Il Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica
Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica, quanti liberisti nella voluta da Draghi
Ha creato una polemica la decisione del Premier Mario Draghi di nominare come componenti del “Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica” di Palazzo Chigi alcuni economisti di rigida scuola liberista. Naturalmente, si tratta di designazioni che spettano esclusivamente al Premier, trattandosi di una struttura “servente” le decisioni che, del pari, sono solo del Premier medesimo. Tuttavia, in tema di nomine pubbliche, quale che siano le attribuzioni dei nominandi, non sarebbe un fuor d’opera coinvolgere, almeno sul piano informativo, i partner della coalizione di Governo.
Ciò vale, a maggior ragione, per le designazioni ai vertici di imprese ed enti pubblici che stanno avvenendo senza la previa indicazione di criteri, requisiti e vincoli, oggettivi e trasparenti, e senza che comunque il Premier, almeno nel discorso per la fiducia, abbia esposto al Parlamento quale linea intenda seguire in via generale su questo argomento, classico campo della lottizzazione partitica e dell’infeudamento dei manager. Un tema riconducibile a quello dei caratteri dell’intervento pubblico in economia, anch’esso eluso finora da Draghi.
Ma, per tornare alle nomine dei predetti “liberisti” – almeno così definiti dalle cronache – non può destare scandalo che in un Nucleo tecnico esistano un pluralismo e una produttiva dialettica. “Si licet parva componere magnis”, l’allora Governatore Antonio Fazio ricordava che, studente negli Usa, aveva spesso ascoltato da Paul Samuelson, un grande economista poi insignito del premio Nobel, che si collocava su un versante, l’invito ad ascoltare anche Milton Friedman, anch’egli premio Nobel, ma di opposto orientamento. Naturalmente, la valutazione delle elaborazioni del “Nucleo” spetta a Draghi, che si potrà avvalere delle proposte del Tesoro, della Banca d’Italia, dell’Istat e degli altri centri di ricerca, oltre a ciò che gli perverrà formalmente dai circuiti istituzionali.
In tale valutazione il Premier farà leva sulla sua indiscussa competenza in materia economica e finanziaria. Ma non potrà dimenticare che onore e vanto è stato il ricordo, spesso ripetuto, di essersi formato alla scuola di Federico Caffè che certamente era distante mille miglia da una visione liberista. I Maestri vanno ricordati anche “per facta concludentia”, non solo per quanto hanno scritto; non sono un fiore all’occhiello. A maggior ragione, quando si tratta di una personalità quale era Caffè, la cui vita, esemplare, era una stretta coerenza tra il pensare e l’agire. Doveroso pluralismo, sì, ma altrettanto doverosa una sintesi netta, sicura, per nulla eclettica.
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