I corpi degli atleti vanno in pezzi. Si consumano al punto che, molto presto, vanno fuori uso. I corpi degli atleti sono come quelle vaste mappe piene di cicatrici, segni di ripetuti interventi chirurgici, fratture, mezzi di sintesi che parlano di dolore e ancora dolore. Certo, l’usura degrada naturalmente i corpi umani di tutti, anche quelli più sani e talentuosi. Ma soprattutto devasta i corpi “d’élite”, quelli che arrivano a gareggiare in sport olimpici ad alto impatto come il wrestling, il rugby o la ginnastica. Quelli in cui le spalle cedono, i legamenti si strappano e, per alcuni, viti metalliche e placche in titanio diventano solo altro hardware – corpo estraneo annesso al proprio – nella lunga e affannata ricerca di oro, argento e bronzo che dura una vita. La vita di un atleta olimpico.

Non ci sono sospensioni

Un reportage del NYT del 1° agosto scorso racconta la storia di Mariana Pajón, ciclista colombiana di BMX: 5 fratture, 12 viti, otto interventi chirurgici e innumerevoli rotture di legamenti e tendini. L’hardware medico nel suo braccio sinistro e nel ginocchio include così tanto metallo che l’atleta, racconta, è solita viaggiare sempre con le sue radiografie. Ma ormai è abituata e ci ride su, come un fatto della vita inevitabile: “Le mie articolazioni sono quelle di una ottantenne e passa”, dice al quotidiano Usa Pajón. Ha 32 anni. Nelle gare BMX, le bici sono rigide, quindi il corpo assorbe gran parte della forza dei salti: “Non abbiamo sospensioni”, spiega la ciclista. “Sono le nostre articolazioni a funzionare come sospensioni”: polsi, gomiti, spalle, schiena, ginocchia, caviglie. “Si passa attraverso così tanta vita”, prosegue Pajón “e attraverso così tante sale operatorie, attraverso così tanto dolore, ma non è facile”. Soprattutto se si pensa che a Parigi, tutto è così veloce, “un giro di 35 secondi ed è fatta!”.

Nella ginnastica, le articolazioni sono sottoposte a una forte e costante tensione. Nella boxe, i pugni colpiscono il corpo. Nella lotta, i corpi sono piegati e sbattuti sul tappeto. Nell’hockey su prato, i bastoni possono schiacciare le dita così forte da portare all’amputazione: recentissima la storia di Matthew Dawson, giocatore australiano di hockey su prato. A luglio, la mazza da hockey di un altro giocatore lo colpisce accidentalmente al dito, lasciandolo sanguinante e parzialmente staccato: Dawson sceglie di amputare la falange superiore piuttosto che perdersi le Olimpiadi di Parigi. Ma la questione dei corpi degli sportivi e delle dure prove a cui sono sottoposti non riguarda solo le Olimpiadi. Secondo uno studio del 2022 di Isokinetic – gruppo medico fondato a Bologna nel 1987 e considerato oggi il punto di riferimento internazionale nel settore della riabilitazione ortopedica e sportiva – gli infortuni calcistici al legamento crociato del ginocchio sono aumentati del 6%, negli ultimi vent’anni. I problemi sembrano da una parte un effetto dell’accelerazione dei ritmi di gioco ma c’entra, come sempre, il fatto che si giochi troppo. In questo contesto, gli atleti devono pensare a sviluppare strategie di auto-protezione: curare la propria routine fisica e mentale in modo da non diventare pazzi o da non infortunarsi. Ma non devono fare tutto da soli.

La riabilitazione

I progressi della tecnologia e della medicina dello sport potrebbero prevenire alcuni infortuni e facilitare il recupero. E le applicazioni dell’IA vanno ben oltre la nostra immaginazione. Per esempio, analizzando i dati delle prestazioni degli atleti, l’IA può prevedere potenziali infortuni, consentire interventi tempestivi e misure preventive, riducendo drasticamente i tempi di inattività.
Anche in ambito riabilitativo, l’Intelligenza artificiale può aiutare. Tracciando il recupero di un atleta, le tecnologie intelligenti sono in grado di offrire piani di riabilitazione personalizzati che rendono massima l’efficienza del processo di recupero. Questo riduce la possibilità di nuovi infortuni e garantisce che gli atleti tornino a prestazioni ottimali in minor tempo. Un altro ambito di azione importante dell’IA nello sport sono le tecnologie di trascrizione della dettatura medica abilitate dall’intelligenza artificiale: fanno risparmiare una notevole quantità di tempo ai professionisti e garantiscono che ogni dettaglio della loro salute sia meticolosamente registrato. Comprese le esigenze nutrizionali.

Sempre meno dolore

Ma anche nella progettazione delle attrezzature, l’IA può aiutare molto. Per esempio, con l’aiuto dei dati biometrici, riesce a progettare scarpe personalizzate, equipaggiamento protettivo e altre attrezzature sportive per ridurre al minimo il rischio di infortuni. La realtà virtuale può essere, infine, utilizzata per simulare scenari di gioco del mondo reale senza che l’atleta provi stress fisico: analizzando una serie di parametri – la forma fisica del giocatore, l’efficacia della strategia e il comportamento dell’avversario – l’IA può fornire informazioni cruciali in movimento. Anche per apportare modifiche durante il gioco, cambiando potenzialmente l’andamento della competizione. Qualsiasi atleta dirà che per arrivare così in alto, ha dovuto accettare il dolore che prova ogni giorno della sua vita. La buona notizia è che lo sport del futuro gli riserverà sempre meno dolore e anche meno scricchiolii alle ossa.

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Ho scritto “Opus Gay", un saggio inchiesta su omofobia e morale sessuale cattolica, ho fondato GnamGlam, progetto sull'agroalimentare. Sono tutrice volontaria di minori stranieri non accompagnati e mi interesso da sempre di diritti, immigrazione, ambiente e territorio. Lavoro in Fondazione Luigi Einaudi