Era la notte del 13 marzo quando Ornella Pinto, napoletana, insegnante di sostegno di 39 anni, fu brutalmente uccisa dal suo ex compagno. Ventitrè coltellate ridussero in fin di vita la donna mentre nella stanza accanto c’era il piccolo D., 3 anni, figlio di Ornella e Pino, l’uomo che afferrò il coltello per colpirla. “Daniele quella notte ha perso la mamma e il papà – dice il nonno, Giuseppe Pinto, mia figlia Stefania ha avuto l’affidamento ma a Daniele ci dobbiamo pensare noi. E quando noi non ci saremo più, lui cosa farà? Io ho perso una figlia, lui la mamma, è un dramma. Dove sta lo Stato?”.

A un anno di distanza la famiglia Pinto ha ricordato la loro Ornella nella sede della Uil Campania. Un momento per ricordare la gentilezza e la bontà d’animo di Ornella, sempre in prima linea per la difesa dei diritti. E per portare avanti la battaglia della famiglia che chiede maggiori tutele per le donne e per le famiglie delle vittime di femminicidio. Stefania Pinto, 48 anni, ricorda quella drammatica notte in cui la sorella fu brutalmente uccisa. Fu lei a trovare il corpo della sorella riverso a terra in una pozza di sangue nel suo appartamento vicino piazza Carlo III a Napoli. “Ornella mi telefonò nel cuore della notte – racconta – sentivo le sue urla. Mi precipitai a casa loro che è vicino casa mia. C’era un silenzio surreale. Vidi D. nascosto sotto le coperte nella stanza accanto. Mi disse: ‘Zia, papà ha ucciso mamma’. Mi raggelò. Non pianse mai quella sera ma aveva gli occhi sbarrati. Non sappiamo ancora cosa ha visto o sentito quella sera. Ma sicuramente le urla della mamma”.

Il dramma della violenza sulle donne si ripercuote su tutta la famiglia e soprattutto sui più piccoli. D. in pochi istanti si è trovato drammaticamente senza mamma e papà a soli 3 anni. Stefania ne ha avuto l’affido. A fine marzo compirà 4 anni, è così piccolo ma ha già dovuto capire tante cose da grandi. Per la zia non è stato semplice spiegare al piccolo cosa fosse successo. “In un primo momento dissi a mio nipote che la mamma era caduta dal letto e che stava in ospedale – continua il racconto Stefania – Non sei mai preparato in questi casi, non sai cosa è meglio dire. Poi una psicologa che contattai subito perché non sapevo cosa rispondergli mi disse che dovevo dirgli la verità. Il bambino quella tremenda verità la sapeva già e questo ricordo non doveva essere tarpato perché poi sarebbe uscito fuori prima o poi sarebbe venuto fuori nel peggiore dei modi se io non lo avessi preparato subito”.

Gli hanno dovuto raccontare la verità. “Ai bambini va detta sempre la verità perché prima o poi questa verità lui la dovrà affrontare ed è importante che sia preparato a quel momento – continua Stefania – Almeno lui ora riesce a parlarne con serenità, non è un tabù. Non è semplice spiegargli tutto come non lo è non fargli portare rancore nei confronti del padre. Io non posso trasmettergli la mia rabbia che ho nei suoi confronti. Ma io non posso fargli questo e devo mostrarmi anche sciolta nel raccontargli tutto questo”.

Stefania racconta che all’inizio il nipote voleva tornare a casa sua. “Zia, perché mamma non c’è più?’ Mi continua a chiedere. È normale, un bambino a 3 anni cerca la mamma”. Così zia Stefania gli ha spiegato che la mamma è sempre con lui anche se è in cielo sotto forma di una stella o vola accanto a lui come una farfalla. “Glielo dissi una volta che era un po’ giù – continua Stefania – gli dissi che la sua mamma era quella farfalla venuta per rincuorarlo”.

Valeria Pessetti, avvocato civilista che si è occupata del procedimento relativo alla decadenza della potestà genitoriale di Iacomino e della nomina come tutrice di Stefania Pinto. “Daniele è a tutt’oggi affidato alle cure della zia Stefania anche dal punto di vista legale – spiega –  Il procedimento è stato chiuso in maniera velocissima, in appena un anno”.

In un anno le sorelle Pinto hanno presenziato già a 10 udienze. “Qualsiasi sarà la condanna l’ergastolo lo abbiamo già avuto noi – dice Valeria Pinto, la penultima delle sorelle – Come fai a rassegnarti? Per noi è fine pena mai. Più passa il tempo e più fa male. Siamo una famiglia normale, che abbiamo fatto di male? Perché tutta questa cattiveria? Gli vorrei tanto chiedere, perché ci hai fatto questo, tu che dicevi che noi eravamo la tua famiglia”.

Valeria soffre tantissimo la mancanza della sorella che era la sua compagna di giochi avendo solo 5 anni in più. “Per me quello di Pino è stato un doppio tradimento – continua il racconto Valeria –  Noi gli abbiamo accolto come uno di famiglia. La mattina stessa mio padre lo aveva tranquillizzato. Poi 12 ore dopo lui ha colpito mia sorella. Hanno detto che era un raptus ma lui ha continuato, non si è fermato. Poi è scappato”.

Valeria e Stefania affrontano insieme il calvario in tribunale. Per loro ogni udienza è una sofferenza enorme da sopportare. “Sono addolorata ma allo stesso tempo mi sento fortunata nell’avere accanto in questo momento una sorella come Stefania, lei è la mia roccia, un esempio – dice Valeria – Non so se avessi vissuto quello che ha vissuto lei quella notte come starei ora. Io l’ammiro tantissimo. Avevo due sorelle stupende, ora me n’è rimasta una sola e cerco di supportarla per come posso ma lei è più forte di me”.

Il papà di Ornella, Giuseppe Pinto, da quell’infernale 13 marzo 2021 non si dà pace. E per Ornella porta strenuamente avanti al sua battaglia affinchè sul femminicidio le cose cambino. “La donna va tutelata dall’uomo che ha accanto, non mi stancherò mai di ripeterlo – dice con la rabbia che non lo ha mai abbandonato in questo anno –  Quando questo non avviene deve intervenire lo Stato”. Per Giuseppe Pinto le leggi vigenti sulla materia sono obsolete e bisogna riscriverle. Vorrebbe andare lui stesso a raccontare il dramma della violenza sulle donne e di come questo possa ricadere anche sulle famiglie lasciate troppo sole nell’affrontare simili tragedie.

“Noi stiamo vivendo un dramma come quello che sta vivendo la famiglia Alfieri, come la famiglia Borsa – continua papà Pinto – Vorrei essere ascoltato dalla commissione del Senato, vorrei andare in audizione al Senato e anche alla Camera, vorrei raccontare il mio dramma alle commissioni che si occupano di femminicidio. Abbiamo leggi obsolete rispetto a questa strage a cui stiamo assistendo ogni anno, che vanno cambiate per tutelare maggiormente le donne. Ci vogliono leggi incisive per scoraggiare chi ha in mente di fare una cosa del genere e maggiori supporti alle famiglie delle vittime”.

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Giornalista professionista e videomaker, ha iniziato nel 2006 a scrivere su varie testate nazionali e locali occupandosi di cronaca, cultura e tecnologia. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Orgogliosamente napoletana, si occupa per lo più video e videoreportage. È autrice anche di documentari tra cui “Lo Sfizzicariello – storie di riscatto dal disagio mentale”, menzione speciale al Napoli Film Festival.