Contagi in aumento, indite Rt a 1,7 con relativo allarme dell’Istituto Superiore di Sanità (“Si va verso le scenario di tipo 4, quello peggiore”) e Governo spaccato sulle misure da adottare.

L’ipotesi sul tavolo del premier Giuseppe Conte è quella di avallare chiusure mirate e limite agli spostamenti tra le Regioni. Il criterio, già stabilito in un precedente Dpcm, è quello di valutare l’Rt e dove è fuori controllo adottare un mini-lockdown.

Stando all’ultimo report dell’Iss, relativo al periodo 19-25 ottobre,  l’indice di trasmissibilità Rt calcolato sui casi sintomatici di coronavirus è pari a 1,70, con undici regioni classificate a rischio elevato (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Liguria, Lombardia, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto) di una trasmissione non controllata del virus.

Il monitoraggio è continuo, il premier attende l’arrivo dei primi dati che siano riferibili all’Italia post Dpcm del 24 ottobre, per capire quanti e quali effetti abbia avuto la prima stretta. “Ad horas – filtra da palazzo Chigi – non c’è nulla”, ma la situazione è in costante evoluzione. Sul tavolo restano diverse ipotesi: da un coprifuoco nazionale fissato alle 18, allo stop agli spostamenti tra Regioni.

I mini-lockdown potrebbero scattare per le aree metropolitane più colpite, ovvero Milano, Napoli, Bologna, Torino e Roma. Nel pomeriggio c’è stato un vertice tra i rappresentati del Governo e il Cts che nelle prossime ore fornirà l’elenco completo di tutti i territorio a rischio chiusura.

Ultimatum dalla comunità scientifica: “Stiamo inseguendo il virus da 15 giorni, occorrono chiusure, anche differenziate in base ai contagi”.

Parole ovvie quelle del ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Sono ore di riflessione europea. Sto sentendo i miei omologhi europei, è chiaro che rispetto alla curva dei contagi europei, l’Italia non è nella parte alta dei contagi, ma dobbiamo capire se anticipare delle mosse e fare in modo che la curva non peggiori”. Queste le sue dichiarazioni ai cronisti durante la festa de Il Foglio, precisando che “comunque il prossimo dpcm sarà più restrittivo”.

IL NUVO DPCM – In ambienti parlamentari, però, si registra un certo pressing per accelerare. Il nuovo Dpcm, originariamente ipotizzato per il giorno 9, potrebbe essere anticipato al 6 novembre. Il pressing sull’esecutivo è forte. Parla chiaro il report della cabina di regia. Quasi tutte le regioni hanno ormai un Rt sopra l’1,5. E se qualcuno spinge per circoscrivere il confinamento ai territori più colpiti, si fa strada la consapevolezza che serva un provvedimento uniforme a livello nazionale.

SCONTRO SULLA SCUOLA – La parola lockdown corre tra le riunioni, che si susseguono senza sosta. I ministri Pd fanno il punto per registrare quella che ormai sembra essere l’unica reale alternativa possibile e si dicono pronti a sostenerla. Anche la decisione di tenere comunque aperte le scuole sembra – nelle discussioni frenetiche di queste ore – un tabù nei prossimi giorni destinato a cadere. Le Regioni spingono per la didattica a distanza, Azzolina e il Governo (prima tra tutto Iv con Teresa Bellanova che lo dice chiaro al premier) provano a resistere. Ma ormai non si esclude più nulla. A salvarsi potrebbero essere solo la scuola dell’infanzia e le elementari.

Il quadro potrebbe essere più chiaro da mercoledì, quando il premier sarà in Parlamento per le “comunicazioni” sulla situazione sanitaria ed economica del Paese. Alle parole del premier seguirà il voto delle risoluzioni di maggioranza e di opposizione. L’idea, viene riferito, è quella di mettere sul tavolo non un’unica via, ma diverse opzioni, in modo da rendere concreto il coinvolgimento del centrodestra, come chiesto a più riprese dai diretti interessati ma anche da Nicola Zingaretti.

 

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