Anche Orizzonti Liberali, l’associazione politica che raccoglie i nuovi centristi intorno a un progetto di rilancio e che guarda al nuovo soggetto politico riformista, analizza gli scenari internazionali alla luce del terremoto-Trump. Con noi parla la responsabile Esteri di OL, Alessandra Franzi.

La vittoria di Trump indica che anche in America il vecchio sistema bipolare è finito, i dem non avanzano, i repubblicani abdicano in favore di un outsider?
«La rielezione di Trump dimostra che destra- sinistra non sono in grado di arginare il populismo ma invece si fanno snaturare da esso. Trump è un leader autoritario dalle politiche forti che incarna anche un grande conflitto di interessi di commistione tra pubblico e privato. Esempio di oggi è la scelta di Musk a capo del dipartimento di efficienza energetica. Nonostante questo gli americani lo hanno scelto e ora dobbiamo prenderne atto e adeguarci».

In Europa lo schema si ripete: le vecchie sinistre sono in affanno, i sovranisti mostrano i loro limiti sistemici. Serve una terza via, servono liberaldemocratici capaci di leggere la politica che cambia?
«Occorre uno spazio politico nuovo, che rifiuti alla radice ogni populismo e ogni conservatorismo e parli al cuore delle persone, riuscendo a offrire una prospettiva politica fatta di opportunità e di auto realizzazione dell’individuo. Politica e’ soprattutto aiutare le persone a navigare il cambiamento, non osteggiandolo, ma soprattutto cogliendone le opportunità e mi riferisco a rivoluzioni universali come AI, riorganizzazione energetica, la conquista scientifica e la loro applicazione nel settore economico e di sviluppo, educativo e scolastico, di difesa, dei diritti e sociale».
La Francia e la Germania affrontano crisi diverse a discapito delle due rispettive coalizioni. Il macronismo è finito, l’asse giallo-rosso-verde non è mai nato…
«Nel caso della Germania, la crisi dimostra come i liberali in un governo a trazione di sinistra hanno difficoltà a rimanere insieme. E pilastri su cui si basava l’economia tedesca come gas russo a buon mercato e sulla spinta delle esportazioni verso la Cina sono condizioni venute largamente meno. Non è un caso che nel giorno della vittoria di Trump il governo tedesco sia di fatto caduto. Già tante volte si è dato per morto Macron. Ma non solo e’ stato eletto per due volte presidente, il suo partito quattro mesi fa ha preso più del 20%, e guida il governo. Le confesso che anche a noi piacerebbe essere morti come così tanto spesso si dipinge Macron».

In Uk la nuova leader dei Tories Kemi Badenoch renderà la vita difficile a Starmer. A voi piace? La convince di più lei o lui?
«Assolutamente sì. Donna brillante e determinata, energetica e’ stata una scelta coraggiosa per i conservatori infatti tra i Tories già si chiedono se durerà fino alle prossime elezioni. Per ora molto abilmente usa a proprio vantaggio il suo background culturale e universo valoriale per insediarsi in quelle crepe che già sta mostrando il governo Starmer, nonostante la vittoria schiacciante di luglio. Nella politica internazionale la differenza tra i due che veramente conta è il loro approccio verso Trump: sostenuto da Badenoch, più scettico Starmer che vuole vederne prima le concrete azioni politiche. Vero è che, ad un certo punto, il Regno Unito dovrà fare una scelta titanica se favorire politiche commerciali con gli Stati Uniti, alleato speciale, o con l’Unione Europea che ha abbandonato».

Certamente il disimpegno militare annunciato da Trump mette l’Europa con le spalle al muro, occorre investire in una politica comune di difesa?
«L’ascesa di Trump dimostra l’urgente necessità della nascita di una Unione Europa compatta, organizzata e forte. Un minore impegno e risorse degli USA in Ucraina significa maggiore sforzo economico e di difesa europeo a tutela di tutte le democrazie occidentali. Credo che lo shock della sua elezione possa essere in realtà una opportunità per noi perché spinta propulsiva per l’Europa a compiere necessariamente scelte coraggiose».

Come valuta la nuova agenda europea di Draghi? L’ex premier ha tra l’altro detto che prima ancora dell’eurodifesa serve una politica estera comune.
«Innovazione, competitività, investimenti sono parole chiave nel contesto attuale in cui si muove l’Europa nel mondo. La presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra USA ed europa. Sono d’accordo con Draghi quando afferma che i rapporti non necessariamente volgeranno in senso negativo . In America Trump tanto impulso darà nei settori innovativi, tanto proteggerà le industrie tradizionali che sono proprio le industrie dove noi europei, ed italiani in testa, esportiamo di più negli Usa e quindi dovremo negoziare con I’ alleato americano con uno spirito europeo unitario in maniera tale da proteggere anche i nostri produttori europei».

Orizzonti Liberali confluirà nel partito liberaldemocratico che nascerà a fine novembre. Quale sarà la collocazione europea della formazione nascente?
«Il riferimento è il Partito ell’alleanza dei liberali e dei democratici per l’Europa ora Renew Europe. Siamo europeisti. Crediamo nella libertà, nei diritti civili e giustizia sociale insieme alla crescita economica all’interno di un mercato competitivo nazionale e globale».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.