Quattro giorni. Tanto è durata la fuga di Dino Petrow, il secondo uomo accusato dell’omicidio di Alexandru Ivan, rintracciato a Treviso dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati e dell’Arma Veneta nascosto in casa di una zia. Al momento non è chiaro se volesse scappare all’estero.

È il secondo fermato nel corso delle indagini del 14enne ucciso con un colpo di pistola al petto nella notte tra venerdì e sabato scorso nel parcheggio della Metro C di Monte Compatri, ed è accusato di concorso in omicidio. Dino, secondo i riscontri investigativi, avrebbe partecipato in prima persona alla lite al bar sulla Casilina.

33 anni, è cugino di Corum Petrow, il primo ad essere raggiunto dalla misura cautelare. Entrambi di etnia Rom, erano nella stessa auto la notte in cui Alex è stato ucciso, da cui presumibilmente sarebbero partiti alcuni spari che hanno poi fatalmente colpito il ragazzo. Il primo, secondo le indagini e le ricostruzioni della serata avrebbe colpito con una testata il patrigno di Alex nel contesto di una lita avvenuta due ore prima in un bar nei pressi del luogo.

“Gli spari non sono partiti dalla nostra auto, lì sono passate tre macchine – ha sostenuto Corum Petrow  davanti al gip di Velletri nell’ambito dell’interrogatorio di convalida in cui  l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere decidendo, però, di fare dichiarazioni spontanee -.  Io mi trovavo nel parcheggio, a brodo di una Lancia Y – ha raccontato Petrov, assistito dall’avvocato Luca Guerra – ma non sono partiti colpi di pistola: i proiettili sono stati esplosi da un’altra autovettura Ford Fiesta grigia e poi è sopraggiunta un’altra auto ancora di colore giallo. Gli spari sono partiti almeno da due pistole”

Redazione

Autore