Una organizzazione “sovversiva, neonazista e suprematista” diffusa su tutto il territorio nazionale. Così la procura di Napoli definisce il gruppo di cui facevano parte i 26 indagati sottoposti a perquisizione questa mattina tra le province di Napoli, Caserta, Avellino, Siena, Roma, Torino, Ragusa, Lecce e Ferrara.

Ventisei persone che, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti grazie all’attività di indagine della Digos di Napoli e del personale della Direzione centrale della Polizia di prevenzione Ucigos (Servizio per il contrasto dell’estremismo e del terrorismo interno), da tempo promuovevano campagne di apologia del fascismo, negazionismo della Shoah, incitazione all’odio razziale e all’antisemitismo e una “costante attività di addestramento paramilitare”.

L’ORDINE DI HAGAL – I 15 indagati (tutti i destinatari delle perquisizioni sono iscritti nel registro degli indagati) erano organizzati all’ombra dell’Ordine di Hagal, così era infatti chiamata l’associazione suprematista messa nel mirino dalla Digos di Napoli. Un gruppo caratterizzato, scrive il procuratore della Repubblica di Napoli Giovanni Melillo, da una “rigida compartimentazione informativa in base al livello gerarchico raggiunto e volta a realizzare un avanzato addestramento militare dei suoi adepti, alcuni dei quali risultano aver frequentato, anche all’estero, corsi per l’utilizzo di armi da sparo corte e lunghe e per l’addestramento in tecniche di combattimento corpo a corpo”.

Le persone ritenute dagli inquirenti a capo del gruppo sono Maurizio Ammendola e Michele Rinaldi, rispettivamente di 40 e 46 anni, presidente e vice presidente dell’Ordine di Hagal ai quali viene contestato anche il possesso di armi, scrive l’Agi.

Sul sito dell’Ordine di Hagal, ancora online, si sostiene che il vaccino anticovid “non è un vaccino ma una terapia genica sperimentale che modifica il dna in maniera irreversibile e perpetua”, cavalcando le teorie no Vax per attirare nuovi seguaci.

I RAPPORTI CON I NEONAZISTI UCRAINI – Nell’inchiesta la procura partenopea fa riferimento anche agli “stretti contatti e frequenti rapporti” che l’associazione neonazista aveva con ‘colleghi’ all’estero, in particolare formazioni ultranazionaliste ucraine apertamente neonaziste.

Tra le sigle citate ci sono il cosiddetto “Battaglione Azov“, la “Misantrophic Division“, il “Pravi Sector” e “Centuria“. Contatti che avevano anche in vista di “reclutamenti nelle fila di tali gruppi militari combattenti”.

ADDESTRAMENTO MILITARE E AZIONI VIOLENTE – Nel corso delle indagini e delle perquisizioni, alcuni di queste effettuate già lo scorso maggio, gli agenti della Digos e della Direzione centrale della polizia di prevenzione Ucigos hanno trovato nella disponibilità degli indagati munizioni, armi da ‘soft air’ e persino un lancia-granate, oltre ad abbigliamento tattico e numerosi dispositivi tecnologici sui quali saranno svolti accertamenti tecnici.

Le attività di addestramento paramilitare erano svolte in particolare in alcuni campi del Napoletano e del Casertano. Il gruppo teneva lezioni in presenza e via social per estendere la loro rete di proseliti: un “insegnamento” dalla forte matrice suprematista e negazionista della Shoah con simbologia e riti hitleriani.

Non solo. Nel corso delle indagini sono state anche intercettate comunicazioni tra gli ‘adepti’ dell’associazione neonazista in cui parlava della disponibilità di armi e la programmazione di “eclatanti azioni violente”.

LE CHAT PER I NEGAZIONISTI DELLA SHOAH – Gli indagati erano anche impegnati nella promozione di campagne di apologia del fascismo, negazionismo della Shoah, incitazione all’odio razziale e all’antisemitismo, il tutto attraverso chat e canali di Telegram e WhatsApp.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia