Pandemia e Ucraina, il premier ottimista
Nuove regole Covid, cosa cambia dal 1° maggio: tutte le regole
Non è chiaro se Mario Draghi, parafrasando Gramsci, coltivi l’ottimismo tanto della ragione quanto della volontà. Forse è “solo” pragmatismo innato e anche indotto dall’educazione gesuita. Di sicuro non ama le lamentazioni, gli allarmismi e la definizione dei mezzi senza prima aver chiari gli obiettivi da raggiungere con quegli stessi mezzi. Così, nel giorno in cui il Consiglio dei ministri “chiude” – pur sempre monitorandola e con alcune cautele – l’emergenza pandemica, il premier non vuole drammatizzare e meno che mai sminuire la nuova emergenza che è quella bellica.
Nella conferenza stampa successiva al Consiglio dei ministri, Draghi viene provocato un paio di volte “se la sente di tranquillizzare gli italiani” sull’evoluzione della guerra in Ucraina oppure se non sarebbe il caso di “lanciare l’allarme” e preparare ad un’economia di guerra con tanto di razionamento. «Il modo migliore – è la risposta dritta e con voce ferma – è sempre quello di dire la verità e di spiegare i modi per affrontare la realtà». Quindi sono «comprensibili stanchezza e preoccupazione» ma il governo «è pronto ad aiutare famiglie ed imprese di cui vuole tutelare la competitività e, a volte purtroppo, la sopravvivenza». Nessuno vuole indorare la pillola e raccontare favole. Ma da qui a lanciare allarmi ce ne corre. Da parte di Putin «non c’è la volontà di cercare la pace ma di fare la guerra». Scarseggiano le materie prime e l’inflazione galoppa «ma non è ancora il caso di lanciare allarmi. Dobbiamo prepararci, ci potranno essere disagi ma non siamo ancora nella fase in cui entrare in logiche di razionamento e provvedimenti analoghi».
Troppo presto per disperarsi. È invece il tempo di rimboccarsi le maniche e diversificare le nostre fonti di approvvigionamento. Certo, «se poi le cose dovessero peggiorare, entreremo in una logica di razionamento». Ma quel momento non è adesso. Non ancora almeno. Mario Draghi si presenta in conferenza stampa con il ministro della Salute Roberto Speranza. Era il ritorno alla normalità e il superamento dell’emergenza pandemica l’oggetto del Consiglio dei ministri che ha approvato all’unanimità il decreto di 17 pagine con cui si dice fine alle restrizioni. Dal primo maggio addio al green pass e alle mascherine nei luoghi chiusi. Fine della sospensione dal lavoro per mancata vaccinazione. Nelle aziende, basterà il green pass base fino al 30 aprile. L’obbligo vaccinale già in vigore per alcune categorie resta fino al 15 giugno – dopo rimarrà solo per il personale nel mondo sanitario e nelle Rsa – ma dal primo aprile decadono tutte le sanzioni tranne quella pecuniaria. Fine delle quarantene da contatto – via la Dad nelle scuole – e sarà previsto l’isolamento solo per i contagiati. Archiviato il sistema delle regioni a colori.
È il giorno dei ringraziamenti e della riconoscenza per il ministro Speranza «che ha gestito questi due lunghissimi anni», per i tecnici del Cts «che ci hanno accompagnato nelle decisioni con la forza dei dati», per gli italiani che «hanno mostrato altruismo, pazienza e alto senso civico». I dati dicono che i vaccini «hanno risparmiato 80 mila decessi solo nel 2021». Grazie quindi alla struttura del generale Figliuolo la cui nomina «ha segnato senza dubbio una svolta nella lotta alla pandemia». Grazie al governo precedente, al Parlamento e alle regioni – e al ministro Gelmini – «con cui ha funzionato un rapporto altamente collaborativo». Dopodiché il virus circola e presso il ministero della Salute resta operativa la struttura che monitorerà l’andamento delle curve e pronta ad intervenire se sarà nuovamente necessario.
Unica nota di dissenso, nel cdm, è stata la Lega che avrebbe voluto togliere da subito il green pass anche nei ristoranti al chiuso. Il ministro Garavaglia ha promesso una richiesta danni per 500 milioni al ministro Speranza. «Sono curioso di sapere come il ministro può quantificare le perdite in 500 milioni. Comunque il Cdm è andato bene». Anzi, “tranquillo”. Il tema oggi è purtroppo la guerra. Rispetto alla quale occorre tenere nervi saldi, mente lucida, cercare la via della pace – «che al momento Putin non vuole» – e sostenere in ogni modo famiglie e imprese. Il governo crede di aver trovato alcune risposte per l’immediato. Saranno discusse oggi pomeriggio in un nuovo Consiglio dei ministri. È chiaro che non c’è solo il taglio di 15 centesimi alla pompa del costo della benzina. «Per quello che riguarda le materie prime (che stanno costringendo alcune filiere a chiudere, ndr) ci sarà un piano di diversificazione per l’approvvigionamento. Per le famiglie ci sarà un intervento per calmierare i prezzi». Draghi li definisce «provvedimenti adeguati, almeno a questo momento».
Quindi non ci sarà oggi alcuno scostamento di bilancio, che invece tutti i partiti chiedono a gran voce. Inutile definire il mezzo se prima non sono stati chiariti gli obiettivi. «Certo – ammette il premier – la situazione è di grande incertezza e con molta volatilità dei prezzi. Aspettiamo il Def che è stato anticipato a fine marzo per avere il quadro macroeconomico ma nessuno al momento parla e vede una recessione». Anzi, obiettivo del governo è esattamente il contrario: tutelare il più possibile la crescita.
Per questo è importante la riunione di stamani con i primi ministri di Grecia, Spagna e Portogallo. «Una riunione – spiega Draghi – per coordinarsi meglio in vista del vertice Ue della prossima settimana». Due gli obiettivi del governo italiano su cui cerca di avere la massima collaborazione: il tetto europeo al prezzo del gas; il distacco del costo dell’energia elettrica (meno cara) rispetto a quello del gas. Individuare soluzioni senza lamentarsi prima del necessario.
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