Luci e ombre, alti e bassi, chiari e scuri. La radiografia del sistema Italia restituisce la fotografia di un paese con degli interessanti fondamentali ma che ha urgente bisogno di innovarsi. Se da una parte si registra il record di occupazione e si rivede al rialzo il Pil acquisito per il 2024, dall’altra aumenta la povertà assoluta e ci collochiamo tra gli ultimi paesi al mondo per quanto riguarda l’ecosistema dell’innovazione. Ed è proprio su questa linea che ieri Fabio Panetta, governatore della Banca d’Italia, ha centrato le sue considerazioni finali per la Relazione annuale dell’istituto: l’economia italiana soffre ancora di «problemi gravi, alcuni radicati e di difficile soluzione», ma al tempo stesso «non riesco a credere che un paese come il nostro non possa oggi superare difficoltà che sono sotto gli occhi di tutti, su cui tutti concordiamo». Motivo per cui ha invitato a «guardare con fiducia al futuro».

L’occupazione

Gli ultimi dati Istat sul lavoro in Italia sono incoraggianti. Ad aprile 2024, rispetto al mese scorso, aumentano gli occupati e il tasso di occupazione sale al 62,3% raggiungendo così un nuovo record positivo. Nello specifico l’occupazione cresce per uomini e donne, per dipendenti e autonomi e per tutte le classi d’età. L’unica eccezione riguarda la quota dei 25-34enni, che invece deve fare i conti con un calo. Il numero degli occupati – che ammonta a 23 milioni 975mila – è superiore di 516mila unità rispetto ad aprile 2023, per effetto dell’incremento di 444mila dipendenti permanenti e di 154mila autonomi e della diminuzione di 82mila dipendenti a termine. Non solo: al tempo stesso diminuiscono i disoccupati, il cui tasso cala al 6,9% (-0,2 punti). Per la prima volta dopo oltre 15 anni la disoccupazione scende sotto la soglia del 7%.

Insomma, l’intero mercato del lavoro in Italia si sta muovendo. I numeri danno fiducia e consentono di guardare con ottimismo al futuro. Fermo restando che la priorità è quella di consolidare la crescita economica nazionale, e per farlo si deve continuare a stimolare sempre di più l’aumento dell’occupazione stabile.

 

 

Il Pil

La ripresa dell’Italia in termini occupazionali ed economici è testimoniata anche dalla crescita del Pil. Come riportato dall’Istat, nel primo trimestre del 2024 il Prodotto interno lordo è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,7% nei confronti del primo trimestre del 2023. Anche la crescita congiunturale del Pil diffusa il 30 aprile 2024 era stata dello 0,3%, mentre quella tendenziale era stata dello 0,6%. A tutto ciò si aggiungono gli andamenti congiunturali positivi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con l’agricoltura cresciuta del 3,3% e l’industria e i servizi dello 0,3%.
I numeri fanno il paio con le parole di Panetta, che escludono scenari nefasti e sorridono al futuro: «Non siamo condannati alla stagnazione. La ripresa registrata dopo la crisi pandemica è stata superiore alle previsioni e a quella delle altre grandi economie dell’area. Contrariamente a quanto avvenuto in episodi di crisi del passato, è stata intensa anche nel Mezzogiorno». In sostanza il paese sta reagendo e sta accelerando nel suo percorso di crescita.

 

La povertà

Ma non sono tutte rose e fiori nell’economia italiana. Il 50% dei nostri connazionali non è soddisfatto della propria condizione economica attuale e il 33% non saprebbe far fronte a spese impreviste (di mille euro o superiori). Questi i numeri emersi dalla ricerca Ipsos che ha intervistato i nostri connazionali tra 18 e 65 anni. Quando si parla di povertà assoluta ci si riferisce a un contesto in cui le persone lottano per soddisfare i bisogni fondamentali come il cibo e l’acqua, la povertà relativa invece quando esiste un divario economico rispetto alla media della società. Esiste inoltre il concetto di povertà multidimensionale che include diversi fattori che influenzano la qualità della vita. Se è vero che la percezione individuale di essere poveri dipende dalle aspettative personali, è altrettanto vero che vi sono fattori oggettivi che giocano un ruolo fondamentale nell’identificazione della povertà, come la disponibilità e l’accesso a servizi come sanità, istruzione, trasporti pubblici, acqua potabile e igiene.

