Un ragazzo di 15 anni, Emanuele Tufano, ucciso all’una di notte in pieno centro a Napoli da una paranza ‘rivale’. Ma “non dimenticate che in questa città c’è una primavera”. Un 20enne, Gennaro Ramondino, ammazzato lo scorso 31 agosto in un sottoscala dello spaccio a Pianura, periferia occidentale, dall’amico 16enne (“Me l’ha detto il boss”), caricato di peso e trascinato nel bagagliaio di un’auto per poi essere gettato in una campagna e bruciato. Ma “non dimenticate che in questa città c’è una primavera”. Un 14enne che sempre durante il periodo estivo spara per uccidere lungo via Foria, non ci riesce, va in vacanza a Ibiza, dove accoltella una persona, torna a Napoli e minaccia la madre che osa appellarsi alla forze dell’ordine per salvarlo. Ma “non dimenticate che in questa città c’è una primavera”. In effetti l’hanno spiegato, a partire dai residenti, anche ai familiari di
Chiara Jaconis, la giovane turista uccisa da un oggetto caduto dall’alto mentre percorreva i Quartieri Spagnoli. La colpa? Scaricata su due bambini.

I giovani ammazzati a Napoli

Si potrebbe continuare a lungo, ricordando solo gli episodi degli ultimi anni: da Francesco Pio Maimone ucciso senza motivo sul lungomare per una lite nata tra gruppi diversi per una scarpa sporca, a Giogiò Cutolo ammazzato da un minore in piazza Municipio, dove ora c’è il Pulcinella provocatorio, per uno sguardo di troppo, ad Arturo Puoti, massacrato di coltellate a 17 anni e sopravvissuto per miracolo. E poi ancora: Gennaro Cesarano, 17 anni, e la stesa in piazza San Vincenzo alla Sanità da parte dei giovani “kamikaze” dei Capitoni (Lo Russo) di Miano, Luigi Galletta, 22 anni, ucciso nell’officina di Forcella perché non forniva informazioni su un parente appartenente alla ‘paranza dei bimbi’ nemica.

Si continua con i bravi guaglioni’ uccisi da esponenti delle forze dell’ordine durante inseguimenti o tentativi di rapina (il 16enne Ugo Russo, il 17enne Luigi Caiafa, il 17enne Davide Bifolco, colpevole di non essersi fermato a un posto di blocco…), e quelli che hanno pagato amicizie e parentele borderline come Tonino Zarra e Andrea Covelli, entrambi 26enni.

Ritornelli istituzionali tra “primavera”, “telecamere” e “patto educativo”

L’elenco, come detto, è lungo, a dimostrazione che gli anni passano, Napoli continua a uccidere innocenti e tutti quei giovani ‘deviati‘, ma i proclami istituzionali restano sempre gli stessi e, francamente, sono diventati un ritornello che non vogliamo più sentire. E non solo il “non dimenticate che in questa città c’è una primavera”, in riferimento al boom turistico che viene quasi utilizzato per nascondere sotto il tappeto tutti i problemi cronici di questa città. Ma anche gli annunci di nuove telecamere (ne dovremmo avere quasi una in ogni casa se sommiamo tutte le roboanti dichiarazioni di sindaci, ministri, prefetti, preti e politici politicanti) o del fantomatico quanto immaginifico patto educativo, una supercazzola che viene propinata da anni a cittadini, associazioni e scuole. Dopo averla sentita per l’ennesima volta ieri in Prefettura, al termine del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, ha stizzito anche i giornalisti presenti. “Ma quando parte?” la domanda rivolta più volte. “Stiamo lavorando, ci sono una serie di incontri con…” la risposta del prefetto Michele di Bari (ci scusi per lo sfogo, non è mirato ma è solo frutto di anni di propaganda per provare a tranquillizzare l’opinione pubblica, stanca di sentire le solite storie).

L’ultima notte di Emanuele, la pioggia di piombo di chi non sa sparare

La verità è che Emanuele Tufano è morto ammazzato, colpito da un proiettile dietro la schiena al termine dell’ennesima notte folle, segnata da scorribande di giovanissimi che amano girare per i vicoli di Napoli armati (ma quanto è facile comprare un coltello e una pistola?). Aveva 15 anni, la mattina andava a scuola, il pomeriggio, all’occorrenza, dava una mano in una officina meccanica vicino alla trattoria dei genitori, la sera usciva con gli amici ‘fidati e non’. La sua ultima sera l’ha passata con un 14enne e un 17enne (parlate, raccontate quello che è successo) prima della pioggia di piombo che, in circostanze ancora poco chiare, li ha travolti. Giovani che non sanno sparare ma scaricano quasi tutto il caricatore e, di conseguenza, prima o poi un proiettile va a segno. Giovani che in testa hanno poco o nulla. Vivono una vita virtuale, sospesa, salvo poi essere abbattuti per pochi spiccioli, per una frase non gradita, per una ragazza ‘rubata’, per questioni di campanilismo (“perché voi del Rione Sanità non dovete venire nella nostra zona” e così via).

I luoghi delle tragedie. “A che ora si sparano?”

Anni fa c’erano i Baretti di Chiaia e piazza Trieste e Trento, a pochi passi dalla Prefettura, dove ogni sera e fino a tarda notte si radunavano decine di ragazzini provenienti dai Quartieri Spagnoli, dal Pallonetto, da Forcella, da Materdei, dal Cavone e dove non sono mancati agguati, stese e risse tanto che una giornalista francese, venuta a Napoli con tanto di libro-bibbia di Saviano, che una sera, alle due di notte, mentre osservava la piazza seduta a un tavolino di un bar mi chiese: “Scusa ma a che ora si sparano?“. Era in città per una settimana e doveva fare il ‘solito’ servizio sulle baby gang. In sintesi voleva vedere solo cose brutte: pistole, sangue, droga, violenza. Perché è questo che arriva all’estero, oltre ovviamente alla “primavera”. Era l’estate del 2019 e ancora si viveva nel mito della paranza dei bimbi di Emanuele Sibillo (2014-2015, tanto durò). Cinque anni dopo cosa è cambiato?

Oggi ci sono piazza Dante e piazza Mercato, dove con gli scooter si fa quel che si vuole, salvo quando ci sono le operazioni ad ‘alto impatto’ (che in questi giorni torneranno, eccome). C’è il lungomare degli Chalet di Mergellina dove, soprattutto nel weekend, tra auto in terza fila e scooter che procedono a mo’ di processione, si impiegano minuti per percorrere pochi metri e le tensioni sono sempre dietro l’angolo. D’estate c’è Coroglio e la movida di Bagnoli dove anni fa un baby-killer della famiglia Elia (Pallonetto a Santa Lucia) raccolse l’sos di un amico, prese un taxi armato di pistola, arrivò nella zona delle discoteche e uccise un ragazzo di Secondigliano per futili motivi.

Siamo stanchi dei soliti copioni. Stanchi di dover raccontare quasi ogni mese storie di ordinaria follia giovanile mentre intorno si fa poco o nulla per prevenire ed educare (non fa testo l’attuale governo che con il decreto Caivano ha deciso di arrestare quasi a prescindere giovani e meno giovani). La sceneggiatura resta la stessa da anni tra passerelle, fiaccolate, riqualificazioni (a parole), attacchi a serie tv e cantanti colpevoli di lanciare messaggi sbagliati, operazioni ad alto impatto per mostrare i muscoli, poi dopo poche settimane si ritorna all’anonimato di sempre in attesa della nuova tragedia “che poteva essere evitata”. Meglio pensare alla primavera.

 

Avatar photo

Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.