Le tre settimane dopo il voto europeo sembrano aver dato, per ora, solo la consapevolezza del fallimento. Allora, torniamo su questa pagina a riflettere su quel pezzo di politica liberaldemocratico, che si è dimostrato a disagio nella chiara tendenza bipolare. Ci concentriamo, naturalmente su Milano, dove il disagio politico potrebbe riflettersi in modo particolarmente importante su una città che – come abbiamo visto già nelle scorse settimane – è “geneticamente” riformista e semmai dalle polarizzazioni trae lezione civica per cercare equilibrio. Il tema è solo in parte il seguito dell’attuale amministrazione: il “dopo Sala” non è un esercizio politico, ma la necessità di dare continuità a progetti di rigenerazione, investimenti, progetti civici. Considerando il peso della politica che va dal PD verso sinistra, l’equilibrio di cui sopra – indispensabile anche come contrasto rispetto ai progetti sicuramente in corso a destra – riguarda quell’area libdem che le elezioni europee hanno definito come dotata di un potenziale in crescita, su Milano: 13 %.

Le domande che ci poniamo oggi sono, a questo punto nette, perché nette devono essere le risposte:
– Alla luce delle reazioni del dopo voto, quella delle componenti libdem è un’addizione possibile?
– A quali condizioni? C’è un ordine degli addendi?
– Deve nascere e crescere nella maggioranza attuale di governo della città o investire su un’idea di autonomia, fin da ora?
– La direzione è verso un polo centrista, o verso un soggetto liberaldemocratico, quindi laterale rispetto ad uno classico schema di centrosinistra?

 

Le sfide che arriveranno

Aritmeticamente l’addizione è possibile. A Milano c’è sempre stata un’area centrale liberal democratica di quelle proporzioni. Questo sino a che sono esistiti i partiti. Poi più nulla di consolidato ed autosufficiente. Le recenti europee hanno dimostrato che quello spazio esiste ancora, ma anche che, se non lo si unifica politicamente, rischia di non avere futuro. O di averne uno, anche se molto brillante, ma alle spalle. La condizione è una sola, partire da Milano. Non tanto dai suoi innegabili successi e dalle sue altrettanto innegabili contraddizioni,ma dalle sfide che l’attendono: transizione ecologica, salute e pandemie, formazione e innovazione, coesione ed equità sociale. Sfide che ormai ovunque nel mondo si combattono e si vincono ( oppure si perdono) nelle città. Milano non fa eccezione, anzi, se la si considera, come si deve, come il cervello ed il cuore della terza area metropolitana d’Europa,questo è proprio il compito a cui la porta, non un distorto meccanismo di sviluppo, come taluni dicono, ma tutta la sua storia. Se il tema è quello di “riformare” la città, l’area libdem ci è già dentro sino al collo , si esprime a tutti i livelli della civile ed in particolare in tutto ciò che la connette all’economia della conoscenza. Quanto alla maggioranza che guida il Comune, il punto decisivo è la capacità del Sindaco Sala di portarla su questo terreno. Va da sé che l’area liberal democratica deve sostenerlo in questo sforzo difficilissimo. Il “soggetto” è ciò che si deve fare. Soggetto vuol dire le persone anche quando sbagliano. Il “polo”, invece, indica un luogo che, forse, non esiste più.

Giampiero Borghini già sindaco di Milano

 

L’addizione è possibile

L’addizione è possibile, auspicabile ma non probabile fino a quando i due leader che sono usciti sconfitti dalle europee non faranno un passetto di lato (ovviamente rimanendo padri nobili e continuando a ricoprire cariche di partito, per carità nessuno gliele tocca).I milanesi sono generosi e costruttivi ma implacabili di fronte all’ ottusità, se si costituirà un polo liberal democratico lo voteranno anche dopo la figuraccia delle europee, se non si costruirà una casa comune quel 13% andrà diviso in ugual misura tra Forza Italia e PD; alle prossime amministrative è meglio se non si presentano proprio (in ogni caso non con uno dei due simboli IV e Azione). Se nell’attuale maggioranza di governo ci fossero uomini e donne che hanno il coraggio e la voglia di sottrarsi alle prescrizioni dei partiti di appartenenza e costruire una visione nuova della città tutto sarebbe possibile ma non li vedo, sarà più probabile che la spinta arrivi dalla società civile milanese.
Destra, sinistra e centro, sono categorie un po’ ammuffite e non so se in Italia significano ancora qualcosa (per i boomer copyright Giorgio Gaber), mi rendo conto che è necessario identificare l’area dell’emiciclo dove siedono gli eletti di ciascuna parte politica, ma sarebbe molto interessante provare a inventare nuove categorie spaziali per identificare nuove categorie ideali, magari essere quelli che stanno in alto o in basso, davanti o indietro, oppure quelli che sono in piedi e quelli seduti, scherzo, ma se penso ad uno ‘spazio’ politico mi piacerebbe che fosse ‘indietro’ per tenere sempre presenti i bisogni degli ultimi, ‘in piedi’ di fronte alle istituzioni e ai cittadini e in ‘alto’ per richiamare i l’importanza dei valori fondanti della convivenza civile e simboleggiare il ruolo di guida nei confronti del paese.