Nel 2022 erano in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale in crescita dal 7,7% nel 2021), secondo i dati Istat. Ovvero oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% nel 2021). Peggioramento imputabile all’accelerazione dell’inflazione. La povertà assoluta è meno diffusa al Nord e al Centro rispetto al Mezzogiorno, dove famiglie e individui faticano maggiormente a soddisfare i bisogni essenziali. Una situazione che spaventa soprattutto le donne: 2 italiani su 3 affermano che il paese non ha margine di miglioramento. Disaggregando il 64% che ha espresso questa opinione, si scopre che è composto in larga parte da donne, 35-44enni e non occupati. La percentuale di famiglie in povertà di igiene, ovvero nell’impossibilità di permettersi le spese relative all’igiene personale e dei propri indumenti, si attesta tra l’1% e il 10% della popolazione. Solo il 15%, tra i più giovani e sensibili alle tematiche sociali, dichiara di conoscere molto bene il tema.

L’assegno d’inclusione (2024) introduce una nuova fase delle politiche contro la povertà e concede il diritto a ricevere un sostegno solo in base alle caratteristiche della propria famiglia, in particolare la presenza di figli minori. L’evoluzione del reddito di cittadinanza prevede il passaggio all’assegno d’inclusione e il supporto per la formazione e il lavoro che si configura come aiuto temporaneo di 350 euro mensili fino a un massimo di 12 mesi, erogato a condizione che l’utente partecipi a corsi di formazione o progetti utili a collettività. Per queste misure sono stanziati circa 5,5 miliardi per il 2024 (il 19% della legge di bilancio) e 1,5 miliardi (5%) per il supporto formazione e lavoro.

L’innovazione

Sulla frontiera della modernizzazione, dell’evoluzione tecnologica e dell’innovazione l’Italia è indietro rispetto a Regno Unito, Svizzera, Germania e Francia. Questo è quanto emerge dal report realizzato di The European House–Ambrosetti. L’indice ha confrontato 37 paesi ad alta performance innovativa. Sul podio Singapore fa il suo esordio nella nuova classifica, con un punteggio di 5,41 (su una scala da 1 a 10), seguono poi Israele (5,21) ed Estonia (5,17). L’Italia si colloca nella parte più bassa con un punteggio di 3,19 punti e perdendo una posizione rispetto al 2020.

Il confronto tra il nostro paese e le variabili che valutano la presenza degli elementi abilitanti dei processi di innovazione, configura un quadro fortemente negativo che vede l’Italia 32esima in innovazione dell’ecosistema e 28esima per capitale umano. L’unica variabile che dà fiducia è la produzione di nuove idee, per il cui impatto economico per lo Stivale scala la classifica fino al 10° posto. A livello regionale, considerando quattro categorie (sviluppo economico, capitale umano, talento per l’innovazione e infrastrutture digitali e tecnologie), emerge che la Lombardia è la prima tra le Regioni italiane a guidare l’innovazione, la Provincia Autonoma di Trento perde due posizioni seguita dal Lazio. L’Emilia-Romagna scivola di 10 posizioni. Fanalini di coda Basilicata, Sicilia e Calabria. Fanno meglio le università italiane, ce ne sono 11 nella top 100 europea, grazie al numero di domande di brevetto depositate, con una crescita del 38% nella decade 2014-2023. Nonostante l’Italia si classifichi al 12esimo posto per numero di ricercatori, i laureati nelle materie Stem (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) sono ancora una quota contenuta.

Un’altra criticità è rappresentata dalle risorse messe in campo per le attività di ricerca e sviluppo. L’Italia, in 25esima posizione, è lontana ad esempio dal Regno Unito, che investe il triplo e 38 volte di più nel finanziamento del capitale di rischio. È stata analizzata anche l’attrattività del paese. Solo una piccola parte del flusso netto in entrata deriva dagli investimenti diretti esteri; al contempo solo una piccola percentuale dei prodotti esportati sono di tipo tecnologico, ben il 184% in meno rispetto a Singapore, leader della classifica.

Riccardo Annibali - Luca Sablone

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