Apprendiamo che la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e la ministra per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, hanno firmato un decreto per la costituzione di una Commissione interministeriale per la giustizia nel Mezzogiorno, composta da vertici di uffici giudiziari del Sud, insieme ad avvocati, professori universitari operanti nel Mezzogiorno e dirigenti ministeriali. A presiederla sarà il capo dell’Ispettorato generale di Via Arenula che ogni mese riferirà sull’andamento dei lavori ai ministri competenti. Gli esperti – si legge nel comunicato stampa del Ministero – hanno il compito di individuare e valorizzare le best practices esistenti al fine di superare eventuali criticità. Entro il 30 settembre 2021 la Commissione trasmetterà ai Ministri una relazione sull’esito dei lavori.
Le ragioni che hanno indotto la costituzione della Commissione sono una giustizia più efficace ed efficiente per garantire le condizioni di legalità e sicurezza necessarie per lo sviluppo delle aree del Mezzogiorno, in coerenza con le priorità indicate dal Governo nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Dunque, s’inizia con un approccio minimo e limitato, molto lontano, se non contrario, a quell’auspicato intervento strutturale che possa consentire un vero cambio di passo. Si ritiene, evidentemente, che, se è vero che la giustizia è da riformare perché non funziona, i problemi sono soprattutto al Sud. Ma è così solo in minima parte. Le difficoltà sono sull’intero territorio nazionale e i mali della giustizia sono – come dovrebbe essere la legge – uguali per tutti.
I problemi del
Meridione sono visibili in ogni settore e sono dovuti a una politica cieca e inefficiente a trazione settentrionale che ha investito al Sud sempre in maniera sbagliata. Da sempre scontiamo questa differenziazione tra
Nord e Sud che non fa altro che evidenziare il taglio netto di un Paese diviso in due: dalla
Cassa per il Mezzogiorno ai ministri per il Sud, con buona pace dell’unità d’Italia. Finchè la politica continuerà a coniare etichette di questo tipo, il Meridione – considerato ufficialmente figlio di un dio minore rispetto al Settentrione – non si riprenderà mai. Su questa incomprensibile scia, ecco giungere la Commissione interministeriale per la giustizia nel Mezzogiorno. Nulla di nuovo anche nel metodo di approccio ai molteplici problemi che affliggono il
sistema giustizia. Citando la frase di un noto giurista, gli scantinati del Ministero sono strapieni di faldoni con i lavori delle molteplici Commissioni che si sono succedute nel tempo, mai presi in considerazione, ma ottimo cibo per topi. Ovviamente ci auguriamo che non sarà così e che la nuova nata possa davvero offrire suggerimenti utili per interventi concreti non più rinviabili. Ma sorgono spontanei alcuni interrogativi.
Che senso ha tale Commissione quando è proprio l’Ispettorato generale del Ministero ad avere il compito di accertare se negli uffici giudiziari i servizi sono conformi a leggi, regolamenti e istruzioni vigenti? Chi è stato nominato a presiedere la Commissione dovrebbe già essere in possesso dei dati necessari per i provvedimenti da adottare in via d’urgenza. Inoltre al Ministero giungono periodicamente notizie sullo stato delle singole Corti di Appello, in particolare sull’organico, sui procedimenti pendenti, su quelli conclusi. Pervengono, inoltre, tutte le notizie relative alle carenze delle strutture dove sono allocati i Palazzi di giustizia. Le conoscenze, dunque, ci sono tutte. Sono i provvedimenti necessari che mancano. Per i quali, tra l’altro, vi è già una forza lavoro all’interno del Ministero e specificamente delegata a tutto ciò: commissioni di studio e comitati scientifici dell’ufficio legislativo e del gabinetto del ministro che elaborano relazioni e proposte normative. Quello che manca è la volontà politica d’intervenire, a causa degli eterni conflitti tra i vari partiti che pensano esclusivamente a un facile consenso popolare. L’istituzione delle commissioni si è sempre – o quasi sempre – rivelato un alibi per prendere tempo, a maggior ragione come nel caso specifico, dove i componenti non devono indicare soluzioni, ma solo evidenziare problemi specifici legati alle caratteristiche dei territori che sono già ben conosciuti da tempo.
La diffusione e la valorizzazione delle buone pratiche, alle quali i vertici del Ministero della Giustizia e di quello per la Coesione territoriale hanno fatto riferimento nel presentare la nuova Commissione, possono – volendo – essere esercitate subito e non sarà certo un gruppo di esperti ad accelerare i tempi della loro realizzazione. Né questo tavolo ministeriale potrà essere una preziosa occasione di confronto, come è stato detto, perché il dibattito tra esperti è sempre utile, ma a patto che sia davvero finalizzato a interventi concreti e non a segnalare quanto già conosciuto da tutti. Di recente e di noto per il Sud vi è l’idea di realizzare un nuovo carcere a Bagnoli, oltre quello da tempo progettato per Nola, da 2mila posti. Su queste (per noi) “pazze idee” vorremmo sentire la voce della ministra Cartabia affinchè, come ci auguriamo, ponga un tassello importante su una nuova idea di giustizia e, in particolare, di pena.
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Riccardo Polidoro