Lo “scontro” questa volta è tra magistrati. E all’interno della stessa maggioranza, tra l’ex pm e attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio e il giudice attualmente prestato alla politica, anzi a palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, la toga cattolica e moderata che Giorgia Meloni ha chiamato accanto a sé a palazzo Chigi come anticorpo da eventuali tempeste giudiziarie che, a onore del vero, non sono mai mancate negli ultimi trent’anni e hanno segnato, a torto o a ragione, le varie leadership che si sono succedute a palazzo Chigi. Lo scontro quindi stavolta avrebbe uno schema ben diverso, e lontano da quello “tradizionale” tra politica e magistratura. Chi vuole portarlo qui, lo fa perché spera di nascondere il resto. Che è politicamente più complicato visto che ha a che fare con la stabilità stessa della maggioranza. E visto che è figlio dell’oramai famosa intervista rilasciata domenica mattina dal ministro della Difesa Guido Crosetto al Corriere della sera. “L’unica cosa che questo governo può temere è un’opposizione di tipo giudiziario che la possa destabilizzare” ha detto il ministro, tra i più seri e affidabili dalla squadra di governo, non uno che parla a caso e tra i fedelissimi della premier Meloni.

Il “complotto giudiziario” evocato da Crosetto è la miccia accesa, non ancora spenta nonostante qualche precisazione/correzione dello stesso ministro, che tiene tutto questo insieme. Crosetto dovrà spiegare, come chiedono le opposizioni, di cosa parlava e a chi parlava in quell’intervista. Dove, però, non è chiaro. Curiosamente, infatti, la Commissione antimafia ha detto no alla sua audizione chiarificatrice richiesta da tutte le opposizioni, da Italia viva al Pd, da Sinistra e Verdi ai 5 Stelle. Era stato Crosetto ad indicare l’Antimafia e il Copasir come sedi più idonee per spiegare il suo pensiero. Chiara Colosimo (FdI), e amica di Giorgia Meloni, ieri ha riunito l’ufficio di presidenza (dove siede l’ex procuratore Cafiero de Raho, M5s) e all’unanimità è stato valutato che non è il luogo adatto. “E’ al di fuori della legge istitutiva della Commissione” ha spiegato Colosimo, “non sarò certo io a creare il precedente”. Quindi, dove andrà il ministro della Difesa a spiegare il suo sospetto che ha un vago sapore eversivo? Al Copasir? “Beh, bisogna vedere se lo chiamano, se il presidente Guerini lo chiama, di certo Crosetto non si presenta da solo” ha precisato il capogruppo Foti (FdI). La sensazione è che si cerchi di far passare la cosa senza ulteriori e scomodi approfondimenti.

Allo stesso modo ieri la maggioranza ha cercato di sminuire quanto accaduto lunedì mattina nel pre consiglio preparatorio del Consiglio dei ministri che nel pomeriggio avrebbe avuto all’ordine del giorno alcuni decreti legislativi della riforma Cartabia. Tra questi le “pagelle” che ogni quattro anni il Csm dovrà preparare sull’operato di ciascun magistrato. Mentre Antonello Mura, il capo del legislativo del ministro Nordio, spiegava il provvedimento delle valutazioni, si è alzata la voce del sottosegretario Mantovano. “Si potrebbe immaginare – ha ragionato il sottosegretario – di inserire un comma, un meccanismo di verifica dei magistrati…”. Quei test psicoattitudinali che per primo evocò l’allora premier Berlusconi nel 2003 (ministro della Giustizia era il leghista Roberto Castelli) salvo essere stoppato subito dal Presidente della Repubblica che allora era Carlo Azeglio Ciampi. A dir la verità ci riprovò qualche anno dopo anche il ministro 5 Stelle Alfonso Bonafede. Poi la cosa si è persa nel nulla dei social.

Alla proposta inaspettata di Mantovano, tecnico moderato con profilo molto istituzionale, il dottor Mura ha reagito con sorpresa e fermezza: “Non se ne parla, non sono in agenda, non è mai stato affrontato questo tema né a livello di maggioranza, né con la magistratura e meno che mai con la Presidenza della Repubblica”. La cosa sarebbe finita lì. “Si, se n’è parlato ma non c’è stata alcuna tensione in proposito, giusto un’idea di cui si parlerà in seguito, quando sarà il momento” la versione ufficiosa di palazzo Chigi. Via Arenula, dove ha sede il ministero della Giustizia, ha fato subito pervenire un messaggio forte e chiaro: “Il ministero ha stoppato la proposta”. Se è stato quindi impossibile, ieri, smentire i fatti, si è provato però ad annacquarli. “Una tempesta in un bicchier d’acqua”, una “montatura”, “una cosa detta così per dire”.
Anche a volerci credere, il punto è che uno come Mantovano non dice nulla per caso, figurarsi per errore e sa certamente come stare alla larga dalle “tempeste in un bicchier d’acqua”. Un po’ come Crosetto, insomma. E allora, torna la stessa domanda: perché il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con delega all’intelligence, l’anello di congiunzione tra Giorgia Meloni e la magistratura associata, ha messo sul tavolo all’improvviso e inatteso un tema così delicato e sensibile?

“Lunedì – spiega una fonte vicina al dossier ma non del ministero della Giustizia – abbiamo lasciato perdere i test alle toghe perché sembrava quasi fosse la risposta del governo alla minaccia che una parte della magistratura, quella di sinistra, ha esplicitato nelle ultime riunioni di corrente”. Il complotto di cui parla Crosetto nell’intervista al Corriere. Perché i due fedelissimi della premier, a distanza di poche ore uno dall’altro, hanno dato segnali così coincidenti e concordanti rispetto all’azione di una magistratura pronta ad entrare in scena col tempismo elettorale per colpire la maggioranza? Il ministro della Difesa porterebbe a supporto della sua denuncia alcune registrazioni realizzate durante le ultime due riunioni della corrente Area, quella a sinistra, a Palermo e a Napoli. Non basta per sostenere “l’opposizione giudiziaria”. Ci deve essere dell’altro. Urge una comunicazione al Parlamento ampia ed esaustiva.

Avatar photo

Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.