Veronica Rossetto Fondatrice del “Mercoledì dei riformisti”

 

Un’unico pezzo del nostro tessuto

Il 13% dei milanesi ma anche il milione e 700.000 voti andati dispersi alle europee, in generale quel 10% tendenziale che l’elettorato nazionale esprime da alcuni ultimi anni verso la proposta riformista, non sono il risultato di un’addizione, ma sono un unico pezzo essenziale del nostro tessuto democratico: europeista, riformista e liberaldemocratico. Oggi dunque più che fare addizioni di piccoli partiti, dobbiamo superare gli addendi e ricostruire un progetto unitario indivisibile del riformismo italiano alternativo ai populismi. Il tema di oggi non è il futuro dei partiti dell’ex terzo polo, ma il futuro della rappresentanza che offriremo a quel 10% di elettori che non si sentono rappresentati. La condizione prima è che si prenda atto del disastro politico del 9 giugno e se ne capisca la lezione. Non si cada nella tentazione di rimettere insieme i cocci di questo modello che è fallito e riprovarci. Occorre il coraggio di ricostruire dalle fondamenta la casa di un partito riformista e liberal-democratico, ove il cemento che lo regge siano le idee di paese che ci accomunano, le regole della democrazia di partito e non i carismi personali, a volte padronali, dei capi. Occorre avviare un percorso costituente unitario. Non si tratta di fare epurazioni, ma capire tutti che all’indomani di un disastro non ha senso difendere il passato ma ha senso disporsi a mente libera inventare futuro. Milano come sempre deve mettersi in cammino per prima. Certo, dall’interno dello spazio di coalizione che è al governo nella città, ma con una identità autonoma, assertiva, propositiva, capace di rappresentare il DNA riformista della città. Che sostenga la giunta Sala ma apra subito qui a Milano il cantiere di un nuovo partito, che sia anche laboratorio di progettazione metropolitana. La direzione è verso un soggetto laterale, certo, autonoma, come ogni binario è laterale e separato dall’altro ma al contempo essenziale per la tenuta del treno.

Marco Ghetti Presidente “Per l’Italia con l’Europa”

 

Un respiro ambrosiano

Costruire una proposta a forte vocazione liberale è possibile e anche necessario, purché non sia una semplice addizione di soggetti. Occorre dare il via a un processo aperto, che abbia un respiro ambrosiano capace di andare ben al di là delle forze oggi presenti e che ci immunizzi da inutili fusioni a freddo tra elementi diversi, alcuni dei quali peraltro non si parlano neanche tra loro, persino in senso letterale. Vanno inclusi mondi che operano al di fuori del perimetro dei partiti, soggetti che hanno da dire e da dare alla Città. E tutto questo iniziando a breve, non in vista delle elezioni comunali… Ricordando tra l’altro che si può e si deve diventare riferimento per chi oggi e sempre di più non si sente rappresentato, per chi non si riconosce nell’attuale schema dei partiti e si è così allontanato non solo dalla politica o dalla partecipazione civile, ma finanche dal voto stesso. Innanzitutto bisogna definire chi sei e che cosa vuoi fare tu. Solo dopo puoi confrontarti con gli altri, evitando comunque di riproporre assetti che hanno dimostrato limiti, incluso per la maggioranza attuale. Inoltre, se il contesto è quello del dopo Sala, non sarà molto utile per Milano restare fino alle elezioni nello schema diviso tra chi lo attacca a tutti i costi e di chi lo difende a tutti i costi. Il costo tra l’altro lo pagherebbe proprio la progettualità necessaria per superare Sala e governare Milano nei successivi 10 anni. Già da adesso in Consiglio comunale chi vuole può farlo. Noi componenti costruttive dell’opposizione abbiamo incalzato la maggioranza trovando riscontri dalle sue componenti più aperte, pragmatiche e non ideologiche. Se si intende centrismo in quanto tale, rischia di essere solo una formula di banale topologia politica e poco credibile. Se invece si tratta di far partire un soggetto che avendo una forte identità liberal-democratica e riformista è capace di trasmetterla e sui suoi valori, sulle sue idee e sui suoi progetti la rafforza, lo schema in campo può cambiare, anche nella scelta del candidato Sindaco.

Manfredi Palmeri, Consigliere Comunale Milano

Mario Alberto Marchi

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