C’è un dato che, purtroppo, continua a caratterizzare l’attuale stagione politica nel nostro paese. Ovvero la deriva della radicalizzazione della lotta politica. Tra i partiti e i rispettivi schieramenti. Una radicalizzazione che rischia di mettere in discussione lo stesso principio della democrazia dell’alternanza che, invece, può tranquillamente convivere con qualsiasi sistema elettorale. Proporzionale o maggioritario che sia, non fa alcuna differenza. È indubbio che c’è un tassello che rischia di consolidare questa deriva. Ed è rappresentato da quello che comunemente viene definito come “odio ideologico” nei confronti dell’avversario che, nel frattempo, è diventato un nemico irriducibile e implacabile. Un odio ideologico che coltiva l’esclusivo obiettivo di demolire l’avversario, prima sotto il profilo morale e poi di distruggerlo sul versante politico.

Costruire un’alternativa politica

Ora, per entrare nello specifico, com’è possibile costruire un’alternativa politica e di governo all’attuale esecutivo guidato da Giorgia Meloni attraverso lo strumento dell’odio ideologico e della radicale delegittimazione morale e politica dell’avversario-nemico? Richiamo questo aspetto perché neanche ai tempi del vecchio Pci, seppur contraddistinti dalla cosiddetta “conventio ad excludendum” nei confronti del principale partito dell’opposizione dell’epoca, c’era questa prassi nella costruzione di un progetto politico alternativo rispetto alla Democrazia Cristiana e alla sua alleanza con i partiti di democrazia laica e socialista. Era il progetto politico l’elemento alternativo e non la cattiveria o il settarismo ideologico.

Dalle ideologie ai progetti

Ecco perché occorre essere molto attenti anche sulla terminologia concreta. Non può esserci una credibile e trasparente democrazia dell’alternanza se l’alleanza o la coalizione viene semplicisticamente definita come fronte popolare o come un vago e indistinto “campo largo”. Detto con altre parole, non può essere la logica del pallottoliere la strada maestra per costruire seriamente una coalizione. E le vicende politiche concrete di questi giorni lo confermano in mondo persino plateale.

Per queste ragioni, semplici ma essenziali, forse è arrivato il momento per ritornare a privilegiare la politica. Ovvero i contenuti e un progetto di governo che si basano non sulla radicale avversione ideologica nei confronti del nemico ma, al contrario, sulla costruzione di un programma alternativo serio e credibile. Dunque bisogna archiviare definitivamente le ideologie e le  tragedie del Novecento, senza più trasformarle in una clava da scagliare contro il nemico di turno. Non è più tollerabile avviare un confronto politico in vista di qualsiasi competizione elettorale dovendo anche affrontare temi e argomenti che persistono solo in qualche mente strampalata o goliardica quali il rischio del “ritorno di un regime”, di una “deriva illiberale” o di una “torsione autoritaria”.