Omicidio Carmine D’Onofrio, il pestaggio dell’affiliato (“E’ stato lui”) e la sentenza di morte: blitz a Ponticelli, fermato il boss Marco De Micco

In alto da sinistra: Anna De Luca Bossa e i tre fratelli (Salvatore, Luigi e Marco) De Micco. Al centro la vittima Carmine D'Onofrio. Al centro e in basso a sinistra Annunziata D'Amico e un tatuaggio di Michele Minichini in ricordo del fratellastro Antonio ucciso per errore

E’ stato lui a far esplodere la bomba“. E’ bastata la rivelazione di un affiliato, pestato ripetutamente sotto casa del boss Marco De Micco (‘vittima’ nei giorni precedenti dell’affronto), per far scattare la sentenza di morte e pianificare l’omicidio di Carmine D’Onofrio, 23enne incensurato ucciso a colpi di arma da fuoco nella notte tra il 5 e il 6 ottobre 2021 in via Luigi Crisconio, nel quartiere Ponticelli a Napoli, mentre si trovava con la compagna convivente, incinta all’ottavo mese. Nelle scorse ore la Squadra Mobile di Napoli ha eseguito un decreto di fermo, emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli nei confronti di 6 persone nell’ambito delle indagini sull’omicidio di D’Onofrio, figlio illegittimo di Giuseppe De Luca Bossa, 44 anni, elemento apicale del clan in questione, arrestato giusto un anno fa per estorsione, e  fratello del boss Antonio, detto ‘Tonino ‘o sicco’, 50 anni, ex killer dei Sarno e in carcere da circa 15 anni anni.

Oltre al capoclan De Micco, destinatari del decreto di fermo anche Giovanni Palumbo, Ciro Ricci, Ferdinando Viscovo, Salvatore Alfuso e Giuseppe Russo. Non sono però stati individuati gli esecutori materiali. De Micco,  la madre Maddalena Cadavero, Giovanni Palumbo e Ciro Ricci devono inoltre rispondere anche del sequestro di Giovanni Mignano, l’affiliato al clan De Luca Bossa-Minichini-Casella rapito e picchiato affinché rivelasse alla cosca rivale, quella dei De Micco-De Martino (chiamati anche XX) il nome dell’uomo che il 28 settembre scorso aveva piazzato un ordigno davanti casa del boss De Micco, in via Piscettaro, che provò il ferimento di due persone. Si tratta di una donna e del figlio di 14 anni, rimasti lievemente feriti dalle schegge di vetro di una vetrata infranta dall’ordigno.

Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile guidata dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini e, nello specifico, da Andrea Olivadese, a capo della sezione “Criminalità Organizzata”, hanno raccolto, grazie a microspie posizionate nelle pertinenze dell’abitazione del boss Marco De Micco (scarcerato nei mesi scorsi e sottoposto all’obbligo di firma), i gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati. Mignano subito dopo la bomba fatta esplodere nel cortile dell’abitazione del capoclan, è stato bloccato e portato nei giorni successivi in uno scantinato di pertinenza dove, dopo minacce e percosse, avrebbe fatto il nome di Carmine D’Onofrio, incensurato e figlio illegittimo dell’esponente di spicco del clan rivale. D’Onorfrio, che faceva lavori saltuari e aveva la passione per il teatro (ha fatto una comparsa anche nella serie Gomorra), dopo aver scoperto di essere il figlio di Giuseppe De Luca Bossa si sarebbe, secondo gli investigatori, avvicinato alle logiche perverse e criminali della famiglia.

La fase della progettazione dell’omicidio, avvenuta sempre nei pressi dell’abitazione di De Micco, sarebbe durata qualche giorno. Poi in azioni sarebbero entrate almeno quattro persone a bordo di un’auto rubata. Il commando ha atteso che D’Onofrio parcheggiasse la Fiat Panda di colore nero lungo via Crisconio, poi una volta sceso dall’auto, è entrato in azione con il killer che ha esploso ben sette colpi d’arma da fuoco (calibro 45 mm), tutti andati a segno. Soccorso e trasportato al pronto soccorso dell’ospedale Villa Betania, che si trova a poche centinaia di metri da dove è avvenuto l’agguato, D’Onofrio è deceduto poro dopo. Troppe le sette pallottole che lo hanno raggiunto in più parti del corpo, soprattutto al torace e all’addome.

N.B. Nella foto in alto da sinistra: Anna De Luca Bossa e i tre fratelli (Salvatore, Luigi e Marco) De Micco. Al centro la vittima Carmine D’Onofrio. Al centro e in basso a sinistra Annunziata D’Amico e un tatuaggio di Michele Minichini in ricordo del fratellastro Antonio ucciso per errore