sotto il cappello dell’esportazione della democrazia e della guerra di civiltà. Qui non mi pare che si potranno scoprire finte fialette di gas tossici, qui noi abbiamo con ogni evidenza un regime non liberale e non democratico per eccellenza. Dobbiamo citare forse Anna Politovskaja o qualche altro testimone come il direttore Dmitrij Muratov, Nobel per la pace, direttore di un giornale, Novaja Gazeta, che ha visto sei suoi giornalisti uccisi (tra i quali Anna Politkovskaja) e che il 28 di marzo è stato chiuso? Dopo 33 anni. Oppure diamo per assodata questa concezione? E se è così, Zelensky non è stato eletto regolarmente presidente in elezioni libere, e dunque non c’è uno scontro di civiltà e l’esportazione della democrazia; c’è invece da prendere posizione contro l’oppressore e a favore di chi lotta per la propria indipendenza e libertà. Ci sono anche gli Stati Uniti? Molto bene, ma non siamo partiti per un’azione militare in quei paesi, non vogliamo esportare democrazia, stiamo difendendo i resistenti, non c’è possibilità di equidistanza.

Il segretario del Pd, Enrico Letta, ha sostenuto che per Putin “conquistare la Francia” è ancora più importante che l’Ucraina. Il riferimento è al rischio che dal ballottaggio del 24 aprile esca vincitrice Marine Le Pen. Un pericolo fortemente avvertito anche dalla comunità ebraica francese.
La comunità ebraica francese è stata oggetto di un episodio veramente inquietante; hanno tutti ricevuto un sms da parte dello staff di Zemour candidato indipendente della destra francese. Nessuno sapeva che gli ebrei fossero schedati. E c’è una forte avversione degli ebrei francesi verso Marine Le Pen. La stessa nella scorsa campagna, aveva affermato, probabilmente per accaparrarsi un voto identitario, che la polizia francese non aveva mai collaborato con le SS. Notizia purtroppo falsa; Letta ha colto nelle elezioni francesi uno spartiacque della transizione europea, che anticipa, speriamo, le altre elezioni europee che arriveranno; non si può essere contemporaneamente nazionalisti fino al sovranismo e contemporaneamente tifare per l’Europa. L’Europa è un progetto di comunità solidale che come si è visto nella pandemia può finalmente dare frutti cospicui. Essere ambigui su quel progetto non si può. Migliorarlo certamente si.

Lei che è molto vicino alla comunità ebraica italiana, di cui è stato anche dirigente, non ritiene che parlare, come hanno fatto Biden e Zelensky, di “genocidio”, di “soluzione finale”, sia una inaccettabile forzatura storica che divide invece di unire?
Non so se questi termini dividano, più che altro sono sbagliati. Il nazismo elaborò, programmò e mise in pratica una soluzione finale, meticolosamente studiata per eliminare il popolo ebraico dalla faccia della terra, uno spazio Judenfrei. Non mi pare questo il disegno di Putin. Li c’è la volontà neoimperialista di essere circondato da paesi completamente sottomessi o comunque succubi di Madre Russia. In questo caso come nel caso della Cecenia a costo di spaventose guerre di eliminazione. Ma noi siamo chiamati dalla storia a onorare la sacralità delle parole che è inscritta nel loro spessore e nella loro storia, e oltretutto, rendere uguale ciò che nella storia uguale non è, diminuisce il nostro grado di comprensione del dramma che stiamo osservando. Biden ha usato una semplificazione per far comprendere la profondità del male che sta devastando gli ucraini, ma non c’è bisogno di usare parole sbagliate, basta la crudezza di immagini inumane che passano sotto i nostri occhi.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.