La presidente del Consiglio, con lo stile diretto che la caratterizza, non dà credito ai romanzeschi retroscena sulle trame oscure rilanciate da qualcuno e dichiara, rispondendo al Riformista: “Segnali che non mi interessano. Cose tra loro”. E però aggiunge una frase eloquente: “Detto questo, so quali sono i complotti eventuali e da dove vengono”. Le ombre che ballano intorno a Palazzo Chigi ci sono. Qualcuna di quelle ombre ha anche un nome e un cognome. Forse non tanto minacciosi per la sicurezza nazionale quanto per la stabilità della maggioranza. Identità ben note a chi segue le dinamiche dei servizi. E che però non hanno le fattezze che qualcuno in questi giorni si è premurato di recapitare ad arte sui giornali – incluse testate della grande stampa – ma vanno ricercate nei timori espressi esplicitamente dal ministro Guido Crosetto.

Luigi Bisignani e Marco Mancini, viene confermato dai diretti interessati, si sono visti forse due volte nella vita. Il titolare della Difesa ha rapporti “non particolarmente buoni con l’Aise”, cui ha contestato “in più di un’occasione mancate informazioni che avrebbero potuto anche creare problemi alla sicurezza nazionale”. Le parole di Guido Crosetto, che mostrano una frattura tra due istituzioni chiave del Paese, fanno scattare l’allarme rosso a Palazzo Chigi. Sono numerosi i fatti che di recente – si pensi al caso di Maria Rosaria Boccia che senza colpo ferire si introduce nelle riunioni ministeriali registrando e filmando documenti e conversazioni – inducono a pensare che qualche buco di troppo nella gestione dell’intelligence ci sia stato.

Gli episodi particolari attorno a Meloni

Il caso del finanziere Striano poi sobbolle a fuoco lento su una pentola a pressione destinata, prima o poi, a esplodere. E fatti diversi vanno annotati sul taccuino: nella notte tra il 30 novembre e il 1° dicembre la scorta di Meloni, sotto casa della premier, ferma due uomini che armeggiano attorno all’auto dell’ex compagno Andrea Giambruno. I due uomini fermati in quell’occasione – due agenti dei servizi identificati da un Carabiniere di scorta – sarebbero poi stati allontanati da Roma, assegnati a missioni all’estero. Segnali che la presidente del Consiglio prova a interpretare. Negli ultimi mesi, a margine del taccuino annotiamo anche questo, sono state svaligiate la casa di fronte alla vecchia abitazione di Giorgia Meloni e poi a breve distanza un nuovo furto in quella accanto alla nuova, nel quartiere romano del Torrino.

«Mi fido ciecamente di Alfredo Mantovano e di Elisabetta Belloni», ha detto più volte la premier. Ma questo non esclude che la presidente del Consiglio tema che altre piste, altri soggetti, altri scenari contornino l’azione politica del suo governo. Smontata l’ipotesi Bisignani-Mancini, due nomi tra loro non funzionali e non fungibili, va posta la domanda successiva e conseguenziale: chi ha interesse a corrompere e inquinare il quadro, confondendo la visione della premier e seminando perfino zizzania tra lei e il ministro Crosetto? Chiunque sia, non rende un buon servizio alle istituzioni che è chiamato a difendere. Par di capire che una guerra sotterranea (ma neanche troppo) tra le agenzie Aisi e Aise, l’Arma e la GdF – non certo nella loro organicità ma con alcune figure di vertice – si stia svolgendo in questi ultimi tempi, con intensità crescente. Lo stesso allontanamento di Marco Mancini – prendendo a pretesto Renzi in Autogrill – potrebbe non essere estraneo a questo riassetto interno.

Il rapporto tra Meloni e Crosetto

Dall’ottobre ’22 a oggi, a ogni giro di nomine corrisponde qualche segnale esterno, qualche avvertimento sinistro. Nell’aprile di quest’anno c’è stata la nomina di Bruno Valensise a capo dell’Aisi. Un incarico voluto da Meloni in contrapposizione all’indicazione di Giuseppe Del Deo (già vicedirettore del servizio segreto interno) caldeggiata da Crosetto. Nei giorni successivi il quotidiano Domani rivela dei due agenti “beccati” dal Carabiniere davanti alla macchina di Giambruno, fatto accaduto cinque mesi prima. “So quali sono i complotti eventuali e da dove vengono”: quella frase di Giorgia Meloni avvisa i naviganti. Il rapporto Meloni-Crosetto è ben saldo ma le vulnerabilità di sistema ben visibili. Urge una rimessa in forma degli apparati. Una messa in sicurezza della Sicurezza. Un lavoro di intelligence sull’Intelligence. Disvelata la storiella su Bisignani e Mancini, appare alla luce del sole quella fabbrica delle macchinazioni che nelle fasi cruciali è sempre all’opera.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.