Le contraddizioni del governatore
Nuova emergenza Covid De Luca attacca per non essere attaccato

Gentil Alves Cardoso è stato un’icona del calcio brasiliano. Citava Socrate, leggeva Rui Barbosa e apprezzava Gandhi, non sapendo che avrebbe ispirato niente di meno che Vincenzo De Luca. Già, perché il governatore campano ha interiorizzato il motto con il quale Cardoso è passato alla storia, cioè «la miglior difesa è l’attacco». Ne ha dato l’ennesima prova ieri, durante il consueto messaggio urbi et orbi su Facebook, quando ha sparato a palle incatenate (nell’ordine) contro gli irresponsabili che non osservano le ordinanze anti-Covid, le forze dell’ordine che non vigilano, il Viminale e i prefetti che non mettono in campo una task-force, la Protezione Civile nazionale che ha assegnato alle Regioni settentrionali un numero di dispositivi di sicurezza e attrezzature mediche più alto di quelli destinati alla Campania. Autocritica no, quella nemmeno a pagamento.
Negli ultimi tre mesi il numero dei positivi al coronavirus in Campania è aumentato del 140%. Per De Luca la colpa di chi è? Di chi non rispetta o non fa rispettare l’ordinanza del Ministero della Salute, che impone a tutti di indossare la mascherina dopo le 18, e quella che lui stesso ha firmato per estendere l’obbligo all’intero arco della giornata sul territorio campano. «L’assenza totale delle forze dell’ordine è scandalosa», ha tuonato il governatore che poi se l’è presa con la ministra Lamorgese e con i prefetti che, a differenza di quello di Roma, non hanno adottato una strategia specifica per garantire l’osservanza delle norme anti-Covid. A smentire le parole di De Luca, però, ci pensano i dati che il Foglio ha pubblicato nei giorni scorsi: dall’inizio di settembre, le forze dell’ordine hanno sottoposto a controllo 1.363.808 persone; di queste, 4.991 sono state sanzionate; tra le sanzionate, 3.769 risultano multate dalla Prefettura di Napoli. Poi il governatore ha snocciolato numeri evidenziando come a Lombardia e Veneto siano stati concessi più tamponi, ventilatori polmonari, mascherine e altri dispositivi di sicurezza rispetto alla Campania. «La sperequazione nelle forniture dev’essere corretta», ha concluso De Luca prima di leggere la “lista della spesa” che la Campania ha inviato al commissario Domenico Arcuri.
Insomma, il presidente della Regione continua ad azionare quel meccanismo mediatico per il quale, se la pandemia è sotto controllo, il merito è suo; se la situazione sanitaria sfugge di mano, come sta avvenendo da qualche settimana a questa parte, la responsabilità è del Governo nazionale o delle forze dell’ordine o delle Regioni del Nord. Questa strategia ha finora pagato ricchi dividendi a De Luca che l’ha sfruttata per consolidare il proprio consenso, vincere le elezioni e rafforzarsi all’interno del Partito democratico. Ora, però, comincia a risultare indigesta a molti campani, ancora scossi da due mesi di lockdown e travolti da una crisi economica senza precedenti. Anche perché in altre regioni, dove nessun governatore ha azionato il lanciafiamme caro a De Luca, la situazione sanitaria è oggi meno preoccupante rispetto a quella della Campania.
De Luca, dunque, deve capire che il terrorismo psicologico ha fatto il suo tempo. Adesso bisogna riorganizzare i trasporti, visto che treni e autobus stracolmi sono un veicolo di contagio; individuare spazi di aggregazione nuovi, così da decongestionare quelli tradizionali; tagliare la burocrazia e incentivare nuove forme di lavoro, in modo tale da evitare assembramenti negli uffici; compulsare i referenti politici nazionali, se necessario per ottenere il materiale necessario. Vanno bene il richiamo alla responsabilità e l’aumento dei posti letto negli ospedali, ma non bastano. Per De Luca è arrivato il momento di trovare soluzioni ai problemi. Non solo (e sempre) capri espiatori.
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