Danish Hasnain ci tiene a ribadirlo, lui con l’omicidio della nipote Saman Abbas non ha nulla a che vedere. Lo zio della 18enne morta a Novellara (in provincia di Reggio Emilia) tra il 30 aprile e il primo maggio 2021, il cui cadavere è stato poi indicato agli inquirenti dallo stesso Hasnain il 18 novembre 2022, mostrando dove scavare per trovarne il corpo senza vita, ha sostenuto ancora una volta la sua versione dei fatti nel processo iniziato lo scorso 10 marzo a Reggio Emilia, dove è imputato per il delitto assieme ai due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq e ai genitori di Saman, il padre Shabbar Abbas (arrestato lo scorso 12 novembre in Pakistan, dove si è in attesa dell’udienza che decida sull’estradizione in Italia) e la madre Nazia Shaheen, ancora latitante in patria.

L’uomo ha fatto mettere a verbale di aver solo accompagnato i due cugini a seppellirla nel casolare abbandonato a soli 500 metri dall’abitazione della famiglia Abbas. Ma non solo: interrogato su sua richiesta il 10 marzo dai pm e dai carabinieri di Reggio Emilia, Danish Hasnain ha anche sostenuto che i parenti volevano uccidere anche lui.

Io penso che mi abbiano chiamato perché volevano uccidermi per il mio buon rapporto con Saman, io ero d’accordo sulla sua relazione con Saqib. Poi non so perché non mi hanno ucciso“, ha detto il 32enne agli inquirenti, come riferisce oggi l’Ansa.

Difeso dall’avvocato Liborio Cataliotti, nel corso dell’interrogatorio ha anche aggiunto ulteriori informazioni rispetto a quanto già rivelato lo scorso 18 novembre, prima del sopralluogo in cui venne scoperto il corpo sepolto della 18enne Saman.

I due cugini lo svegliarono “e mi hanno detto che c’era stato un litigio e che ci era scappato il morto“. Arrivati davanti a casa, “ho visto Saman morta, sdraiata con il collo strano, stretto. Io ho cominciato ad urlare forte, a maledire tutti, a piangere e ho perso i sensi. Quando mi sono risvegliato i due mi hanno sorretto e mi hanno dato dell’acqua“. Secondo Danish, che per l’accusa è l’esecutore materiale dell’omicidio, “i due l’hanno presa, uno dalle gambe e uno dalle braccia“. Poi “hanno appoggiato il corpo davanti al casolare, dove vi avevo già fatto vedere e sono andati a prendere le pale lì vicino alle serre. Mi hanno chiesto una mano ma non me la sentivo, ho spostato a mani nude solo la terra a lato della buca. Poi sono tornato da Saman e ho continuato a piangere e parlarle“. Danish ha ribadito anche che i cugini gli avevano detto che era stata la madre a uccidere la ragazza.

Al processo sono stati ammessi come parti civili il fratello di Saman Abbas, il comune di Novellara, l’Unione dei comuni della Bassa Reggiana, l’associazione Penelope per l’Emilia-Romagna (associazione nazionale delle famiglie e degli amici delle persone scomparse), l’Unione delle comunità islamiche in Italia e il fidanzato di Saman Abbas, Saqib Ayub – che sarebbe stato avversato dalla famiglia della 18enne per la relazione con la ragazza.

Redazione

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