Siamo tutti coinvolti dal terremoto in Birmania e mobilitati nella solidarietà e negli aiuti. La grandiosità dell’evento lo fa sembrare un unicum, ma in realtà siamo sempre più dentro ad altre emergenze prodotte da fenomeni naturali diversi – alluvioni, siccità, altri terremoti – sempre più intensi, frequenti, distruttivi. Lo sappiamo da tempo. Oltre alle crescenti disuguaglianze sociali, sono i cambiamenti climatici a mettere in crisi il modello globale di sviluppo, che si dimostra inadatto ad affrontare le contraddizioni dell’oggi e le sfide del futuro.

La nostra arca di Noè è la tutela generale del nostro ambiente naturale. Se non si possono evitare i terremoti, si possono prevenirne gli effetti. Le alluvioni e le siccità si possono controllare e, in molti casi, anche evitare. Chiediamoci: quante infrastrutture e quante case in Italia e nel mondo sono antisismiche? Quanti fiumi possono essere meglio arginati? Quante foreste o boschi vanno protetti o ripiantati? La scienza e le tecnologie di cui oggi disponiamo ci offrono molte risposte. La questione non riguarda solo i politici, i bilanci degli Stati e dei Comuni, sempre più esposti all’improvviso esplodere delle emergenze, o gli ingegneri e gli architetti… anche chi produce bulloni o nanotecnologie; tessuti o lampadari; chi fa finanza o spettacolo, ha davanti il tempo di una generazione, o poco più, per evitare l’irreparabile.

Il quadro politico ed economico globale non volge al buono: gli Stati Uniti escono dalle convenzioni internazionali sul clima; l’opinione pubblica è, comprensibilmente, preoccupata dalle guerre; l’economia tende a concentrare la ricchezza anziché distribuirla. Però, l’emergenza è tale che bisogna insistere; andare controcorrente. Fare ciascuno quel che può. La finanza ESG lentamente si diffonde; molte imprese e istituzioni stanno introducendo la sostenibilità nei loro programmi; i consumatori sono più attenti. È una strada lunga, ma possibile. Si è parlato molto di debito buono; il Pnrr finanzia la transizione ecologica, ma non basta.

Ciò che serve è un piano straordinario di bonifica e rigenerazione generale che, oltre a salvare l’umanità, è un potente fattore di sviluppo economico globale. Le Istituzioni internazionali (Onu, Fmi, Banca mondiale) sono in difficoltà; questa è una occasione per potersi rilegittimare. Ci vogliono visione e risorse. Ci vorranno tempo, gradualità, equilibrio, perché si tratta d’intervenire, trasformare, invertire la rotta, mentre il mondo va avanti. Oggi, invece, la risposta più forte che stiamo dando è, al massimo, una… assicurazione obbligatoria contro le catastrofi.

Pier Paolo Baretta

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