Non si sentono le voci querule dei sindacalisti dell’Anm, né compare a reti unificate il loro capo Giuseppe Santalucia sventolando la Costituzione. Neanche un soffio esce dalle stanze del Csm. Eppure sono molto chiare le parole di una loro collega milanese sulla necessità di “non lasciare solo” il singolo magistrato, soprattutto quando è esposto a minacce mafiose, come già capitò a Giovanni Falcone, l’uomo solo sacrificato, appunto. Molto decisa la procuratrice generale di Milano, Francesca Nanni, in conferenza stampa con il presidente della Corte d’Appello Giuseppe Ondei, nella solidarietà ai colleghi Marcello Viola, procuratore capo, e alla pm della Dda Alessandra Cerreti, oggetto di minacce molto precise e circostanziate su cui sta indagando la Procura di Brescia. Le scorte sono state già rafforzate, ricorda l’alto magistrato, ma questo non è sufficiente.

“Tutta la magistratura, afferma, è vicina ai colleghi di grande caratura professionale. La magistratura non si lascia intimidire da queste minacce e siamo certi che andranno avanti nel loro lavoro con serietà ed efficienza”. Il messaggio è rivolto alle cosche, ma non può passare inosservata la formulazione “la magistratura”, proprio all’indomani delle manifestazioni che hanno visto la sua parte più militante molto attiva e compatta pur nelle diverse componenti di corrente. All’inaugurazione dell’anno giudiziario di Milano il procuratore Viola, al contrario del suo collega di Napoli Nicola Gratteri, era presente, e non si è di certo allontanato quando ha preso la parola il rappresentante del governo, un magistrato cui le altre toghe presenti non hanno neppure stretto la mano.

Quando Francesca Nanni dice “non lasciatelo solo”, riferendosi al procuratore Viola, siamo certi che stia parlando ai mafiosi? Può essere che il messaggio sia diretto anche al mondo della politica e alle riforme del Parlamento che non piacciono alle toghe, ma forse è proprio invece a loro che la procuratrice si rivolge. “La magistratura non si lascia intimidire”, fa eco il presidente della corte d’appello Ondei, “la cosa più pericolosa è rimanere soli o dare l’impressione che un magistrato possa rimanere solo”. “I colleghi non sono soli”, puntualizza ancora Francesca Nanni. E come si fa a non ricordare il trattamento subito da Giovanni Falcone all’interno del Csm quando lei parla di “comportamenti generalizzati di delegittimazione o sfiducia” che “possono influire negativamente su magistrati che fanno solo il loro dovere”? Certo, se il messaggio fosse stato diretto alla politica, la mira sarebbe stata errata, dal momento che, a partire dalle Presidenze del Senato e della Camera, tutti vertici istituzionali e di partito non hanno per niente lasciato soli i due magistrati milanesi non appena hanno avuto notizia dei rischi che stanno correndo.

L’inchiesta che ha portato, forse, alle minacce che la procura di Brescia considera modo preoccupanti e concrete è quella denominata “Hydra”, detta anche “mafia a tre teste”, perché partiva dall’ipotesi che Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra si fossero fuse in una sorta di “supermafia” con sede principale al nord e particolarmente a Milano. In realtà la prima ipotesi si era andata progressivamente modificando, anche perché, delle 153 richieste di custodia cautelare in carcere da parte della procura, il gip Tommaso Perna ne aveva accolte soltanto 11 e aveva anche contestato la fondatezza del reato associativo. In seguito i rappresentanti dell’accusa avevano presentato ricorso, ma solo per 79 casi. Il tribunale del riesame aveva accolto solo in parte la tesi della procura, sottolineando che questi accordi tra associazioni mafiose non potessero configurarsi come “una confederazione di mafie”. Non un consorzio o una “supermafia”, dunque, ma comunque un sodalizio tra soggetti molto pericolosi e attivi, che avrebbe dimostrato di agire con la “forza di intimidazione nella commissione di delitti come nella acquisizione del controllo e gestione di attività economiche, che sono propriamente gli ambiti di attività che, secondo il parametro normativo, tipizzano la natura mafiosa del gruppo”. Orientamento che pare seguito anche dalla cassazione, nelle prime decisioni già assunte su alcuni singoli casi. Il problema è capire se, dando per assodati da tempo gli insediamenti mafiosi al nord, questi accordi a “tre teste” siano saltuari, per quanto diffusi, o invece consolidati fino alla fusione dei tre gruppi. Cosa storicamente improbabile. Il procuratore Viola ne aveva parlato diffusamente il primo agosto 2023 in Commissione Bicamerale Antimafia. Ma sarà davvero il suo impegno contro le cosche, con la sua precedente attività a Trapani e Palermo, il suo solo problema di un eventuale “isolamento”?

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.