C’è la sentenza di secondo grado sull’omicidio di Mario Bozzoli, l’imprenditore svanito nel nulla l’8 ottobre del 2015 all’interno della sua fonderia di Marcheno, nel Bresciano: il nipote Giacomo è stato infatti condannato all’ergastolo. L’accusa aveva chiesto appunto la massima pena, la difesa l’assoluzione per non aver commesso il fatto.

Il corpo dell’imprenditore non è mai stato trovato perché, secondo il sostituto procuratore, “la fumata anomala dei forni” della fonderia registrato “alle 19.18 di quell’8 ottobre 2015, è il momento della materiale soppressione del cadavere”. Anche oggi, 17 novembre, l’imputato prima della sentenza si è dichiarato innocente. “Io – ha detto Giacomo Bozzoli – non ho fatto nulla”.

La dinamica dell’omicidio

Secondo la ricostruzione degli inquirenti Giacomo avrebbe aggredito lo zio vicino ai forni ma poi avrebbe affidato il “compito” di gettare il corpo nel forno ad un dipendente dell’azienda, Giuseppe Ghirardini. Quest’ultimo svanirà nel nulla a sua volta sei giorni dopo la scomparsa/omicidio di Bozzoli. Il corpo senza vita dell’operaio verrà trovato solo il 18 ottobre 2015 nei boschi di Case di Viso, ucciso da una capsula di cianuro rinvenuta nello stomaco. Nei mesi scorsi l’inchiesta per istigazione al suicidio nei confronti di Giacomo e Alex Bozzoli è stata però definitivamente archiviata.

Una sentenza che ha dunque accolto totalmente la tesi dei pm della Procura locale, che avevano chiesto nei confronti del 35enne unico imputato il massimo della pena. Non accolta dunque la tesi opposta della difesa, che ne chiedeva l’assoluzione.

“Siamo certi che il corpo di Mario sia stato distrutto nel forno della fonderia” avevano spiegato nella lunga requisitoria di due giorni i pubblici ministeri Silvio Bonfigli e Marco Martani, che avevano definito Bozzoli “un violento e un prevaricatore” che “odiava lo zio e voleva ucciderlo, pianificava la sua morte da anni nei minimi dettagli”. Il tutto a causa dei rapporti tesi tra i due per motivi economici.

 

Redazione

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