Mentre tutta l’attenzione del mondo è concentrata sul Niger, in Senegal la tensione è altissima. L’arresto del più importante politico d’opposizione, quel controverso personaggio di Ousmane Sonko, ha scatenato la piazza senegalese che a Dakar e nella città meridionale di Ziguinchor, capitale della regione ribelle della Casamance, si è riversata nelle strade per una vera e propria guerriglia urbana. Il primo ministro ha anche sciolto il Pastef, il partito dei Patrioti creato da Sonko, mettendo in allerta le forze dell’ordine.

Il leader del Pastef ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro il suo arresto, finendo anche in ospedale con i suoi fedelissimi fuori ad incitarlo. Le manifestazioni di protesta si sono trasformate nell’ennesima scusa per contestare il governo ed il suo legame con la Francia, vero obiettivo dell’opposizione senegalese. Il sentimento anti-francese ed anti-occidentale si fa sempre più forte e anche l’adesione di Dakar al possibile intervento militare dell’Ecowas in Niger è stato duramente contestato dai manifestanti.

Il Senegal è sempre stato un paese guida della regione grazie alla sua stabilità e al suo fortissimo legame con Parigi che in passato ha spesso utilizzato militari senegalesi in varie operazioni. A febbraio 2024 si dovrebbero tenere le elezioni presidenziali ed al momento non ci sono candidati importanti. L’attuale presidente Macky Sall ha dichiarato che rispetterà la costituzione e non si ricandiderà, altri due politici di primo piano hanno avuto delle condanne che non gli permetteranno di correre alle presidenziali.

Ed il grande favorito Ousmane Sonko resta in carcere. Il portavoce nazionale del Pastef El Malick Ndiaye ha accusato Macky Sall di aver fatto pressioni sulla magistratura senegalese per arrestare Sonko, l’unico vero antagonista alla corsa presidenziale. L’accusa contro di lui è cospirazione contro le autorità, ma sembra davvero un pretesto. Sonko era già finito sotto processo per un’accusa di stupro, poi ridimensionata, ma adesso la sua candidatura pare definitivamente tramontata. La sistematica eliminazione dell’opposizione sembra un piano organizzato dai fedelissimi del presidente in carica per candidare l’attuale primo ministro Amadou Ba oppure il ministro dell’agricoltura Aly Ngouille Ndiaye o il presidente dell’Assemblea Nazionale Amadou Mame Diop.

Un’operazione politica che permetterebbe all’attuale classe dirigente di mantenere il potere nel più importante stato dell’Africa occidentale. Attualmente restano una quarantina di candidati alle elezioni presidenziali, ma serve l’appoggio di almeno 13 deputati per proporre la propria candidatura e la maggior parte di loro non supererà questo ostacolo. Tutto a favore della classe dirigente già al potere. Ma il popolo senegalese, così come in molti paesi africani, ha ormai un’età media sempre più bassa ed è insofferente alle vecchie dinamiche della politica e difficilmente accetterà l’ennesimo manovra di palazzo, mentre da Dakar a Niamey e dà Bamako a Ouagadougou bruciano bandiere francesi.

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Matteo Giusti, giornalista professionista, africanista e scrittore, collabora con Limes, Domino, Panorama, Il Manifesto, Il Corriere del Ticino e la Rai. Ha maturato una grande conoscenza del continente africano che ha visitato ed analizzato molte volte, anche grazie a contatti con la popolazione locale. Ha pubblicato nel 2021 il libro L’Omicidio Attanasio, morte di una ambasciatore e nel 2022 La Loro Africa, le nuove potenze contro la vecchia Europa entrambi editi da Castelvecchi