L’acqua è diventata fango, il fango è diventato rifiuto, il rifiuto è diventato vuoto. L’alluvione si porta insito in sé un processo capace di segnare la vita di chi lo vive. In Toscana, da Prato a Montemurlo, passando per Vaiano, Campi Bisenzio e le altre zone colpite si sta vivendo tutto questo. A due settimane da quel tragico giovedì sera, le città si sono ormai quasi pulite interamente, ma la normalità chissà quando ritornerà.
Perché dallo scorrere dell’acqua, capace di scardinare porte e insinuarsi ovunque, si è passati rapidamente alle urla di disperazioni e alle sirene dei mezzi di soccorso. Senza corrente, senza luce, senza gas, senza connessione. Nel 2023, quando l’acqua esce dal fiume, si è costretti a tornare a un modo di vivere inusuale. La disperazione poi diventata reazione, capace di coinvolgere migliaia di volontari nell’aiuto. Quindi il rumore dell’acqua è diventato quello del fango che sbatte sugli stivali di gomma e quello delle idrovore. Questo weekend invece, dalle idrovore si è passati al frastuono dei “ragni” dei camion della nettezza e a quello delle ruspe di Esercito e Protezione Civile. Mobilia, libri, fotografie, elettrodomestici. Momenti di vita delle persone e normalità spazzati in pochi secondi prima dall’acqua e poi dalle ruspe che con rapidità mischiano tutto.
La prima ripartenza della comunità toscana
Il rumore dei giorni dell’alluvione resterà, perché quando le uniche luci dopo il tramonto sono quelle di candele e dei mezzi di soccorso, il silenzio regna sovrano per le strade e nei vani delle case ormai svuotate. Le popolazioni toscane colpite profondamente hanno, nella disgrazia, riscoperto l’importanza delle piccole cose. Quanto può valere un piatto di pasta, una bottiglia d’acqua o perfino il gesto di aiutarsi. In un mondo sempre più egoista, la prima ripartenza è stata segnata da un forte senso di comunità. La bella gioventù a spalare il fango, le associazioni del territorio instancabili nel cucinare e portare pasti, quella forte voglia di rialzarsi e di aiutare chi ha bisogno.
La risposta della politica
Ma se la forza data dagli aiuti umani può servire a rialzare i colpiti, adesso è la politica che deve dare delle risposte. I danni stimati nell’intera regione Toscana sono stimati in 2 miliardi, solo per Campi Bisenzio si parla di oltre trecento milioni, ma appunto si parla di stime. Il più grande distretto tessile d’Europa, quello di Prato; tutto il settore dell’artigianato, le piccole imprese della Piana Fiorentina devono ripartire velocemente perché perdere i clienti, anche non italiani, sarebbe fatale. Ma, per il momento, oltre alle parole di Tajani si è visto e sentito troppo poco. Quando, quanto, come chiedere i ristori? Arriveranno subito o succederà come in Emilia? Eppure il Ministro della Protezione Civile Nello Musumeci è arrivato a Campi Bisenzio. A mani vuote. Anzi, il ministro Musumeci oltre a non citare alcuna cifra destinata ai ristori, che sarebbe servita anche solo per dare una idea di cosa il Governo vuole fare, ha bacchettato gli imprenditori. “Spero – ha detto – che tra gli imprenditori ce ne sia almeno uno che abbia assicurato la propria azienda. Siamo l’unico Stato in Europa dove non c’è la cultura del rischio, soprattutto su un territorio non nuovo alle alluvioni”. Peccato, guardando i numeri, che si parli di oltre 30mila persone coinvolte solo nel campigiano, circa 100 aziende tessili nel pratese (più 50 in altri settori); 400 imprese danneggiate nel pistoiese, 35 milioni di euro di danni nei vivai.
Solo 5 milioni di euro per le urgenze
Secondo Confindustria Toscana Nord i danni alle aziende sono stimati intorno ai 100 milioni, con il rischio di una moltiplicazione per dieci se i macchinari non saranno utilizzabili. Ad oggi, però, gli unici fondi arrivati da Roma sono pari a 5 milioni di euro stanziati per interventi di urgenza. Alcune risposte arrivano dalla Regione Toscana con l’ordinanza del Governatore Eugenio Giani che permette alle attività produttive delle province colpite di vendere al di fuori dei locali di produzione, in aree pubbliche o private indicate dai Comuni. Saranno in commercio, anche a prezzi ribassati, fino al 15 dicembre tutti quei prodotti danneggiati solo nell’imballaggio e nel confezionamento. Altre invece tardano ad arrivare, perché per alcuni oggi è la data ultima per degli adempimenti fiscali come l’Iva. Poi toccherà a fine mese l’Irap e l’Ires. Ancora però non c’è traccia di alcun decreto legge che sospenda e proroghi gli adempimenti tributari delle imprese colpite. La ripartenza toscana dovrà avvenire in questo scenario di poche certezze.
Intanto si vocifera della nomina a Commissario per la ricostruzione di Francesco Paolo Figliuolo. Il Generale, non è solo Commissario in Emilia, ma anche al vertice del Covi. E visto lo scenario internazionale, forse sarebbe meglio lasciar lavorare Figliuolo su questioni militari e scegliere per la ricostruzione chi conosce già il territorio e può seguirlo in maniera costante. Che la presenza di Figliuolo sia garanzia di buon lavoro è cosa certa, ma non può essere il jolly della maggioranza di Governo da utilizzare per ogni emergenza del Paese. Se venisse inviato realmente in Toscana servirà certezza sui tempi di nomina, l’attesa vissuta dagli emiliano-romagnoli non può e non deve essere ripetuta. Intanto ci sono zone dove si gira ancora con le calosce, come nella zona industriale di Capalle a Campi Bisenzio. E forse per uscirne, a tutti i colpiti, servirà tutto lo spirito dell’attore campigiano Carlo Monni, la cui statua è divenuta un simbolo dell’emergenza. Sita infatti in Piazza Dante, il Monna, è stato come un volontario per chi passava di lì con tanto di fango addosso, pala e guanti. La seconda “residenza” di Monni, in vita, erano le Cascine di Firenze dove faceva lunghi giri del parco ogni giorno.
La rinascita della Toscana non sarà una passeggiata, ma dovrà seguire lo spirito delle camminate di Monni: un moto continuo e instancabile a passo svelto.