Inquisizione. La parola piomba nell’aula di Montecitorio dove una prevista maggioranza di 215 deputati boccia la mozione di sfiducia sottoscritta da 119 parlamentari contro il ministro Carlo Nordio per l’affaire Almasri, il generale libico prima arrestato in Italia e poi riconsegnato al suo Paese. Il guardasigilli non ha certo scelto la strada della diplomazia, quando ha disvelato il vero nocciolone che sta in gola alle minoranze, sempre più reggicoda del sindacato delle toghe, cioè la riforma sulla separazione delle carriere. E mette proprio il dito nella piaga, quando evoca il fatto che contro quella proposta di modifica costituzionale e anche, in sede politica, contro il governo, si sia agitato “un cahier de doleances estremamente complesso, che ricorda un po’ i libelli dell’inquisizione dei secoli scorsi, mancano solo le accuse finali di simonia e bestemmia a siamo a posto”. È proprio così, fin dalle generazioni di magistrati che fecero resistenza nei confronti della riforma Vassalli del 1989, che introduceva il sistema accusatorio con l’ambizione di seppellire in qualche cassetto l’inquisizione con il processo scritto e segreto, fino ai giorni nostri, con una magistratura conservatrice quando non reazionaria, e una sinistra che va a rimorchio, non avendo più una propria linea sulla giustizia.

Almasri e Paragon pretestuose

Così la vicenda del generale Almasri, così come quella parallela del sistema di controllo Paragon, su cui ha riferito al Copasir due giorni fa il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano, si manifestano sempre più come pretestuose. Perché chi dà la linea in quest’aula del Parlamento non sono i rappresentanti dei partiti, ma quelli del sindacato della magistratura, la cui rappresentanza di vertice nelle stesse ore della discussione su Carlo Nordio è andata a cercare una sponda al Quirinale da Sergio Mattarella, da colui che non è solo il Presidente di tutti gli italiani, ma anche del Consiglio superiore della magistratura. Ma, se pure sono passati i tempi in cui Francesco Cossiga minacciava di mandare i carabinieri nel luogo dove si decidono le carriere delle toghe, sarà difficile che dalla presidenza possa arrivare una presa di distanza da una riforma costituzionale.

La giornata di Carlo Nordio

Anche per questo la giornata di Carlo Nordio ieri è stata quella di un vincente. Sul caso Almasri si è limitato a ribadire di non essere “un passacarte” e a citare l’autorevole presa di posizione del professor Sabino Cassese sull’autonomia del ministro rispetto alle decisioni della corte d’appello di Roma. Favorito anche dal fatto che sia la segretaria del Pd Elly Schlein che il deputato del Movimento cinque stelle ed ex presidente della direzione nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho si siano limitati a gridare ripetutamente “vergogna vergogna”. Un ritornello un po’ insulso e molto rituale, senza che nessuno dei due sia riuscito ad argomentare lo spunto polemico con ragionamenti legati al complicato quadro politico internazionale di questi giorni. Il ministro ha colto il vero spunto politico e lo ha ribadito: “Ho il sospetto che tutti questi attacchi siano programmati e duraturi per evitare quella che secondo noi è la madre di tutte le riforme, la separazione delle carriere e l’introduzione del sorteggio nel Csm”.

L’intervento dei Magistrati

Le critiche vengono sempre accompagnate, in ogni pubblico intervento di magistrati, ultimo in ordine di tempo quello del procuratore di Napoli Nicola Gratteri (reduce dall’ennesima sconfitta del suo passato calabrese, con assoluzioni vicine al 50%), dalla “litania petulante che sta diventando un po’ stucchevole”, secondo cui la riforma nasconderebbe come vero ultimo scopo quello di sottoporre il pm all’esecutivo. Ovviamente non è vero, e qualcuno potrebbe aggiungere “purtroppo”, perché forse strappare di dosso al rappresentante dell’accusa la toga di magistrato e sostituirla con quella di avvocato come è nei sistemi anglosassoni di common law renderebbe ancora di più paritarie le due posizioni, di accusa e difesa. E rafforzerebbe la terzietà del giudice come prevista dall’articolo 111 della nostra Costituzione. Ma non è prevista dalla riforma e non è nelle intenzioni del legislatore né del governo. Ma quando non si hanno argomenti per contestare, ci si aggrappa a tutto. Persino, e qui siamo al limite dell’insulto, a sostenere che la separazione aiuterebbe la mafia, il che è, dice ancora Nordio “una stupidaggine colossale che non ha alcun fondamento logico”. Resta il fatto che nessuno ancora ha spiegato se i sistemi adottati in Paesi come Spagna, Francia, Portogallo, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Australia, Giappone siano poco democratici con le carriere dei magistrati separate.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.