La battaglia dell'Ucpi
“Nordio non va lasciato solo, confermato lo sciopero dei penalisti”, intervista a Gian Domenico Caiazza
Confermata la tre giorni di astensione dalle udienze dell’Unione delle Camere Penali Italiane: il 19, 20 e 21 aprile i penalisti saranno mobilitati per sviluppare – si legge in una nota della Giunta – “idee e proposte da offrire a supporto di un percorso di riforme per la cui realizzazione l’Ucpi sosterrà con tutto il proprio impegno e le proprie forze il Ministro Nordio, contro tutti coloro che da più parti vi si oppongono, ora in modo esplicito, ora in modo silenzioso ma non per questo meno efficace”. Ne parliamo con il Presidente Gian Domenico Caiazza.
Due giorni fa il sottosegretario alla Giustizia, il leghista Andrea Ostellari, si è rivolto a lei chiedendo di revocare l’astensione. “Mi rivolgo al presidente Camere penali: le astensioni non portano a nulla e non sono giustificate. Nordio non può essere oggetto di critiche per responsabilità derivanti da precedenti leggi delega”. Come risponde?
Non sono d’accordo con l’amico Ostellari perché a me pare che la proclamazione dell’astensione abbia da un lato accelerato, grazie all’approvazione in Cdm di un cronoprogramma, i tempi del varo delle riforme fino ad ora solo annunciate e dall’altro lato abbia finalmente acceso l’attenzione su alcune urgenze relative ai decreti attuativi della riforma di mediazione Cartabia del processo penale.
Anche il presidente della Fondazione Luigi Einaudi, Giuseppe Benedetto, ha detto: “Ci siamo opposti e abbiamo condannato l’astensione dei magistrati di qualche mese fa contro la riforma Cartabia, e in particolare contro il fascicolo delle performance e coerentemente riteniamo inopportuna questa astensione dalle udienze proclamata dall’Unione delle Camere Penali”.
Mentre quella del sottosegretario Ostellari è una dichiarazione non condivisibile, questa del Presidente Benedetto la trovo addirittura stravagante. Non comprendo affatto l’equiparazione tra le due astensioni, quindi mi è difficile anche replicare onestamente.
A leggere il documento pubblicato ieri dalla Giunta da un lato si apprezza Nordio dall’altro però si conferma l’astensione. Perché?
L’astensione mantiene intatte le sue ragioni. Da quando Nordio è diventato Ministro abbiamo visto annunciare per la prima volta nella storia degli ultimi decenni quelle riforme che da sempre auspichiamo, di segno autenticamente liberale. Invece nel concreto abbiamo visto approvare solo controriforme in senso carcerocentrico e giustizialista, ispirate al peggior populismo penale. Preso atto di tutto questo, abbiamo dovuto lanciare con forza questo allarme: qual è il senso della nomina di Nordio a Ministro della Giustizia se poi i risultati sono questi?
A proposito di questo, corrono voci secondo cui Nordio avrebbe le mani legate da Fratelli d’ Italia ma anche da persone appartenenti al suo entourage di Via Arenula. Crede sia possibile?
Dai diversi incontri avuti, abbiamo trovato conferma della profonda convinzione di Nordio circa la volontà di realizzare quelle riforme liberali. L’impressione ulteriore che abbiamo avuto è che ci sia una resistenza a questa volontà del Ministro. Rispetto alla sua domanda, noi non siamo abituati a fare illazioni. Che questa resistenza sia di tipo politico o che sia all’interno del Gabinetto non possiamo affermarlo noi. Ma questo è il tema alla base della nostra iniziativa politica della prossima settimana. È necessaria una mobilitazione, non solo dell’avvocatura, per dare forza e sostegno ai progetti di Nordio.
Quali sono i progetti che più spaventano?
Il Ministro vuole ritornare sul divieto di impugnazione del pubblico ministero delle sentenze di assoluzione, vuole intervenire sull’abuso della custodia cautelare, vuole rimettere mano alla prescrizione sostanziale, vuole affrontare – anche se al momento in modo indeterminato – il tema delle intercettazioni. Su quest’ultimo punto abbiamo già visto quale reazione violenta ha evocato questa ipotesi. Noi sappiamo quali e quanti sono i nemici di queste riforme in questo Paese, quanto peso hanno i loro diktat, e quanto è fortissima ed indebita la presenza della magistratura nella gestione del Ministero. Per questo noi lanciamo – ribadisco – questo segnale di allarme. Il Ministro non deve essere lasciato solo: questo è il senso della nostra iniziativa, a cui speriamo prenda parte anche lui nel giorno della manifestazione di chiusura il prossimo 21 aprile. Saremmo pronti ad accoglierlo con amicizia e a confermargli la stima personale e la vicinanza dell’avvocatura.
Nell’incontro del 4 aprile a Via Arenula era presente anche l’Anm. Come sono i rapporti con loro?
Non solo siamo sempre disponibili ad incontrare l’Anm ma abbiamo proprio detto al Ministro Nordio che molti tavoli che sono stati aperti al Dicastero sui più vari temi hanno un senso se vedono come protagonisti l’avvocatura, l’accademia e la magistratura, però con le sue rappresentanze politiche, associative. I rapporti personali con Anm sono cordialissimi ma sta di fatto che noi da alcuni anni non riusciamo più a misurarci in modo costruttivo con Anm. La vediamo sempre schierata su posizioni molto lontane dalle nostre e sostanzialmente indisponibile al confronto. Lo vediamo anche dagli ultimi risultati che la magistratura ha ottenuto con il rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario proprio perché conteneva delle proposte invise all’Anm. Su questo non siamo stati chiamati per nulla a confrontarci.
Ricordiamo anche il posticipo dell’entrata in vigore della riforma Cartabia del processo penale: come disse Nordio in conferenza stampa “abbiamo accolto il grido di dolore delle Procure”.
Spero che adesso ascolti il grido di dolore dell’avvocatura penale, a partire dal tema delle impugnazioni.
Il Terzo Polo di Renzi e Calenda si è sfaldato. Considerato che era quello che maggiormente si faceva carico delle vostre istanze in Parlamento, quanto peserà questa scissione sulle battaglie per una giustizia liberale?
L’Unione delle Camere Penali fa della trasversalità politica la sua forza. Certamente però guardiamo con preoccupazione alla crisi di un polo che si dichiara esplicitamente ispirato ai valori del diritto penale liberale.
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