Giorni fa, durante un incontro pubblico su Oriana Fallaci, una signora mi ha chiesto: “Se Oriana fosse ancora viva, contro cosa o chi si batterebbe?”
Un attimo di riflessione poi ho risposto a colpo sicuro: contro l’intelligenza artificiale.
Il passaggio dalla preistoria alla storia dell’umanità avviene nel momento in cui, ben prima della scoperta della ruota e dell’agricoltura, donne e uomini si raccolgono attorno al fuoco nella complicità del racconto. Ha scritto il cinese Byung-Chul Han: ‘Fino a quando i racconti sono stati il nostro ancoraggio all’essere, ci hanno assegnato un luogo e grazie a essi il nostro-essere-nel mondo è stato un essere-a-casa, un sostegno e un orientamento alla vita…’.

È senza dubbio così. Fondamentale il contatto fisico, l’esperienza diretta, il guardarsi negli occhi, condividere passioni e sentimenti senza filtri. Pelle con pelle.
Ma le cose cambiano e non sempre il cambiamento produce miglioramenti. Se l’incantesimo della narrazione viene sostituito da un racconto che risponde a regole predeterminate, se la magia del contatto viene rimpiazzata dall’aridità di un video, se la storia narrata si inflaziona in storytelling a uso e consumo del mercato virtuale, viene meno la capacità di relazionarsi, prevale la comunicazione acritica. Non si partecipa, si fa mostra di sé oppure si cede alla passività.

L’intelligenza artificiale aggiungerà olio a questo meccanismo già ben rodato. Il rischio che Oriana avrebbe visto e combattuto? La sostituzione nel tempo della passione per la ricerca, dell’immergersi in sentimenti profondi affondando le mani nel desiderio per poter scrivere con ‘coscienza e consapevolezza’, la loro sostituzione con un tasto di ricerca che ti solleva dal sentire gioia e dolore nel racconto di una storia di vita. Una lingua arida, pura informazione, magari ben formulata, sinonimi e contrari al loro posto, nessun errore grammaticale. Cervello in pappa. Ma le emozioni si conficcano nel cuore e nella memoria e riempire di quelle emozioni una pagina bianca non è operazione che si possa affidare a un processo di digitalizzazione. Scrivere significa leggere, pensare, riflettere, non delegare a nessuno, cosa o persona, la tua intimità perché altri diversi da te possano rappresentarla. Figurarsi a una macchina!
Oriana, che amava dire: “Scrivere è più faticoso che lavorare in miniera”, contro l’intelligenza artificiale utilizzata per descrivere chi siamo, per raccontare chi siamo, si sarebbe inventata una nuova crociata.
Chissà se sarebbe rimasta da sola.