Gli uomini che si considerano buoni portano iscritta sulla loro fronte la parola “pace”: pace tra tutti, pace nella storia umana, fine delle guerre, vogliamoci tutti bene, lo dicono con fini e parole diverse, dal pontefice al laico che vede nella guerra il male che distruggerà l’umanità. È strano: se uno si guarda indietro, da quando la storia dell’uomo è documentata e conosciuta, l’umanità è stata sempre attraversata da conflitti, guerre, lotte per un ideale da dover realizzare, o per un dominio e una supremazia, mai lunghi tempi di pace assoluta. E così si sono formate o sformate le civiltà umane, e lo stesso Occidente con la sua stessa violenza creativa, mai un vogliamoci bene generale.

Sfugge, ai pacifisti a tutto tondo, che la storia e l’umanità si formano nell’urto dei contrari, bene e male mescolati tra loro, e che, piaccia o non piaccia, questi contrari raramente trovano il momento di una conciliazione definitiva produttiva di niente, ma lottano fra loro per una prevalenza dialettica che dà forma, vita o morte, alla storia delle civiltà. Da quando mondo è mondo avviene così, e non per caso il grande Hegel, fondatore moderno della dialettica, chiamava la storia, che per lui era anche luogo della verità, “il mattatoio dell’umanità”.

Il pensiero di Benedetto Croce

Mi è capitato sott’occhio, nelle stanche e tragiche giornate che stiamo vivendo, un pensiero ultimo di Benedetto Croce – del 1951, ad un anno dalla propria scomparsa – che, nella sua chiarezza e profondità, non è possibile oggetto di un riassunto.

Eccolo: “Il contrasto tra gli opposti è stato talvolta considerato contrasto fra un razionale e un irrazionale; ma l’irrazionale qui non ha nessun luogo perché si tratta unicamente dell’accompagnamento necessario di un atto con un nuovo atto e di un pensiero con un nuovo pensiero, che si giustifica con la sua evidenza stessa. Pure da questa proposizione l’aspetto tragico del mondo, la lotta disperata entro sé medesimo, diviso in infinite file contrastanti. L’animo umano cerca di comporre questa lotta o per lo meno di disciplinarla; ma il tentativo è vano e la lotta continua sempre, con la stessa violenza e con lo stesso strazio”.

La vita carica di luci e ombre

Perché questo? Perché la vita stessa è carica di luci e di ombre, come il Caravaggio insegnava; mescolate, in movimento, troppa luce e troppa oscurità accecano, il bene e il male, il negativo e il positivo non stanno l’uno di fronte l’altro, sono mischiati, stanno dentro noi stessi come persone, e fanno la storia, come diceva ancora Croce in quell’ultimo scritto: “Hegel ha redento il mondo dal male perché ha giustificato questo nel suo ufficio di elemento vitale”. E Vico aveva scritto la stessa cosa, esemplificando così: “La ferocia, l’avarizia e l’ambizione – i tre vizi che stanno attraverso il genere umano, e lo menerebbero alla distruzione – sono stati convertiti nella milizia, nella mercatanza e nella Corte”.

Ma il conflitto è dentro la vita, continua lotta tra opposti, nei sentimenti, nelle emozioni, nel lavoro, e la storia non è che la concretezza complessiva della vita umana, carica dei suoi contrasti e delle sue conciliazioni. Che sarebbe il mondo senza di essi? Senza che qualcuno non pensi di aver intuito e dimostrato la necessità di una idea così assoluta da dover combattere per la sua realizzazione? Il cristianesimo nasce dalla violenza efferata contro Gesù, si presenta come religione della fraternità universale, ma giungiamo all’epoca moderna e andiamo a rivedere che cosa sono stati i conflitti interni ad esso dopo la Riforma di Lutero. Quante guerre di religione hanno prodotto?

Pace e guerra perpetua

Che cosa cerchiamo allora? La pace perpetua? No, come non vogliamo la guerra perpetua. Ma il conflitto e la lotta fanno parte dell’umanità della storia, e lo vediamo oggi, nella radicalità degli scontri in corso, il negativo e il positivo si mischiano, idee opposte lottano per legittimarsi, e questo è il mondo umano della storia, e non entro qui nel merito di quelle guerre.
Immagino che qualcuno dirà: ma questo de Giovanni infine è proprio un guerrafondaio, accusa rivolta a Ernesto Galli della Loggia per alcuni editoriali pubblicati sul Corriere della sera, in una direzione che non mi par diversa da quella che qui cerco di argomentare. No, non siamo guerrafondai, mi permetto di dirlo anche a nome di Ernesto, carissimo amico, ma abbiamo rigettato il mito ambiguo e contro-produttivo della impossibile pace perpetua. Guardiamo con occhio disincantato alla storia degli uomini, a quel mattatoio di cui parlava il Hegel, ma un mattatoio che ha creato e distrutto grandi civiltà con immense catene di morti, e anche una immensa quantità di grandi opere che resteranno in eterno. Distruggerà, l’umanità storica, anche sé stessa? Mi guardo bene dal concludere con una previsione, che riguarderebbe i futuri millenni. Ho detto ciò che penso, senza attenuarne le linee. Le affido all’eventuale paziente lettore.

 

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